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Expo: Surplace

5 Luglio 2015

Luglio non vuol bene a Milano: l'afa, il caldo opprimente, l'esercito delle zanzare. I milanesi lo sanno e cercano di difendersi rifugiandosi nell'aria condizionata degli uffici, sotto le pale dei ventilatori, uscendo sempre prima al mattino. Le vacanze sono un miraggio, nonché l'unico argomento di conversazione. "Giù" è la parolina magica dei tanti che sono saliti dal Sud, anche negli ultimi anni. Giù è un meridione dell'anima, un sogno di mari dal blu rilucente, di mozzarelle e burrate freschissime, di pomeriggi interminabili e parenti assillanti, ma questo di solito è tralasciato. Nonni e nipoti sono stati spediti al paese o alla casetta di vacanza conquistata da generazioni che erano in grado di risparmiare. Tempi che sembrano lontanissimi.

 

Se ė più difficile vedere per strada i bambini, non sono stati tuttavia sostituti dai turisti dell'EXPO. I negozianti, che piangono sempre, lamentano un calo del giro d'affari del 30%, e accusano gli organizzatori di EXPO di concorrenza sleale, soprattutto i ristoratori, penalizzati dal biglietto serale a 5 euro. Gli organizzatori respingono sdegnati le accuse e parlano di 6 milioni di biglietti venduti a fine giugno ritenendosi soddisfatti. Circolano poi delle statistiche, basate sulle strisciate delle carte di credito, che danno una crescita del 26% di acquisti da parte di stranieri rispetto allo scorso anno.

 

Ho poco tempo in questo periodo per tornare a EXPO (ma ci tornerò) e mi dedico a un gioco che ho imparato leggendo Eugenio Montale. Montale, giornalista del "Corriere della Sera", soprattutto negli anni '50 era deputato dal giornale a scrivere pezzi di costume in cui riluceva il suo spirito d'osservazione. Un inverno venne mandato a St. Moritz per raccontare i primi riti dell'affluent society. Non uscì dall'albergo e allora descrisse (o, più probabilmente, inventò) un signore che incontrava per le vie del centro di Milano che, arrivato in Engadina, posava a fare l'inglese. Il "falso inglese" consumava una prima colazione continentale con l’aria di rimpiangere l’english breakfast, sfogliava la Gazette de Lausanne prima di passare ai cruciverba del Times. Poi, nel pomeriggio, prendeva qualche vecchio giallo dalla biblioteca dell'albergo e si immergeva nella lettura davanti al caminetto dopo essersi caricato una buona pipa. Non parlava con nessuno, ma ringraziava tutti con fin eccessiva premura:"chiu, chiu". Di nuovo in città tornava a essere il frettoloso e impaziente cittadino meneghino.

 

Montale abitava in via Bigli, la quiete e signorile parallela di Montenapoleone. Per ragioni di lavoro frequento quotidianamente il centro città e, dai primi giorni di EXPO, ho adattato il gioco di Montale per scoprire chi è venuto a Milano per l’esposizione o chi è qui per altre ragioni. Pur non essendo Roma, Venezia o Firenze, il tragitto Piazza Duomo-Galleria-Piazza Scala, il rettifilo tra Duomo e Castello, sono normalmente battuti da turisti. Nei primi giorni di maggio mi ero entusiasmato vedendo un gruppo di argentini addentare una fiorentina verso le 17,30 e pensavo che sarebbe continuata così: bavaresi in lederhösen che in coro avrebbero fatto oscillare boccali di birra, messicani che si sarebbero addormentati nei parchi, incapaci di rinunciare alla siesta, americani che avrebbero scambiato l’Arena per un teatro romano come il loro connazionale Mark Twain a fine Ottocento.

 

No, il gioco è più complesso, perché il centro città offre una popolazione mescolata e i flussi di EXPO sono stati in effetti scarsini. Gli elementi identificativi più semplici sono: cartina (pochissimi usano lo smartphone per orientarsi), bottiglietta di acqua minerale, lettura accurata dei menu fuori dai ristoranti in orari poco canonici, acquisto di supereconomici souvenir offerti soprattutto dalle edicole, zainetti e, negli ultimi giorni, cappelli di paglia.

 

Il gioco in realtà è stato difficile fino a qualche tempo fa (un’elegante coppia borghese visita la città, ma andrà poi a EXPO?), ma, a dire il vero adesso è diventato più semplice. La divisione è abbastanza netta: chi sta al telefono per strada, gira da solo, è vestito in maniera appena più formale, è un locale che, almeno durante il giorno, non visiterà EXPO. La truppa dei descamisados, chi gira con una guida e pesta con vigore le palle del toro in Galleria, chi cammina in fila indiana, è tra coloro che passeranno almeno qualche ora in EXPO. Noto che i negozi sono comunque abbastanza vuoti, anche nelle aree più turistiche. Desolato il punto ufficiale dei souvenir all’EXPO Gate: d’altra parte immaginate qualcuno di Bamberga, Annecy, Providence o Sapporo che metterà in valigia una maglietta dall’eloquente scritta Va a ciapà i ratt?

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