Architettura come paesaggio / L'isola di Rousseau

23 Aprile 2022

Nome di un famoso dessert francese, il termine isola galleggiante rimanda anche alla altrettanto celebre Ortigia, vicino Siracusa, oppure a Delo, la mitica isola in movimento che acquisì la sua forma stabile soltanto in seguito alla nascita del dio Apollo, depositato dalla madre Latona sulla cima di una palma. 

Qui si intende invece ricostruire un movimento diverso, cioè il fatto che un isolotto esemplare, di origine settecentesca, rinasca in vari luoghi europei. Lo spostamento non riguarda in questo caso per ovvie ragioni il trasporto fisico da un posto all’altro, bensì il movimento di un significante (di un sistema topico) e del corrispondente significato (o concetto, sistema concettuale).

 

Il punto di partenza di questa avventura semiologica si trova a Ermenonville, a nord di Parigi. Il Marquese di Girardin, un grande proprietario terriero con idee liberali, costruì tra il 1766 e il 1776 il primo e più celebre giardino all’inglese in Francia. Costellato di più di duecento follies (o fabriques, come si dice in francese), di architetture e di oggetti di ogni genere creati ad arte, il dominio si estendeva su più di 800 ettari. Girardin, che era anche un teorico dei giardini, aveva sperimentato a Ermenonville il nuovo stile pittoresco, riconoscibile dal fatto che i visitatori potevano identificare durante le loro passeggiate dipinti (di Lorrain, Poussin, Salvator Rosa o van Ruisdael) trasposti paesaggisticamente sul terreno. Oltre all’estetica del pittoresco, l’elemento più significativo nell’immensa tenuta era la presenza di Jean-Jacques Rousseau, il più celebre e il più controverso intellettuale dell’epoca.

 

 

A Rousseau alludevano delle iscrizioni varie, una colonna del Tempio della Filosofia, nonché una capanna detta appunto “di Rousseau”, vicino al famoso “deserto”, una grande landa malinconica. A Ermenonville, dove Rousseau fu presente da subito come fonte di ispirazione maggiore, il filosofo arrivò su invito del Marchese nel maggio del 1778. Dopo neanche due mesi felici trascorsi nella proprietà di Girardin, vi morì il 2 luglio. Nel mezzo di un laghetto (come sempre in questi casi, costruito ad arte e integrato abilmente al territorio circostante) Girardin aveva fatto costruire una piccola isola, chiamata Isola dei Cigni, che con la morte del filosofo ginevrino si trasformò per sempre nell’Isola dei Pioppi. Dal momento memorabile del 4 luglio 1778 in poi, quando, alla mezzanotte, una piccola barchetta portò i resti di Jean-Jacques sull’isolotto, la piccola isola artificiale divenne non soltanto il centro di Ermenonville, ma una delle attrazioni centrali del turismo sentimentale tout court (Cfr. Michael Jakob, Di ritorno a Ermenonville, Tarara’ Edizioni, Verbania 2015). In un primo tempo i visitatori prendevano una barca per attraversare i pochi metri che separavano l’isola dalla riva e, una volta arrivati davanti alla tomba, meditavano, pregavano, toccavano il monumento, insomma, soccombevano al culto smisurato dell’“uomo della natura”.

 

Confrontato a peregrinaggi sempre più frequenti, il Marchese decise di interrompere la breve escursione all’isolotto, con la conseguenza che i visitatori iniziarono a entrare in contatto con il loro idolo sedendosi in faccia all’isola su una panchina (chiamata la “panchina delle madri di famiglia”, e che, il va sans dire, portava incisa una iscrizione tratta dall’Émile di Rousseau). Recarsi a Ermenonville e “fare visita” a Rousseau rappresentò dal 1778 fino alla metà dell’Ottocento una tappa essenziale nella formazione etico-estetica delle generazioni successive. Giovani e vecchi, rivoluzionari e antirivoluzionari, Maria Antonietta e Napoleone, storici e fanatici di ogni genere fecero il viaggio iniziatico-pedagogico a Ermenonville. 

L’isola dei Pioppi funzionava come un sistema all’apparenza semplice. Situata utilmente nell’asse della panchina già menzionata, la superficie verde era occupata da un filare di pioppi (una specie mitologicamente legata alla morte) e da un primo monumento funebre, rimpiazzato più tardi da una seconda tomba più ambiziosa. L’evento maggiore nella carriera dell’isola fu lo spostamento delle ceneri di Rousseau al Panthéon, nel 1794, nonché l’abbandono definitivo del giardino da parte del Marchese, schifato dal terrore rivoluzionario e dai vandali senza rispetto per la sua opera.

 

 

Dal 1794 in poi l’Isola dei Pioppi contiene quindi una tomba vuota, un’assenza che spiega in parte la fortuna successiva del topos. Il dispositivo svuotato dal suo “oggetto” di maggior pregio, cioè il corpo di Rousseau – una negatività che poteva essere letta anche come il fallimento del rinnovo radicale della società promessa dalla Rivoluzione – provocò altrove la nascita di una serie di “Isole Rousseau” come simboli parlanti delle aspirazioni del grande filosofo. (L’isola si addice perfettamente a Rousseau, poiché il suo sviluppo filosofico e personale lo porteranno in fin dei conti, come ha osservato già Deleuze, a pensarsi come una isola deserta.)

