Speciale

Il giorno dopo

4 Settembre 2014

Speranza e orrore si mescolano sempre. Ciò che accade di questi tempi in Egitto e negli altri paesi arabi fa ovviamente ben sperare. Quasi tutti pensano che in tempi postmoderni non possa accadere nulla, ma sono stati smentiti. È accaduto: una sollevazione molto tradizionale senza riferimenti religiosi, che fa esclusivamente appello alla dignità umana e a rivendicazioni laiche. È uno splendido evento, ed è davvero un evento reale.

 

Con “evento reale” intendo che non c’è stata una transizione morbida. Viviamo in un momento di incertezza e non si sa chi è al potere, e questo naturalmente mostra che c’è speranza. La speranza indica semplicemente un momento aperto quando non si sa chi è al potere e poi il regime crolla.

 

In queste situazioni, però, il problema è che al contempo c’è speranza e c’è confusione, ci si può ritrovare con un regime ancora peggiore di quello precedente. [...] La lotta va avanti e questo costituisce la vera speranza. Vi ricordate per esempio la grande manifestazione contro Ahmadinejad organizzata da Mir-Hosein Musavi, che avrebbe dovuto vincere le elezioni presidenziali? È la prova lampante che gli islamisti non hanno davvero vinto in Iran. La lotta va avanti e c’è una grande resistenza. La situazione è dunque complessa: semplicemente, non vedo nessun movimento politico rispetto a cui posso dire di parteggiare oppure no.

 

Prendiamo l’America Latina: aveva iniziato bene, poi si è persa. La cosa mi rende triste perché ciò a cui prestavo attenzione non erano quei grandi momenti di entusiasmo come adesso in Egitto, in questo caso ero molto più realista. Ciò che mi interessa è il giorno dopo, vale a dire: oltre al momento di entusiasmo che ci fa sentire liberi, come verrà tradotto in un nuovo ordine istituzionale? Come sarà questo ordine? Sarà semplicemente una liberaldemocrazia occidentale? O una sorta di regime islamico fondamentalista? Oppure qualcosa di nuovo? Questa è per me la speranza reale, che da queste rivolte popolari possa emergere qualcosa che non sia né corrotto come la democrazia occidentale – cioè elite liberali che ignorano le folle – né un regime islamico fondamentalista e oltranzista. È questa possibilità a rendere reale la speranza.

 

 

Ma la vera speranza sorge da ciò che non possiamo apprendere dai media. Non so quanto sia riportato nel vostro paese, ma avete per esempio la percezione di quello che sta succedendo in India? Quasi un milione di maoisti naxaliti stanno preparando grandi ribellioni. Nelle giungle dell’India centrale stanno tornando a succedere cose orribili: hanno scoperto nuovi minerali e stanno brutalmente uccidendo le tribù per essere liberi di industrializzare. Il primo ministro indiano ha definito le ribellioni “la più grande minaccia interna”, mentre i media mainstream, presentandole come una resistenza estremistica al progresso, sono pieni di storie sul “terrorismo rosso”.

 

Tuttavia, come scrive Arundhati Roy sulla rivista Outlook India, l’esercito guerrigliero maoista è composto di popolazioni tribali povere e disperate, spietatamente sfruttate, violentate e truffate da usurai, e combattono solo per la sopravvivenza. La loro situazione è esattamente quella della plebe di cui parlava Hegel: i ribelli naxaliti in India sono una popolazione tribale affamata, a cui è negato un minimo di vita dignitosa.

 

Anche qui vedo segnali di speranza, per quanto ignorati dai media: sono presentati solo come maoisti, terroristi e via enumerando. Quello che l’esercito sta facendo in India è orribile, li trattano allo stesso modo in cui gli americani nel XIX secolo trattavano i nativi indiani. Dicono “civilizzeremo la regione”, ma significa che l’esercito violenta le donne e brucia le case, è una tragedia. Eppure la speranza è sempre connessa al pericolo, al caos potenziale. [...]

 

Per questo, in un mio articolo sull’Egitto pubblicato dal Guardian (“Perché temete lo spirito rivoluzionario arabo?”), cito il vecchio motto di Mao: “grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è quindi eccellente”. È il prezzo da pagare per il rischio. Se si dice no al cambiamento, ci può essere solo caos e nulla cambierà, dunque la situazione diventerà sempre più esplosiva.

 

Ecco la questione: sapere come camminare in questo sentiero stretto e rischioso, dove c’è grande pericolo e grande speranza. Per me la vera speranza esiste solo dove vi è pericolo. Già Walter Benjamin diceva che ogni ascesa del fascismo testimonia di una rivoluzione fallita. La sua vecchia tesi non solo funziona ancora, ma oggi è forse più vera che mai. Dunque la storia porta situazioni che sono di speranza e di pericolo: sta a noi il che fare.

 

 

Tratto da Slavoj Žižek, Chiedere l’impossibile, a cura di Yong-june Park, ombre corte, Verona 2013

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