L’opera chiara / Lacan, la scienza, la filosofia

6 Giugno 2019

L’opera chiara, testo scritto da Jean-Claude Milner nel 1995 e ora tradotto in italiano presso Orthotes (Salerno, 2019, p. 184), si inserisce perfettamente nella letteratura sulla psicoanalisi lacaniana e, al tempo stesso, procede per vie traverse. Alcuni contenuti assiomatici, diventati enunciati celebri di Lacan, vengono accennati, accentuati, “per meglio far sentire il reale della matrice ritmica” in cui viene ad articolarsi il suo pensare. La procedura è, letteralmente, matematica. E la matrice è costituita dalla materialità stessa del pensiero, dalle sue figure: oggetti che si urtano, contro cui si sbatte la testa, letteralmente, all’insegna di quello che viene definito materialismo discorsivo.

Nessun chiarimento, nessuna spiegazione. Se Milner parte dalle proposizioni lacaniane non è per scavarne l’interno e portarle a nuova luce, rendendole più o meno chiare alla lettura. A questo riguardo, nelle pagine dell’Introduzione al testo, viene esplicitato l’intento della suddetta chiarificazione, quella sostenuta dal titolo appunto – opera chiara. L’operazione, né di chiarimento né di depurazione dalle torbidità del pensiero, si rivela essere una messa in evidenza, un dichiarare la consistenza stessa del pensare sotto la luce di un timbro singolare – quello di Lacan in questo caso – visto e sentito chiaramente. 

 

C’è del pensiero in Lacan. Assioma sostenuto da Milner senza entrare nel merito delle polemiche in corso contro il lacanismo, contro lo stesso Lacan (tacciato di non-pensiero o di oscurantismo). Lo scavo non parte internamente ai contenuti di pensiero ma sui suoi bordi. I contorni di un pensiero sono messi in rilievo quando urtano distintamente altre modalità, più o meno classiche, del pensare – archeologica, antistoricista, linguistica, strutturale, matematizzante, letteralizzante – con le quali si stabilisce un sistema di vicinanza per modificazione reciproca. “Così fanno i fiumi e le città, materialmente organizzate dagli ostacoli che le stringono e le ignorano”. Milner scandaglia l’effettività di questi incontri, anche nelle loro instabilità, poiché considerando “la presenza dei corpi vicini” si ricava “la forma dello spazio in cui si trova l’oggetto”. Questo pensiero è insistenza; insiste in tutto quel corpo proposizionale (scritto e trascritto) che andrà a comporsi nel dispositivo, unitario e organico, delle pubblicazioni, trovando così la propria inscrizione “nel campo funebre della cultura”. L’insistenza non si esaurisce né si compie pienamente all’insegna dell’opera, i suoi lembi procedono per altra via, quella del calcolo matematico, al limite della cultura propriamente detta. Ecco che Milner scavalca, mette tra parentesi, la questione dell’opera lacaniana per entrare nel vivo della mathesis, sistema di notazione posizionale che si effettua tramite assemblaggi letterali a partire da operatori minimi di calcolo (la lettera appunto o mathema – a cui potrà essere assegnato, eventualmente, un valore numerico qualunque). Nel suo fare uso del gesto matematico in psicoanalisi per argomentare e indagare i concetti, nelle sue modalità logiche di calcolo attraverso formule, proprietà topologiche, teoria degli insiemi e dei nodi, Lacan mostra la “sostanza stessa della matematicità”: l’istanza della lettera che, nel suo funzionamento matematico, nient’altro è che posizionamento all’interno dello strutturarsi del discorso di cui è effetto, sempre spostabile, trasmissibile. 

 

 

