L’Uomo Qualunque e la Ragazza della Porta Accanto / Populismi per il XXI secolo (I parte)

21 Maggio 2016

L’Uomo Qualunque e la Ragazza della Porta Accanto

 

Frontespizio dell’edizione di Everyman pubblicata da John Skot (c. 1530). 

 

Parlare di populismo e qualunquismo per interpretare la scena politica europea contemporanea può apparire semplicistico, o addirittura fuorviante. Spesso queste categorie vengono utilizzate per liquidare gli avversari e sono prive di valore aggiunto interpretativo.

Può essere invece utile risalire la storia di quello che è stato definito “l’uomo qualunque”, “l’uomo della strada”, “l’uomo comune”, “la ragazza della porta accanto”, “la gente”, figure spesso invocate per indicare a un vasto pubblico la realtà di cui si parla. O meglio, per dare un effetto di verità alle proprie argomentazioni, magari per sancire o auspicare la nascita dell’uomo nuovo (o della nuova donna).

 

Jedermann (1930). Archivio del Salzburger Festspiele. 

 

Bene ha fatto Anna Schober de Graaf a usare questa figura per interrogare il presente, partendo dalle arti per arrivare alla politica e alla filosofia, nell’incontro sul tema “Addressing each and every one: Popularisation/populism through the visual arts” (Rivolgersi a ognuno e a tutti: divulgazione/populismo nelle arti visive), ospitato dalla Justus-Liebig-Universität di Giessen. In quelle aule due secoli fa passò Georg Büchner, il creatore di Woyzeck, una delle incarnazioni più struggenti e tragiche dello Jedermann. Quello seguito il 21 e 22 aprile 2016 è un percorso tra iconologia e filosofia politica, puntando allo snodo in cui l’ideologia prende forma nell’immaginario, e la Legge cerca la mediazione del Simbolo.

Il punto di partenza è lo Everyman della tradizione britannica, con l’omologo Jedermann della tradizione tedesca, che negli anni Trenta è stato rilanciato dalla riscrittura di Hugo von Hofmannsthal allestita da Max Reinhardt a Salisburgo. La figura ha radici teatrali alla fine del XV secolo, quando Everyman-Jederman è protagonista di una serie di morality plays. L’uomo comune riceve la visita della morte, che viene ad annunciargli che la sua ora è giunta. Questo messaggio individuale ha una valenza sociale. Everyman è l’eroe di un mito egualitario, visto che siamo tutti uguali di fronte a quella che Totò aveva poeticamente battezzato “’a livella”.

Il dottor Faust, che riceve la visita del diavolo, l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters (1915) e Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (1957) sono varianti di questo mito.

 

 

 
 

Foto Sander.

 

Di un’altra profetica variazione sul tema è stato artefice e protagonista August Sander, che negli anni Trenta costruì una gigantesca galleria di tipi fotografici, compresi molti ebrei alla vigilia della Shoah. Il suo Uomini del XX secolo è una galleria di Jederman alla cui porta stava per bussare l’angelo nero dello sterminio:

 

“Ho incominciato i primi lavori della mia opera Uomini del XX secolo nel 1911, a Colonia, mia città d’adozione. Ma è nel mio paesetto del Westerwald che sono nati i personaggi della cartella. Queste persone delle quali io conoscevo le abitudini fin dall’infanzia mi sembravano, anche per il loro legame con la natura, designati apposta per incarnare la mia idea di archetipo. La prima pietra era così posta, e il ‘tipo originale’ mi servì da referente per tutti quelli che ho trovato in seguito per illustrare nella loro molteplicità le qualità dell’universale umano”.

 

Jacques Bonhomme, ovvero l’Uomo Qualunque versione francese. 

 

Dagli albori della modernità l’Uomo Qualunque (e poi la Ragazza della Porta Accanto) hanno trovato molteplici incarnazioni, a volte contraddittorie. Sbucano nei contesti più vari, dalla politica alla filosofia, dalle arti visive al teatro, dal cinema alla pubblicità, e offrono un prezioso indicatore delle pulsazioni (e delle convulsioni) dell’immaginario collettivo. Con l’affermarsi della democrazia, il fulcro simbolico dell’ordine sociale non è più il Corpo del Re, vertice e fondamento dei corpi intermedi in cui si articolavano le società tradizionali. Ma non può esserlo nemmeno la massa indifferenziata, il crogiolo comunitario in cui le soggettività si sono azzerate in un’unica volontà. L’Uomo Qualunque è l’artificio retorico che offre una precaria soluzione al problema dell’identità e della volontà collettive.

