Étonnants Voyageurs

8 Giugno 2012

Ci sono due modi di vivere un festival: o ti dai al meticoloso inseguimento del programma o ti affidi al caso. Incerto sulla strategia, opto per una terza soluzione: l’esterno. Sotto un sole allegro e insolito, la città vecchia è circondata dal mare e dalle barche: un trimarano da regata, cattivo ed elegantissimo, troneggia lungo la banchina di fianco al salone del libro; più avanti, una piccola flotta di catamarani vira di fronte alla scuola di vela dove giovanissimi francesi multicolore apprendono i rudimenti delle loro future esplorazioni (del resto è proprio qua in Bretagna che Richelieu nel 1625 allestì i cantieri che avrebbero rimediato al ritardo in cui versava all’epoca la Francia nella conquista dei mari). Tra brezze e riflessi mi abbandono alla deriva del caso. Finisco nella sala in cui c’è Paolo Rumiz. Il festival gli dedica spazi ampli e prestigiosi, racconta la sua navigazione lungo il Po a bordo di un catboat in legno: “per viaggiare bisogna essere pronti a lasciarsi dietro tutto ciò che conosciamo e accogliere quello che il caso ci metterà sotto gli occhi”. Ha ragione. Bevo un bicchiere d’acqua e abbandono definitivamente il programma cartaceo su cui ho segnato orari e priorità. Il viaggio ne guadagna: peso 350 grammi meno.

 

 

Qualche sala più avanti Nancy Huston parla del ruolo della narrativa. La scrittrice canadese allieva di Roland Barthes si sofferma sul coraggio di scrivere: “Gli accademici sono troppo prudenti. Lo era anche Barthes col suo personale dramma alla fine della sua vita. Avrebbe voluto assolutamente scrivere un romanzo, ma restò sempre bloccato nella scelta dei nomi da dare ai personaggi”.

Povero Barthes. E pensare a tutte quelle monumentali lezioni sul romanzo!

 

Poco dopo finisco tra gli abitanti di Sein, a Nord di Finisterre. L’isola sta per essere inghiottita dal mare. Qui il coraggio ha una consistenza molto più tangibile. La popolazione di pescatori ne diede già prova rispondendo all’appello lanciato da De Gaulle dai microfoni di Radio Londra: tutti i francesi sono chiamati a riunirsi in Gran Bretagna per organizzare la resistenza. I centoventotto pescatori dell’isola non ebbero esitazioni: salirono sulle loro barche e raggiunsero il Regno Unito. Qualche giorno dopo, il 25% dei francesi giunti a Londra era composto dai pescatori di Sein. De Gaulle commentò: “L’Ile de Sein è un quarto della Francia”.

 

La deriva mi trascina nella sala in cui Luis Sepúlveda e Daniel Mordzinski stanno presentando il loro viaggio in Patagonia: Ultime notizie dal sud. Entro mentre Sepulveda pronuncia queste parole:“e lui mi disse: se devi raccontare qualcosa non farlo come un professore, fallo come un poeta”. La frase mi ripropone il dramma di Barthes, lo slancio dei pescatori, i consigli di Rumiz. Ne ricavo un precetto: la letteratura richiede coraggio, la vita del resto non è da meno.

 

 

Sepulveda riprende a parlare. Ricorda l’amicizia con Osvaldo Soriano: “La sera discutevamo e io lo accompagnavo fino a casa, non lontano dalla mia. Restavamo davanti la porta a parlare per una ventina di minuti. Poi lui mi diceva ‘dai, ti riaccompagno da te’. Riprendevamo la discussione fino a casa mia. Passavano ancora venti minuti e io dicevo: ‘dai, ti accompagno da te’. Il rito continuava per ore, fino a quando non trovavamo un punto intermedio tra le nostre case in cui poterci finalmente salutare”.

 

Sepulveda racconta che l’inizio del suo viaggio in Patagonia, nel 1996, precedette di poco la morte di Soriano: “quel viaggio l’ho fatto anche dentro il mio cuore, in costante conversazione con il ricordo di Osvaldo Soriano, grande amico e grande scrittore”. A questo punto dell’incontro siamo ormai immersi nella poesia di quel realismo magico in cui gli affetti che non ci sono più possono parlarti ancora e le persone che incontri possono diventare più preziose del tuo passato. Sepulveda e Mordzinski ci raccontano storie ottimiste e comiche. Un percorso durato quindici anni: “la fretta è il miglior modo per non arrivare”. Ad ascoltarli verrebbe voglia di mettersi anche noi in viaggio. Inseguire storie avventurose. Come quella della figlia dello sceriffo che fu inviato per catturare Butch Cassidy. Verrebbe voglia di cercare altri racconti, quasi di sera in compagnia di un buon amico. Del resto è questo il segreto della letteratura. Ancora venti minuti. Nel maquillage dell’invenzione potremmo scoprirci protagonisti. Borges, grande manipolatore del realismo magico, avrebbe detto: è solo un caso che di queste pagine voi siate lettori e io l’estensore.

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