Sulla questione del posizionamento si inserisce, inevitabilmente, anche quella fondamentale “dell’emergenza del soggetto” che va ad accordarsi al quadro dottrinale della scienza moderna, poiché essa determina un modo di costituzione del soggetto stesso – anche di quello su cui opera la psicoanalisi. Ecco un incontro di incidenza su cui Milner sosta a più riprese: i bordi del pensiero di Lacan si mostrano urtandosi con quelli della scienza moderna. In primo luogo, il soggetto è un’emergenza, letteralmente, nel senso che si effettua nello strutturarsi stesso del discorso; in secondo luogo si presenta un “soggetto qualunque”, com’è il soggetto dell’inconscio, “senza qualità” che gli siano proprie – in particolar modo quella di essere cosciente – se non come effetto del suo prendere posto nel discorso (si parlerà allora di proprietà topologiche di superficie). “Soggetto senza proprietà”, significa questo: non c’è appropriazione, nemmeno del suo posizionamento. Il soggetto dell’inconscio (l’insistenza di un pensiero senza qualità) occupa un posto in quanto contingenza, per questo, al di là della logica dell’occupazione, si ritrova sempre dislocato, spostato rispetto a se stesso. Quello psicoanalitico, mostra Milner, si accorda allora al “soggetto della scienza moderna, al suo dottrinale”. Ben lungi dall’essere un soggetto dimostrato come essere necessario, eterno: “il soggetto sul quale opera la psicoanalisi, in quanto correlato della scienza moderna, è un correlato del contingente”. A essere matematizzati con i loro decorsi, a essere colti nella loro differenza, sono i corpi, né eterni né perfetti, ma eterogenei e molteplici, contingenti. Così la matematica stessa cessa di essere legata all’eterno, alla legge del Medesimo. Questo – argomenta Milner – sarebbe il dispositivo della scienza in cui si inscrive Lacan: l’emergenza del soggetto in quanto effetto (il quale non sarebbe il lanciatore cosciente dei dadi ma l’effetto stesso del loro lancio), nient’altro che la necessità di una contingenza. Il soggetto inconscio è posto nell’universo, nel campo topologico di effettuazione, rispetto alla volontà della coscienza di porsi fuori dal mondo; per questo l’inconscio non è tanto ascrivibile a proprietà del soggetto quanto un modo di dirsi immanente alla vita, senza superiorità, senza appropriazione. Il dottrinale della scienza si accorda così al soggetto dell’inconscio, indicato dalla psicoanalisi, la quale, in questo senso, lo può matematizzare. 

 

Le modalità di analisi strutturale entrano in gioco in questa tensione. “Lacan è una figura dello strutturalismo”, un altro incontro indagato e preso sul serio da Milner. Strutturalismo designa la teoria che riconduce le relazioni minimali di un sistema alla differenza. Un sistema minimale può essere indicato come “sistema qualunque” estendibile a tutti i campi (non solo quello della lingua) i cui oggetti siano analizzabili, appunto, secondo relazioni di differenza e non attraverso somiglianze di proprietà. Soggetti e proprietà emergono come effetto in questo strutturarsi. L’analisi strutturale non fonde gli eterogenei e non ne consente un passaggio lineare, mette in evidenza un funzionamento in copresenza. Strano rapporto di intimità che mantiene, viva e strutturante, la differenza stessa. 

 

Il testo di Milner prende in considerazione la rottura tra ordini eterogenei: quello tra soggetto-oggetto, scritto-parlato, theoria-praxis, episteme antica-scienza moderna, psicoanalisi-filosofia, evidenziandone la mutua esclusione e, al tempo stesso, il loro definirsi mediante questa stessa esclusione. La spaccatura tra questi ordini è evidente, tuttavia non si tratta di una semplice opposizione ma, per l’appunto, di una “intima relazione di mutua esclusione”, come quella messa a punto dal nodo borromeo che esemplifica il “modo di coesistenza” e di incontro dei tre ordini eterogenei: reale, simbolico, immaginario, letteralizzati in R, S, I. Il gesto matematico in Lacan rimane evidente ma, sottolinea Milner, dal maneggio delle lettere si passa al maneggiamento dei nodi. Il nodo, supporto della matematica, se ne esclude e, resistendo a una letteralizzazione integrale, diventa mostrazione di “piccole fabbricazioni”. Lacan mostra silenziosamente e instancabilmente i nodi, con una certa arte di manipolazione: “simultaneamente, la mano si chiude, un dito dopo l’altro, sulla materialità delle cordicelle”. Se Milner conclude sull’antinomia tra cordicelle e lettere, dire e mostrare, enunciabile e visibile non è per ricalcare la dicotomia wittgensteiniana e l’imposizione dell’uno quando l’altro fallisce, ma per rilanciare una modalità del pensare il limite tra ordini differenti e porre l’interrogazione sul come pensare questo stesso incontro problematico senza annullarne le differenze. Lacan si trova tra queste due posizioni. Per operare in questa direzione ecco che forse la mathesis, modo di procedere di una certa attività strutturalista – riprendendo le parole di Gilles Deleuze in Mathesis, scienza e filosofia – deve farsi incarnazione di un sapere, sapere della vita, arte vivente: manipolazione di lettere, manipolazione di cordicelle.

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