Anna Schober de Graaf identifica due processi di mediazione svolti dallo Everybody. In primo luogo, quella tra il particolare e l’universale, tra l’individuo e la società: questa figura permette la creazione di una realtà collettiva che preserva le individualità. Di conseguenza, l’uomo comune consente una seconda mediazione, quella tra il sé e l’altro: in periodi di cambiamento, serve a riposizionare il soggetto (che deve diventare l’uomo nuovo).

 

Il settimanale “L’Uomo qualunque” (1946). 

 

Nella sua parabola, lo Everybody è agito da due paradossi simmetrici. Il primo nodo riguarda le modalità in cui il particolare – la differenza – si riconnette con l’universale, senza annullarsi ovvero senza perdere la propria identità. Simmetricamente, come è possibile che dalla molteplicità degli Everyone, dalla volontà di ciascuno di noi, si crei una public authority? Come le singole determinazioni si possono coagulare in una volontà collettiva? Da sempre la filosofia politica si interroga sulle modalità con cui l’individualismo del singolo può risolversi nell’individualismo dell’universale. Oggi questo processo trova una nuova esplosiva declinazione nel web: a caratterizzare la nostra presenza in un social network come Facebook è la dialettica tra l’aspirazione alla stardom e la tendenza all’egualitarismo. Questa mutazione della nostra immagine pubblica e dunque della nostra identità non può non avere conseguenze politiche.

 

2. Icone dell’Uomo Qualunque

 

Your Country Needs You (manifesto, 1914). 

 

Per tracciare un identikit dell’Uomo Qualunque si può partire da un’immagine rubata dall’attualità. Il metodo lo ha indicato Carlo Ginzburg, quando ha ricondotto l’iconografia del celebre manifesto che raffigura Lord Kitchener – “Your Country Needs You” – ai suoi antecedenti, la tradizione pittorica del ritratto frontale e quella del gesto di invocazione: è un’immagine “performativa”, che funziona sulla base della reazione dello spettatore più che sui contenuti che veicola.

 

Parigi, Place de la République, 11 gennaio 2015 (foto Fredrik von Erichsen). 

 

Nel suo intervento a Giessen, Michael Diers è partito da un’immagine fotografica di Fredrik von Erichsen che mostra, inquadrata dall’alto, Place de la République a Parigi l’11 gennaio 2015. Tra la folla (5 milioni di persone parteciparono alla manifestazione) spicca la gigantografia degli occhiali (e dello sguardo) di una delle vittime dell’eccidio di “Charlie Hebdo”, Charb.

 

Abraham Bosse, "Leviathan" (frontespizio). 

 

Diers riconduce la fotografia a un celebre antecedente, il frontespizio del Leviatano di Hobbes (1651). E trova un antenato di quelle immagini nell’opera di un allievo dei Bellini, Giovanni Mansueti: il Miracolo della reliquia della Santa Croce in Campo San Lio (1496) mostra la folla degli uomini nelle strade e nella piazza, osservata dalle donne affacciate alle finestre, in una dialettica tra interno ed esterno, tra spazio pubblico e privato, tra maschile e femminile.

 

Giovanni Mansueti, Miracolo della reliquia della Santa Croce in Campo San Lio (1496). 

 

A partire dalle immagini, è possibile individuare alcuni modelli iconografici per l’Uomo Qualunque.

 

Everybody

 

Il primo, come abbiamo visto, è il frutto dell’accumulo, della sommatoria degli individui che compongono il corpo collettivo.

I singoli diventano minuscoli e paiono scomparire, elementi indistinguibili nella massa.

Tuttavia zoomando resta possibile cogliere le caratteristiche di ciascuno, perché i singoli volti tornano riconoscibili. Quello raffigurato in queste icone è quello che potremmo battezzare Everybody, dove i singoli sono gli elementi che compongono il corpo (“body”) collettivo.

 

Gustav Gustavovic Klutsis, La bandiera di Lenin (1933). 

