Elezioni in rete

1 Giugno 2011

Il rapporto tra centrodestra milanese e comunicazione on-line durante le ultime settimane è stato un calvario, uno strazio, un’agonia. Al punto di far venire voglia a molti di astenersi dall'infierire. Chissà perché, poi, alla fine nessuno l'ha fatto.

 

Nel 2001, il rapporto tra Internet e campagne elettorali venne improvvisamente alla ribalta dei media tradizionali, quando iniziarono ad apparire su blog e siti manifesti elettorali rielaborati. L’obiettivo principale, anche se non esclusivo, fu Silvio Berlusconi, i cui slogan di chiara derivazione pubblicitaria si prestavano particolarmente: “Meno tasse per Titti”, “Un impegno concreto: il mare a Milano”, etc. Si trattava della riproposizione di massa di una pratica di attivismo politico molto diffusa negli ambienti radicali anglofoni, definita “subvertsing” dall'unione tra “to subvert” (sovvertire) e “advertising” (pubblicità).

 

 

Rivedere oggi on-line una pagina del 2001 sull’argomento segna la distanza dei dieci anni passati, ponendo alcuni interrogativi interessanti su come si è trasformata la comunicazione digitale e, più in generale, il paesaggio mediatico italiano. Se i finti manifesti del PD “Yes I Ken, you Barbie”ci dicono che il subvertising non è mai passato di moda, gli ultimi mesi di campagna elettorale ci hanno mostrato delle dinamiche nuove e più gioiosamente feroci.

 

 

Della catastrofe nella comunicazione sociale della Moratti e di Red Ronnie ho già parlato la settimana scorsa: il centrodestra, assuefatto al vantaggio oligopolistico dei media tradizionali, si è dimostrato completamente indifeso di fronte alle logiche della rete, accumulando figure tremende ad un ritmo tale da muovere alcuni dello schieramento opposto alla commozione. Alcuni, ma non molti.

I vari hashtag che hanno aggregato i Tweet parodistici (#pisapiaquotes, #morattiquotes, #pisapiafacts, #sucate, etc.) continuano ad imperversare e, per la verità, hanno assunto un po’ il tono noioso dei tormentoni del cabaret televisivo da seconda serata. I tentativi di riparazione del team della Moratti sono stati travolti. Al profilo utente @LetiziaMoratti nessuno risponde più da giorni.

 

La querelle di Red Ronnie ha avuto un seguito interessante, con la comparsa sulla scena della figlia quindicenne attraverso un video messaggio nel quale si lancia in sillogismi spericolati (“Ti definisci comunista, ma il comunismo non esiste, è un utopia. Quindi anche tu non esisti”), seguito da parodie a non finire e da un non brillantissimo tentativo di salvataggio in corner: “visto che qualche tempo fa ho postato un video pieno di contenuti sui Tokio Hotel che non ha avuto successo, ho provato a fare un video senza senso come provocazione, e voi ci siete cascati”. Per fare la tara a questa affermazione, invito i lettori a rinfrescarsi la memoria sui Tokio Hotel.

 

 

Più in generale, questa volta il subvertising dei manifesti è stato portato avanti con un taglio più colto ed artistico da testate on-line, mentre la grande novità sembra essere stata la sovrapposizione tra gli eventi del mondo fisico e la loro narrazione in rete. Particolarmente toccante, da questo punto di vista, è stata la spettacolare débacle della festa elettorale del Centrodestra in Piazza del Duomo: il mega-concerto con militanti del Sud ospitati a spese del PDL si è trasformato in un clamoroso autogol. Migliaia di fan di Gigi D’Alessio sono stati lasciati ad aspettare per ore trasformandosi in una folla sempre più inferocita, tenuta all’oscuro della rinuncia al palco del cantante napoletano a seguito delle proteste on-line dei militanti del centro-sinistra e della Lega (anti-Moratti i primi, anti-napoletani i secondi). L’epilogo umiliante è stato il tentativo di tenere il palco da parte di un terzetto Zanicchi-Formigoni-Moratti all’opera su versioni quasi sperimentali di “O mia bela madunina” e “O sole mio”, tra cori da stadio “Pisapia – Pisapia” e “Niente Gigi - Niente Voto”. Il tutto ripreso impietosamente da svariate centinaia di videocamere, professionali e non, ripostato e viralizzato nel giro di pochi minuti.

 

L'impietoso controcanto è stato dato, la sera dopo, dagli arcobaleni su Piazza Duomo durante il concerto per il centrosinistra, fotografati ed uploadati in tempo reale su Facebook da migliaia di manifestanti bagnati e festanti.

