Conseguenze di Barilla

9 Ottobre 2013

Nelle contestate dichiarazioni di Guido Barilla c'è una frase importante, ricca di conseguenze. Questa: "un commercial con omosessuali non lo farei mai perché non la penso come loro".

 

L'imprenditore ha cioè dichiarato con nettezza che il linguaggio pubblicitario della sua azienda rispecchia non soltanto le strategie del marchio ma anche - e con precisione - le sue personali opinioni. Nella stessa intervista afferma infatti "noi abbiamo una cultura differente", e si può leggere in quel noi qualcosa di privato, comunitario, non meramente aziendale. La mia famiglia, il mio ambiente.

 

 

Possiamo vederlo come un fatto nuovo. Comunemente, infatti, quello pubblicitario è considerato un linguaggio tecnico, la risultanza di inesorabili ricerche di mercato. Persino la natura della creatività pubblicitaria appare ambigua, quasi disumana, perché parlata dalla macchina produttiva e non da persone in carne e ossa.

 

La dichiarazione di Barilla dimostra altro. Altro che persuasioni occulte! Questo linguaggio si compone con scelte personali, ed esprime innanzitutto la sensibilità dei suoi autori. Prima conseguenza, dunque: la pubblicità è un linguaggio espressivo. Lo è comunque. Nel bene, nel male.

 

Dove nasce per esempio nei manager italiani l'idea di associare senza motivo una modella svestita a qualunque prodotto? Non è certo un test di mercato a suggerirlo. E' semmai il loro immaginario in questi anni a essersi popolato di escort, facendone un personaggio cruciale, creando quella figura di donna consenziente e decorativa. Ogni fantasia produce con quel che ha.

 

 

Allo stesso modo, le campagne di Adriano Olivetti testimoniavano in lui una totale assenza di volgarità, e la sua visione sociale del bello, mentre "1984" di Apple, con quel martello scagliato contro lo schermo unico, raccontava l'ambizione foolish di Steve Jobs. A persone corrisponde comunicazione.

 

 

Ed ecco una seconda conseguenza: se c'è un autore che si esprime, costui ha anche una responsabilità personale. Avrà colpe o meriti ma non potrà farsi scudo degli italiani descrivendoli come i reali mandanti della brutta pubblicità. Non è più una lingua parlata da un apparato scientifico. E' lui a firmarla e a deciderne liberamente i contenuti.

 

 

A questa intervista di Guido Barilla dobbiamo insomma il barlume di un diverso rapporto tra gli italiani e la pubblicità. Più diretto e frontale. Quelle gaffes grossolane per un attimo hanno messo un autore di linguaggio pubblicitario di fronte alla sua platea. Finalmente l'uno ha visto l'altro. Forse comincia un mondo nuovo.

 

 

Non a caso poco dopo sono arrivate le scuse. Non sono ipocrite. E' l'effetto del sipario strappato, di un contatto avvenuto. "Nelle prossime settimane mi impegno a incontrare gli esponenti delle associazioni che meglio rappresentano l'evoluzione della famiglia. Tra i quali coloro che ho offeso con le mie parole". La più inattesa delle conseguenze.

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