 

È un procedimento che nel Novecento ha ispirato El Lissinsky e Gustav Gustavovic Klutsis (per esaltare Stalin e Lenin) ma anche L’Italia fascista in cammino (con Mussolini) e la propaganda hitleriana.

 

La manifestazione dei Capi di Stato, Parigi, 11 gennaio 2015 

 

Nella figura del Leviatano, il corpo dell’Everybody trova una testa.

Nella manifestazione dell’11 gennaio 2015 c’erano in realtà due istanze simboliche che si contendevano il corpo gli Uomini Qualunque: quella democratica simboleggiata dagli occhiali di Charb, e quella che volevano imporre i leader mondiali raccolti intorno al presidente François Hollande per l’occasione.

 

Everyone

 

La seconda opzione, praticata anche da August Sander, è la serie. I singoli individui mantengono le loro individualità e identità, ma vengono inseriti in una sequenza.

Man mano che la serie si allunga, ciascun elemento diventa meno rilevante. Potrebbe essere questo lo Everyone, in cui i singoli “Ciascuno” restano elementi distinti di una serie potenzialmente infinita.

 

Gillian Wearing, Signs that Say What You Want Them to Say and Not Signs that Say What Someone Else Wants You to Say (1992–3). 

 

In ambito artistico, usano la stessa metodologia alcune opere di Gillian Wearing. Nel suo primo lavoro, Signs that Say What You Want Them to Say and Not Signs that Say What Someone Else Wants You to Say (1992–3), l’artista britannica chiedeva ai passanti che incontrava nelle strade di Londra di scrivere una frase e poi li fotografava con il cartello in mano: per esempio, un poliziotto con la scritta “Aiuto!”.

Ha seguito un procedimento analogo anche un progetto di arte partecipata come Ads del New York City Group di Richard Maxwell, iniziato a New York nel 2010 e passato nel 2012 al Festival di Santarcangelo. Sul palco sfilano uno alla volta i corpi virtuali (filmati in precedenza e proiettati in forma di ologramma) di cittadini diversi tra loro per età, estrazione sociale ed interessi, ai quali l’artista americano ha chiesto di elencare le cose in cui credono. Sono le piccole e grandi utopie dell'Uomo e della Donna Comuni, i loro sogni, desideri, ambizioni...

 

Un’interessante variante è Manifesto (2015) di Julian Rosefeldt.

 

Julian Rosefeldt, Manifesto (2015). 

 

Nei video che compongono l’installazione, l’attrice Cate Blanchett impersona dodici personaggi femminili (l’insegnante, la musicista punk, la presentatrice televisiva, la barbona…), che declamano frammenti di manifesti artistici e politici.

 

Everyman

 

Francis Galton, Composite Portraits (1878). 

 

Un’altra opzione, resa possibile dall’invenzione della fotografia e dalla crescente attenzione per la statistica, è stata esplorata nell’Ottocento con la Composite Portraiture ideata da Francis Galton a partire dal 1878 (a questa tecnica era dedicato l’intervento di Raul Gschrey, autore anch'egli di progetti artistici basati su questa tecnica). 

 

Raul Gschrey, The Typical Inhabitant or Automated Recognition Relies on Individual Characteristics Try to look average, 2008

 

Sovrapponendo – grazie a un calibrato processo di successive esposizioni – le immagini di una serie di volti di soggetti che condividono una caratteristica (una determinata patologia, o una condanna penale per un certo reato), Galton pensava di poter individuare (o costruire) un tipo “riconoscibile” collegato a quella determinata caratteristica. Al termine di un processo di questo tipo emerge l’Uomo Medio, costruito con criteri statistici. È un’astrazione, o un’invenzione, che spesso tende ad assumere valore normativo, in cui le differenze devono convergere verso l’unico centro, la media, come intima il titolo dell'opera di Raul Gschrey, The Typical Inhabitant or Automated Recognition Relies on Individual Characteristics Try to look average (2008) che crea il volto medio degli abitanti di una città. Potremmo dire che è lo Everyman, l’Ognuno, l’Adamo Demografico da cui ognuno di noi può misurare la distanza.

 

 

La campagna Benetton The Face of Berlin (2016). 