 

Certo, l’isola di Ermenonville cominciò a “spostarsi” ben prima delle scosse rivoluzionarie. Una prima tappa significativa avvenne a Wörlitz, nel primo e a lungo più celebre giardino paesaggistico della Germania. La storia di Wörlitz comincia verso il 1765, dopo una visita del duca Leopoldo III di Anhalt-Dessau in Gran Bretagna. Partendo dal modello anglosassone e dalla moda del giardino pittoresco in auge, insieme all’architetto Erdmannsdorff, Leopoldo realizzò durante quasi 40 anni un’opera di grande complessità, dove accanto a templi di vario genere, un labirinto, un finto Vesuvio e una simil-sinagoga ben 17 ponti raccontavano la storia di quest’oggetto architettonico. Quattro anni dopo la scomparsa di Rousseau, nel 1782, Leopoldo ordinò la realizzazione della “sua” Isola Rousseau.

 

L’isoletta esiste per fortuna ancora ai nostri giorni all’interno di un complesso particolarmente ben conservato. L’isolotto di Wörlitz possiede varie caratteristiche degne di attenzione. Posto all’entrata della tenuta, rappresenta l’incipit di una passeggiata culturale che collega l’intero programma alla luce della filosofia di Rousseau. Appropriandosi dell’isola, dell’urna e del significante “Rousseau”, Leopoldo conferisce al suo tentativo illuministico una tonalità rousseauiana. L’aver simbolicamente trasposto il filosofo svizzero (morto in Francia) a Wörlitz indica nel contempo la volontà di continuare qui, in Germania, l’opera del grande ginevrino. L’architetto e il suo datore di lavoro hanno riprodotto l’isola di Ermenonville in modo strutturalmente corretto, cioè rispettando il fatto che gli spettatori si ritrovino separati dal loro oggetto del desiderio. Come nel grande giardino a nord di Parigi, anche qui i cultori di Jean-Jacques lo “incontravano” a distanza, una separazione fisica che rinforzava l’aura del celebre defunto.   

 

 

In quanto copia fedele spostata in un contesto diverso, l’isola Rousseau dimostra di essere ben più che il solito topos o la solita fabrique. Per rendersi conto del vero significato di “Rousseau”, cioè di tutto ciò che il nome diventato concetto comportava in quegli anni, va ricordato che Leopoldo intese il suo progetto paesaggistico come una specie di opera d’arte totale che includesse aspetti sociali come migliori condizioni di lavoro, l’applicazione di metodi scientifici nell’agricoltura, nonché un vero e proprio programma di educazione estetica. Un altro modo per spiegare la centralità di Rousseau nel contesto culturale della Germania illuminista è compiere un piccolo détour verso l’opera del più grande poeta tedesco, Friedrich Hölderlin. Il poeta di Tubinga parte già in un testo giovanile del 1789, An die Ruhe, dall’immagine di Rousseau, e dice nell’ultima strofa:

 

Denn sieh, es wallt der Enkel zu seinem Grab, 

   Voll hohen Schauers, wie zu des Weisen Grab, 

      Des Herrlichen, der, von der Pappel 

         Säuseln umweht, auf der Insel schlummert. 

 

 

Nel suo romanzo Iperione e nel suo grande inno al fiume Reno (Rheinhymne), Rousseau ha un ruolo centrale poiché permette di pensare l’antagonismo, fondamentale per la generazione di Hölderlin, tra azione (rivoluzionaria) e politica da una parte, e contemplazione attiva dall’altra. Il Rousseau di Hölderlin, che include anche la Nuova Eloisa e, soprattutto, Les Rêveries, dove nella quinta meditazione Jean-Jacques spiega il piacere esistenziale di trovarsi nel bel mezzo di un laghetto, mosso soltanto dalle onde, accarezzato dall’acqua (vedi i laghetti con le nostre isolette), è quindi in quegli anni una figura decisiva o meglio, Rousseau è il punto focale di un sistema di pensiero che riguarda la filosofia politica, l’esistenza, l’estetica e la Natura.

 

La fortuna dell’isola spostabile continuerà imperterrita portando alla creazione di varie altre isole Rousseau. Nell’importantissimo giardino Arkadia di Nieborow, vicino alla cittadina di Lowicz, in Polonia, incontriamo oltre a una miriade di fabriques di ogni genere e di simboli massonici un’ennesima isola dedicata a Rousseau. Anche qui la realizzazione pittoresca segue un iter ben delineato: nel 1778, l’anno della morte di Rousseau, la Principessa Helena Radziwill incarica una squadra, sotto la direzione dell’architetto Jan Piotr Norblin (Jean-Pierre Norblin), di dirottare il fiume Lupi, le cui acque saranno captate, nel 1781, in un laghetto artificiale. Dopo la realizzazione di una serie di costruzioni imponenti (delle cascate, un mulino, un bagno antico, un tempio di Diana, ecc.), nel 1789, Norblin costruisce una piccola isola con un sarcofago dedicata a Jean-Jacques. Mentre una gran parte delle follies di Arkadia sopravvivono fino ad oggi, l’isoletta scomparve con il tempo, come se non soltanto l’interesse per l’autore del Contratto sociale fosse svanito nell’Ottocento, ma anche la curiosità per la sua persona in generale. 