 

 

Giusto il giorno prima, la Moratti veniva accolta dai cori pro-Pisapia dei ragazzini delle scuole medie all’Arena di Milano, video con un successo virale quasi paragonabile a quello della settimana precedente, in cui l'ex-sindaco veniva spernacchiato da disabili inferociti.

 

È interessante osservare i maldestri tentativi di recuperare terreno su Youtube da parte dei partiti dell'ex-maggioranza, primo tra tutti il video della Lega in cui due “milanesi qualunque” commentano il programma di Pisapia. Senza ritmo, monotono, infarcito di stereotipi ormai forse troppo triti anche per l’elettorato leghista, “Aspettando il ballottaggio a Milano” ha avuto successo principalmente per la locuzione “Taaaaaaac!”, che ha riesumato nei trentenni ricordi sepolti del Jerry Calà dell'infanzia. Il tutto è stato riciclato immediatamente dai social networkers, e “Taaaaaaac” ha accompagnato la Moratti ad ogni gradino nella sua discesa verso lo sprofondo. Chissà se adesso verrà recuperato anche “Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi”. Di tutt’altro tenore le due parodie cinefile “Il meraviglioso mondo di Pisapie” in versione Zingaropoli, e “La caduta”, la reazione di Hitler alla notizia che la moschea di Sucate era un falso.

 

Oggi, martedì 31 maggio, rimangono due memi in circolazione. Il primo è quello della giovane scrutatrice rimproverata da Berlusconi al seggio per non sorridere abbastanza che ieri si è fotografata esultante e vestita di arancione nella piazza del Duomo. Il secondo è la preoccupazione per le sorti di Clemente Mastella, che aveva annunciato “Se De Magistris vince al ballottaggio mi suicido”; la fan Page di Facebook “Ricordiamo a Clemente Mastella che ha promesso di suicidarsi” al momento ha 34.786 iscritti. Qualcosa come 10.000 in più di questa mattina.

 

 

Dal 2001 ad oggi sono cambiate molte cose.

I lavoratori delle industrie creative sono aumentati considerevolmente, e ancora di più sono aumentate le persone che hanno ricevuto una formazione riguardo alle tecniche ed ai linguaggi dei nuovi media. Se dieci anni fa bastava incollare alla meno peggio dei capelli sulla foto di un manifesto a bassa qualità e cambiare la scritta sullo sfondo, oggi si producono in tempi brevissimi dei cortometraggi di qualità decisamente buona.

 

La vecchia idea di Internet come di una biblioteca virtuale raggiungibile da casa è definitivamente tramontata. Nella sua forma 2.0, il Web è oggi un’arena comunicativa nella quale i contenuti vengono prodotti dagli utenti stessi e modificati praticamente in tempo reale. In alcuni casi si tratta di contenuti generati dagli utenti in uno spirito simile a quello del giornalismo partecipativo, mentre in altri siamo di fronte a delle produzioni creative non documentarie che sono per loro stessa natura pronte per essere trasformate e viralizzate.

Ciò che è forse più interessante al proposito è che i media tradizionali, anche nella loro declinazione on-line, si limitano solitamente a riportare notizie dai blog con qualche ora di ritardo, mentre nuove testate fortemente web-oriented, come Il Post o Il Fatto Quotidiano, sono al centro stesso della produzione di contenuti.

 

Per concludere, è interessante considerare come la logica della diffusione virale non sia mai automatica. Alcuni tra gli attori che hanno saputo comunicare meglio durante la campagna, contribuendo a determinare i “trending topics” su Twitter, hanno cercando di associare ai popolari #MilanoLiberaTutti e #Mi11 altri hashtag come #Twitterrevolutiono #May30, ispirato alla formula #mese+giorno delle rivoluzioni arabe. Al momento questa iniziativa non ha avuto un particolare successo.

 

I social network non producono fenomeni dal nulla; piuttosto, rafforzano processi già esistenti e danno loro visibilità immediata. Lo stesso vale per le strutture cognitive: non basta associare hashtags perché questi diventino reali associazioni nei pubblici.

 

Mentre aspettiamo di vedere come Clemente Mastella gestirà la sua social reputation, tenendo fede o meno all'impegno preso, c’è una lezione importante da trarre per la sfida referendaria della prossima settimana: perché quello che circola nei social network porti ad una trasformazione del reale, c’è bisogno che attori di ogni tipo e dimensione collaborino tra loro, incrociando continuamente il piano del virtuale con quello del reale.

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