 

La tecnica della Composite Portraiture, a lungo abbandonata in ambito scientifico, è stata ripresa di recente in ambito pubblicitario, giornalistico, artistico. L’ha usata nel 2016 la campagna Benetton sulle città della moda “The Face of the City”, dove il volto costruito sovrapponendo quelli delle modelle di Milano o di Berlino si presenta come “la faccia della città”.

 

“Time” (18 novembre 1993). 

 

In precedenza, un Composite Portrait era finito sulla copertina della rivista “Time”: con il titolo The New Face of America (18 novembre 1993) lanciava un servizio sull’immigrazione negli USA.

 

Jake Rowland, Mother, father, brother, sister, self (2004). 

 

La tecnica è stata utilizzata da diversi artisti, come Jake Rowland, che in Reflections: Constructed Portraits (2004-2014) ha sovrapposto il proprio volto a quello dei genitori e dei fratelli, o di sua moglie e sua figlia.

L’artista newyorkese ha anche dedicato un sito alla storia al genere, A Brief Visual History of Composite Portrait in Photography

Ma è anche possibile ottenere effetti stranianti e conoscitivi, come fa dagli anni Settanta Nancy Burson, per studiare la nostra reazione (anche emotiva) di fronte all'Altro. Come lo vediamo, un volto umano? Come lo guardiamo? Come lo giudichiamo? In particolare, l’artista (che collabora con il MIT) ha costruito immagini che deformano i volti facendo loro assumere caratteristiche che associamo a etnie diverse, per vedere le reazioni che suscitano le diverse tipologie somatiche, dall’empatia alla repulsione.

 

Nancy Burson, The Human Race Machine. 

 

Dal 2000 Burson conduce un progetto che ruota intorno alla provocatoria domanda “What would you look as another race”: la “Human Race Machine”, viene spiegato, “ti mostra l’aspetto che avresti se tu fossi asiatico, nero, ispanico, indiano, mediorientale e bianco. Ci offre l’opportunità di un’esperienza unica per essere altro rispetto a quello che siamo. Siamo un’unica razza, la razza umana; un’unica nazione, l’umanità”.

 

Johnny_everyman. 

 

Lo stesso obiettivo “politicamente corretto” si era posto, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, un supereroe creato dalla DC Comics, l’editore di Superman, Batman e Wonder Woman. Johnny Everyman girava il mondo per insegnare la tolleranza razziale ed etnica e favorire la comprensione tra i popoli (non ebbe grande successo, visto che la serie durò meno di tre anni).

La tecnica del composite portraiture (o face averaging) sta trovando nuova vita sui social network. Con quel procedimento è possibile costruire l’immagine dell’amico ideale (o medio) sovrapponendo per esempio le immagini di tutti i propri amici di Facebook. Sono numerosi coloro che hanno utilizzato l’immagine del loro “amico ideale” come immagine del proprio profilo.

 

The Ideal Man

 

Prassitele, Hermes e Dionisio (350 circa a.C.). 

 

Ci sarebbe anche una quarta opzione, che prevede la costruzione di un volto e di un corpo umani a partire da frammenti tratti da diversi individui. È l’unica strada che prevede una scelta, e dunque una scala di valori, e perciò sfugge alla logica dell’Uomo Qualunque perché produce (o dovrebbe produrre) l’Uomo Ideale: anche in questo caso emerge una tendenza normativa. È il bello ideale dall’arte classica greca. Per rappresentare l’uomo, inteso come limite perfetto a cui può giungere la forma umana, procedeva per approssimazioni successive, assemblando le parti migliori selezionate nei singoli individui (tenendo conto al tempo stesso delle proporzioni tra le varie parti del corpo).

 

Nobody

 

Una quinta opzione iconica cancella invece le caratteristiche individuali dietro una maschera neutra: è la scelta per esempio dei movimenti che scelgono la maschera di Anonymous, il protagonista di V for Vendetta, la graphic novel di David Moore disegnata da David Lloyd (1983-85). Questa maschera potrebbe essere il Nobody, il Nessuno che accompagna come un’ombra il cammino dello Everybody. Ma questo è anche il percorso di azzeramento dell’individualità seguito da tutte le organizzazioni che impongono l’uso della divisa, a partire dagli eserciti.

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