Questa storia si ripete anche nel celebre Tiergarten di Berlino.

 

 

L’antica tenuta di caccia degli Hohenzollern fu trasformata nel Settecento in un parco pubblico. Nel 1792, un momento di grande fervore rousseauiano, il giardiniere Justus Ehrenreich Sello creò un laghetto dotato della solita isoletta dedicata a Rousseau. Ubicata nella Neue Partie, questa attrazione recente del Tiergarten doveva rappresentare il “ritorno alla natura” incarnato dal filosofo ginevrino. Invece dei soliti pioppi, Sello scelse l’ontano come elemento vegetale ornamentale. Come a Arkadia, l’isolotto fu abbandonato nel corso dell’Ottocento quando altri interventi più ambiziosi indicarono le nuove vie dell’architettura del paesaggio in auge. Nel 1987 una colonna Rousseau fu installata nel Tiergarten, come se i tempi fossero di nuovo maturi per ritornare alla lezione di Jean-Jacques. 

 

La tappa (provvisoriamente?) finale di questa escursione porta in Scozia, e più precisamente nella zona collinare delle Pentlands. Qui il poeta e artista Ian Hamilton Finlay (1925-2006) ha creato un giardino di estrema sofisticazione. Little Sparta (questo il nome dell’opera che si oppone a Atene-Edimburgo) contiene quasi 300 oggetti: sculture, panchine, iscrizioni di ogni genere, steli, pali, modelli di nave, alveari in legno, e così via. Attraversare l’insieme esige una forma di attenzione massimale, poiché tutto è disseminato di elementi provenienti da diverse epoche e culture. Il “garden poem” realizzato dal bizzarro Finlay funziona in primo luogo come un grande intertesto: ovunque citazioni e allusioni collegano questo luogo solitario ad una miriade di referenti letterari, artistici, o architettonici. In una parte assai protetta della tenuta di quasi due ettari ci si imbatte nell’Isola dei Pioppi. L’isolotto è piccolo, quasi intimistico, come se volesse indicare che la relazione con Rousseau debba funzionare sulla base di piccoli gesti sofisticati (mentre le isole Rousseau del passato tendevano alla solennità monumentale).

 

 

Lì vicino, nell’erba alta, c’è una grande testa dorata di Apollo, con l’iscrizione “Apollon terroriste”. Su un albero, in bella vista, una citazione di Rousseau. A pochi passi da lì si legge: “See Poussin. Hear Lorrain.” Invece della solita urna o del sarcofago all’antica, Finlay ha scelto un monumento leggero con un’altra iscrizione. La pseudo-tomba di Rousseau a Little Sparta si trova in un angolo più lontano. Tutti questi interventi dimostrano come l’artista abbia essenzialmente lavorato per spostamenti o movimenti metaforici. L’isola Rousseau è la memoria del tragitto che ci ha portato, da Ermenonville e passando per varie altre tappe, fin qui, a Dunsyre. Finlay stesso, che amava farsi fotografare in una sua piccola barca, ha reincarnato la figura di Rousseau (e delle leggende a lui collegate) grazie a oggetti polisemici, come appunto l’Isola dei Pioppi. Rousseau rivive qui, ma anche nella parte della tenuta chiamata “Julie’s Garden”. L’Isola dei Pioppi è il piccolo centro decentrato (pensiamo alla centralità politicamente ancorata di Rousseau nel Panthéon parigino) di un luogo che propone infinite riletture del filosofo della “Natura”. Passeggiando a Little Sparta, vengono in mente anche la passione sconfinata di Rousseau per la botanica, oppure, di nuovo e collegato con l’acqua lacustre, il culto della propria solitudine come chiave per riconciliarsi col mondo.

 

Per fortuna, tutti i luoghi menzionati sono ancora visitabili. Ermenonville, ridotto della metà durante gli anni, contiene ancora in buono stato l’Isola dei Pioppi. Wörlitz è in condizioni di conservazione eccellente. (Un’isola Rousseau meno conosciuta sopravvive non lontano, nello Grande Stagno dello Schlosspark di Gotha, altre nei parchi paesaggistici di Althaldensleben-Hundisburg e Herrnsheim.) Arkadia e il Tiergarten, benché privi ormai delle loro “isole Rousseau”, rimangono giardini di grandissimo interesse storico. Little Sparta (a Dunsyre) è un parco accessibile tutto l’anno e, col tempo, diventa sempre più bello. Con o senza Rousseau.

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