L’ultimo libro di Culicchia, Mi sono perso in un luogo comune / Metamorfosi del cretino

8 Aprile 2016

Meglio tanti cretini oggi che uno solo domani! Sembra la storpiatura di uno slogan del centrosinistra e invece si tratta di un luogo comune “latente”, uno dei più ostinati. Per luogo comune latente, o fantasma, intendo quelle consuetudini di pensiero che ben filtrate nelle fenditure degli usi e costumi sono i più difficili da rilevare, da smascherare e, qualora vi sia l'intenzione, da estirpare. E riescono a mimetizzarsi così bene nell'abisso dei cliché per un preciso motivo: sono sconvenienti, ovvero fanno parte di quel variopinto sottosuolo di uscite che in pubblico rischiano di provocare silenziosi imbarazzi o stellari calci sotto il tavolo. E affermare che la stupidità diffusa sia preferibile a quella rarefatta è qualcosa che la socialità, più o meno mondana, preferisce non sentirsi dire.

 

 

E sta proprio qui uno dei pregi dell'ultimo libro di Giuseppe Culicchia, Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità (Einaudi, 2016, pp. 231, € 14,50): ce lo dice in faccia, senza veli, che la stupidità non solo è diffusa ma radicata nei nostri pensieri, nelle parole e nei fatti di tutti i giorni. Si tratta di un dizionario à la Flaubert in cui la cretineria sociale viene mappata e dissezionata: l'autore ce la smaschera con levità e ce la apparecchia equamente distribuita su tutto l'atlante intellettuale e pragmatico del quotidiano. Chi alla A, chi a metà alfabeto, chi alla Z, come chiamati all'appello, prima o poi rispondiamo tutti. Non c'è scampo. E imprechiamo sentendoci scoperti. Eppure sta proprio lì l'engagement del libro: scovarci singolarmente facendoci però sentire parte di una società, trasformando la sterile ironia in autoironica presa di coscienza. Si tratta di un gioco raffinato al cui fascino è difficile sottrarsi.

 

La scrittura, Beppe Giacobbe. 

 

E a dire la verità non si tratta solo di un gioco, ma di un carattere fondante del sistema collettivo. Lo stereotipo accomuna, semplifica, stringe. Crea consenso e fiducia nell'altro. Si potrebbe dire che sia un elemento istintivo dell'essere umano. Stare insieme significa accordare all'altro fiducia e forse talvolta parlare per cliché aiuta a sottoscrivere tacitamente un accordo di reciproco affidamento. Sarà per questo che nei luoghi in cui gli sconosciuti si trovano costretti in uno spazio limitato si cede facilmente a discorrere del tempo che fa. Mostrandosi banali si dichiara all'altro la propria innocuità e disinnesca la sensazione minacciosa del sentirsi troppo vicini. Così facendo si trasforma l'imbarazzo irrequieto in pacata remissività. Francis Bacon già nel Seicento teorizzava l'esistenza di diversi tipi di stereotipi (idola, da eidolon) che si sovrappongono alla realtà e che impediscono di vedere e conoscere oggettivamente.

 

Critici, Beppe Giacobbe. 

 

 

Secondo Bacon “l'intelletto umano non è un lume secco, ma riceve alimento dalla volontà e dagli affetti e ciò dà luogo a ciò che si potrebbe chiamare «le scienze come uno le desidera»”. Come lenti colorate gli idola deformano, il pensiero e la parola si confondono e si influenzano reciprocamente attraverso il sistema linguistico, in un circolo di distorsione continua. Eppure la socialità si basa anche su questa menzogna, il bisogno di sentirsi uniformati nel luogo in cui “il nero è più nero”, come scrive Elias Canetti, in quel corpo unico della massa dove “d'improvviso, tutto nereggia di gente”, dove i timori insieme alle differenze svaniscono e gli animi si acquietano.

Così il libro di Culicchia ci rivela le ramificazioni linguistiche e mentali del nostro fluido sociale. Un plauso particolare va alla scelta della copertina a firma di Beppe Giacobbe, autore egli stesso di un'opera in ordine alfabetico (Visionary Dictionary: Beppe Giacobbe from A to Z, Lazy Dog, 2013), con quel porco immenso e rosso che sta per schiantarsi su un ometto vestito di impiegatizia banalità. Il porco è il luogo comune che ci sovrasta e ci fa ombra, e il libro di Culicchia è lo slancio, è il balzo che ci aiuta ad uscire dallo spettro dei cliché.

 

07, Beppe Giacobbe.

  

E grazie anche alla struttura a rimandi all'interno del testo che ci permette di girovagare per il libro avanti e indietro. Tant'è che è difficile averne una lettura lineare, è come se si sfogliasse in autogestione fra le dita, la lettura si squinterna in una anarchia alfabetica. I percorsi possibili si fanno pressoché infiniti, dettati anche dal caso che fa scivolare lo sguardo da una pagina all'altra. Il gioco intellettuale alla base ha un grande mentore, il Flaubert del Dizionario delle idee correnti, ma la mediocrità collettiva che viene ritratta dall'autore francese è per noi in gran parte sfumata, sostituita dalle vischiose stratificazioni della cultura di massa. Culicchia ce la offre ridisegnata e dispiegata sulla nostra enciclopedia sociale.


ITALIA Il Bel Paese. Vi sono accampati gli Italiani. Massimo produttore mondiale di eccellenze italiane. Vedi ECCELLENZA

SUV Accertarsi di possedere sempre l'ultimo modello. Esibirlo in pubblico con l'aria di volerlo fare. Inquinano più delle normali automobili. Sono molto comodi. Sono dei fuoristrada di lusso ma nessuno si avventura in zone sterrate per paura di rovinarli. Denigrarli fino alla nascita del primo figlio. Poi comprarne uno «per farci stare il passeggino».

LIBRI Complemento d'arredo. In soggiorno stanno molto bene gli Adelphi con quelle tinte pastello e gli Einaudi, che col bianco si sposano con tutto. I Sellerio invece con quel blu sono perfetti per la camera da letto.

TASSE Evaderle con ogni mezzo, qualora se ne abbia la possibilità, aiuta a non sentirsi cretini.

JOVANOTTI Maître à penser e intellettuale di riferimento del Partito Democratico. Vedi PARTITO DEMOCRATICO.

KE Usarlo nei messaggi o nelle mail al posto di «che», anche in «perché», ke diventa perké o ancora meglio xké. Farsi prendere la mano e scrivere kasa, kosa, kome, kulo, kazzo. Passare per deficienti.

ITALIANI Brava gente. La rovina dell'Italia. Maestri nell'arte di arrangiarsi. Pizza e mandolino. Un popolo di sarti, cuochi e calciatori. Elogiarne la creatività, sorvolando sul resto. Citare Mussolini: «Governare gli italiani non è difficile, è inutile». Citare anche Churchill: «Bizzarro popolo, gli Italiani. Un giorno, 45 milioni di fascisti. Il giorno dopo, 45 milioni di antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di Italiani non risultano, dai censimenti».

 

Tutte le immagini sono di Beppe Giacobbe.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO