Il debutto di Andrea Bottalico / Il fuoco a mare

29 Maggio 2016

Negli anni Cinquanta, quando ancora era forte l'urgenza di dire, di testimoniare il presente e il passato prossimo, ci fu una collana editoriale, "I Gettoni" di Einaudi, che assolse più di tutti questo compito. Elio Vittorini battezzò grandi scrittori che poi fecero carriere anche molte diverse come Lucentini, Fenoglio, Lalla Romano, Anna Maria Ortese, Testori, Ottieri e altri nomi, alcuni dei quali oggi sepolti nell'oblio.

Mi sono venuti in mente "I Gettoni" leggendo Il fuoco a mare (Monitor, p.216 15 euro), debutto di Andrea Bottalico, un Gettone dei nostri tempi, volume passato tra le mani di editori importanti e poi tornato al punto di partenza: la redazione di Napoli Monitor in uno scantinato dei Quartieri spagnoli.

 

Pur essendo meritevolissima, l'attività di Napoli Monitor (qui abbiamo segnalato il volume collettivo, Lo stato della città), il libro avrebbe meritato una sorte diversa, perché è bello e importante.

Racconta di Castellammare di Stabia, ultima città del Golfo di Napoli prima della Costiera Amalfitana. "La grande metropoli a stento s'intravedeva, la sua eco chiassosa non arrivava fin qui. Napoli era finita da una trentina di chilometri, ma era come se non fosse mai cominciata. Appena dopo, passate alcune spiagge, l'atmosfera cambiava all'improvviso: ti ritrovavi a Vico Equense e il discorso era chiuso".

Castellammare, oltre alle rovine romane, al Castello, alle ville legate a un turismo termale che ha lasciato qualche bell'esempio di architettura balneare, è soprattutto il Cantiere (Bottalico lo scrive sempre con la maiuscola). Fondato nel 1783 è il nostro più antico cantiere navale, la più antica industria d'Italia. Il suono delle sirene ha scandito le giornate di Castellammare, la vita del cantiere, i suoi umori profondi.

Andrea Bottalico ha raccolto la sfida di raccontare il suo declino, ma prima ancora la sua storia, il suo funzionamento e il suo rapporto con la città. È un racconto che richiede una lingua pulita, precisa (viene in mente, toutes proportions gardées, l'Ottieri di Donnarumma all'assalto che narra un fiducioso e, al tempo stesso, problematico atto di nascita industriale dall'altra parte del Golfo), che deve addentrarsi nei dettagli tecnici, nel gergo del cantiere. C'è anche un utilizzo molto sorvegliato del dialetto, che ha naturalmente finalità espressive (le rammère a indicare le lamiere e i profilati, i materiali che stanno alla base della costruzione di un'imbarcazione).

 

Bottalico ha un suo Virgilio, Totore, che lo introduce nell'ambiente e gli fa conoscere le persone che vivono o hanno vissuto il cantiere. È uno sguardo corale, ma sono i dettagli che l'autore raccoglie nei suoi incontri a rendere vivi i singoli ritratti di una delle ultime aristocrazie operaie. Lo sguardo si allarga anche ai superiori, ai dirigenti di Fincantieri, una controparte spesso sfuggente, o ai sindacalisti che rappresentano, con sempre meno nerbo, la solidarietà di un gruppo che vive insieme anche fuori dal cantiere: le mangiate, il tifo per la Juve Stabia, quel che resta dell'impegno politico, che in alcune epoche (il dopoguerra, gli anni Settanta) fu intensissimo.

Naturale per Bottalico proseguire la sua indagine, il suo reportage – con la tecnica della testimonianza che si inserisce nella narrazione – anche al resto della città (che oggi conta 65.000 abitanti). Diversa per storia dalle altre città del circondario napoletano, con una sua tradizione politica a sinistra, divenne la base elettorale della famiglia Gava, prima Silvio, poi Antonio che fu anche ministro degli Interni (se ben ricordo, la battuta che girava all'epoca fu: "hanno fatto sceriffo il capo dei banditi").

 

Gli anni di Gava furono quelli in cui il voto di scambio divenne lo strumento attraverso il quale la camorra cominciò a controllare territori e attività sempre più consistenti. Bottalico ricostruisce la storia di Michele D'Alessandro, la sua ascesa a capoclan e la scia di morti che costellò la sua attività.

Nel finale del libro l'autore compie un viaggio a Trieste per parlare con chi si occupa del futuro della cantieristica, del settore navale più in generale. Difficile capire se ci sarà un futuro per il cantiere di Castellammare e per le sue tradizioni.

È nell'epilogo il cuore del libro, quando Andrea Bottalico, oggi ricercatore universitario, mette a confronto il suo impegno di oggi con quello del padre, che a 14 anni entrò in fabbrica.

 

Cercate Il fuoco a mare: è uno dei libri necessari di questa stagione.

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