Matteo Speroni. Brigate Nonni. I ribelli del tramonto

14 Febbraio 2012

“Zolfo curry orina zafferano sudore”. È con questa sensazione olfattiva che inizia il romanzo Brigate Nonni. I ribelli del tramonto (Cooper, p. 255, euro 14) di Matteo Speroni. E poi con una raffica di kalashnikov esplosa all’impazzata in uno squallido supermarket di periferia.

Eppure nulla è come sembra. Niente banditi, niente ladri, nessun criminale. Solo un gruppo di ribelli, una banda che ricorda le sgangherate accozzaglie di reduci, che popolano i romanzi di James Crumley.

 

Loro sono la formazione denominata Stella del mattino, capeggiata dall’ultrasessantenne Vincent Guerra, la frangia esecutiva più pericolosa delle Brigate Nonni, sorte in seguito al collasso del sistema previdenziale, che non ha più fondi per pagare le pensioni.

Il campo di battaglia è il cuore nevralgico del paese: la città di Milano, teatro principale della misteriosa operazione di primavera, organizzata a colpi di “saltarola”: un gioco, ma anche un modo di comunicare attraverso messaggi criptati.

E poi c’è l’altra faccia della medaglia, le forze dell’ordine, ancora più improbabili dei ribelli. Fra loro si salvano solo il capitano Franco Palude e l’agente scelto Chiambrotti, giovane scudiero ingenuo e leale.

 

Tutti si troveranno costretti a schierarsi lungo le trincee dell’operazione di primavera, lo scontro epico ed epocale esteso a tutta l’Italia, che annullerà ogni differenza tra le forze in campo e confonderà fra loro le diverse formazioni: il ribelle Vincent Guerra e il poliziotto Franco Palude giungeranno alla stessa dolorosa conclusione. La stessa tragica resa.

Dallo sfondo emerge con prepotenza un sistema politico e sociale allo sbando: corruzione dilagante, assenza di valori e un’inaspettata mutazione antropologica.

 

La scrittura di Matteo Speroni si dibatte tra l’ironia e lo sconforto. Ogni tanto spuntano delle rivelazioni: stralci di diario, pensieri ad alta voce, che forniscono diverse chiavi di lettura degli eventi, anche se talvolta rallentano il flusso narrativo, sempre incalzante ed avvincente nelle scene d’azione.

 

Gli eroi son tutti giovani e belli diceva una canzone. Ma non questa volta. Il finale aperto e apocalittico lascia il lettore con la bocca aperta e il cervello in subbuglio, e davvero vale l’intero romanzo. Potrebbe veramente finire così? Non esiste alcuna speranza per l’uomo? Siamo in un futuro prossimo o si tratta già di cronaca?

A ognuno la sua fetta di responsabilità e la sua parte di baratro.

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