John Alcorn è un figlio del secolo americano

13 Novembre 2014

Pur avendo trascorso in Italia solo 5 anni, dal 1971 al '76, l'impatto di John Alcorn (1935-1992) sulla nostra grafica editoriale è stato importante e duraturo. Con uno slogan si potrebbe dire che suggerì una terza via tra il rigore svizzero alla Huber e lo sperimentalismo di Munari. Oggi il suo archivio si trova a Milano, presso il centro APICE, grazie alla determinazione di Marta Sironi che ha curato, insieme a Stephen Alcorn e alla funzionale messa in pagina di Marina Del Cinque, la bellissima monografia John Alcorn. Design by evolution (Moleskine, 40 euro), summa di quarant'anni di lavoro del grafico, illustratore e designer statunitense.

 

John Alcorn, Moleskine, The bookJohn Alcorn, Moleskine, The book

 

Alcorn è un figlio del secolo americano: cresciuto, come in un romanzo di Richard Yates, a Long Island, allora una campagna di New York, ama la natura e gli animali. Vorrebbe diventare fantino, ma fin da piccolo traffica con matite e colori. C'è una foto che lo ritrae mentre disegna a letto all'età di 10 anni. A fianco ha una gigantesca radio, medium di parola che forse contribuisce ad accendere in lui una fantasia, espressa per immagini, che sarà una delle caratteristiche salienti della sua personalità.

 

Jonh Alcorn, MoleskineJonh Alcorn, Moleskine

 

Studia alla Cooper Union, celebre università privata newyorchese, che gli fornisce le fondamenta del mestiere e un approccio molto pragmatico sia alla professione di grafico che alle rivoluzioni moderniste europee, avanguardie che giungono negli USA già storicizzate. Lo si capisce dal lavoro dei Push Pin Studios, fondato da ex-allievi della Cooper Union come Milton Glaser, Seymour Chwast ed Edward Sorel. È un incubatore di idee, divenuto poi mitico nella storia della grafica, che trovano applicazione quando ė chiamato a collaborare col canale televisivo CBS, a fianco dell'art director Lou Dorfsmann.

 

Preparatory drawing Anton Chekhov, Anima Cara e John Alcorn, Moleskine Preparatory drawing Anton Chekhov, Anima Cara e John Alcorn, Moleskine

 

La televisione di quegli anni è molto libera e per Alcorn è l'apprendistato nel mondo della pubblicità nel quale impara a mescolare arte e design, modernità e il retaggio tipologico ottocentesco dei cataloghi Sears & Roebuck, quei volumi che raccolgono i prodotti venduti per corrispondenza e che entravano nelle case di ogni americano (come stava accadendo per la TV). È l'epoca in cui si forma la moderna società dei consumi e Alcorn, con un occhio sempre rivolto all'infanzia, ricrea un'età dell'innocenza dove le merci sono simpatici amici. Non c'è calcolo in questo modo di fare, basta guardare i biglietti natalizi o il materiale prodotto per occasioni private. È la fase aurorale di un mondo che oggi è raccontato con filologica nostalgia da serie come Mad Men.

 

John Alcorn, Moleskine e Kissinger, RizzoliJohn Alcorn, Moleskine e Kissinger, Rizzoli

 

Nel 1961 Alcorn si mette in proprio e comincia a lavorare sempre di più per l'editoria. Le sue copertine – resterà una sua caratteristica – rivelano un uso attento e funzionale della tipografia in cui si inseriscono disegni di grande maestria "pop" e l'uso di colori (lillà, arancione) sempre più accesi che la grande ondata psichedelica trasforma in colori acidi, diciamo pure lisergici. Da vero artista applicato e conoscitore della storia dell'arte, Alcorn arriva alla psichedelia attraverso il Doganiere Rousseau. I manifesti per Seven Up, Pepsi Cola e Campbell rappresentano il culmine del periodo americano, ma anche un punto di non ritorno. È come se gli anni Sessanta, vissuti a rotta di collo, avessero consumato tutte le esperienze.

 

Alan Aldridge’s The Beatles Illustrated Lyrics-Eight Days a Week e Jonh AlcornAlan Aldridge’s The Beatles Illustrated Lyrics-Eight Days a Week e Jonh Alcorn, Moleskine

 

Vien buono allora un viaggio in Italia alla ricerca delle radici. Chi si accorge del suo talento e come fosse funzionale a una ventata di nuovo nella grafica editoriale è Mario Spagnol – uno dei grandi personaggi della storia dell'editoria italiana di cui ancora manca una biografia intellettuale – che ne fa un cardine nell'operazione di rilancio della BUR, compreso il disegno del nuovo marchio. Sono copertine di libri che tutti ricordano, con illustrazioni che rimangono impresse nella memoria. Nel complesso si può definire un pop temperato dall'uso della tipografia e dall'attingere liberamente ma consapevolmente a tutta la tradizione figurativa occidentale (Spagnol era un grande conoscitore della storia dell'arte, oltreché un avvertito collezionista).

 

Jonh Alcorn, Moleskine e la Collina dei ConigliJonh Alcorn, Moleskine e la Collina dei Conigli

 

Si consuma anche, per così dire, un'eterogenesi dei fini: nei bollenti anni Settanta Alcorn si avvicina al PCI e alla militanza politica attraverso, ad esempio, memorabili copertine dell'«Espresso»; collaborando con Spagnol, Alcorn invece è il complice inconsapevole di un'editoria che mette in soffitta l'idea di progetto per restituire al lettore il piacere della lettura. Un altro modo per dire che sta cominciando la stagione del riflusso. Per Alcorn e la sua famiglia, una specie di bellissima famiglia Bradford (lo racconta il figlio Stephen), è tempo di fare le valigie. Con l'Italia non troncherà i rapporti; con lo stesso Spagnol nelle sue nuove avventure editoriali e con Federico Fellini del quale disegnerà gli evocativi manifesti di Amarcord, E la nave va e Ginger e Fred.

 

Jonh Alcorn, Moleskine Jonh Alcorn, Moleskine

 

Gli ultimi anni americani saranno ancora ricchi di impegni, anche se le ricerche di Alcorn diventano sempre più personali: nel libro si mostra la ricorrenza dell'uso del fiore (in fondo il primo revival novecentesco è la riscoperta del liberty negli anni Sessanta) e il costante ritorno agli incanti dell'infanzia. Muore troppo presto, ma un libro come questo ci dice anche di una vita spesa bene alla ricerca di una felicità personale che si allarga alla società.

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