L’immaginazione di Culianu

1 Novembre 2011

Sono passati vent’anni dalla morte di Ioan Petru Culianu, storico delle idee e delle religioni, i cui studi, tanto apprezzati quanto discussi, hanno interessato un vasto pubblico. Nato nel 1950 in Romania, in seguito a una borsa di studio ottenne nel 1972 lo status di rifugiato politico in Italia, e dopo aver insegnato in Cattolica a Milano, divenne docente a Groningen (e cittadino olandese) per poi essere chiamato dal 1986 a Chicago da Mircea Eliade, il grande storico delle religioni che venerava come un maestro, pur essendone distante dal punto di vista metodologico (e politico, ma la questione è più complessa).

 

La tragica fine di Culianu è avvolta da una coltre di mistero: un’esecuzione da professionisti nell’ateneo americano in cui insegnava, che porta probabilmente la firma di appartenenti alla Securitate e di una convergenza tra estrema destra filo-guardista e fedeli del regime nazionalcomunista di Ceausescu, sulla quale lo studioso aveva lanciato i suoi taglienti e lucidissimi strali. Rimando alla recensione che Eco fece nel 1997 del libro Eros, Magic and the Murder of professor Culianu di Ted Anton.

Due giornate di studio, a Milano e a Torino, hanno recentemente ricordato il suo lavoro mentre il libro di Horia-Roman Patapievici Ultimul Culianu, in attesa di una traduzione italiana, ricostruisce la biografia intellettuale dello studioso.

A vent’anni dalla scomparsa appaiono diversi motivi del fascino e dell’importanza di un’attività che mostra continuità di temi e prospettive per subire un’impressionante accelerazione nell’ultima fase e un’apertura multidisciplinare estremamente attuale.

 

Eros e magia nel Rinascimento (ed. it. 1986) è uno straordinario affresco di storia delle idee su una costellazione rinascimentale, ma di derivazione antica e tardo antica, di scienze dell’immaginario in cui rientrano eros fantastico, arte della magia, memotecniche: eros è l’attrazione che mette in comunicazione soggetti e mondi diversi, in cui rientrano anche i viaggi dell’anima, le esperienze di estasi e di oltretomba, costantemente al centro degli studi di Culianu. Con una decisa attribuzione di importanza all’immagine e al potere visivo, esso è sempre phantastico: ogni desiderio è suscitato da ‘fantasmi’ e da essi appagato.

L’immaginazione, funzione di ritenere e produrre idee, è operante a livello antropologico e in modo costante nella storia: tracce di un’epoca si ritrovano nelle successive perché le idee, in virtù del loro carattere fantasmatico, si trasmettono in modo ricorrente. La trasmissione della tradizione, il cambiamento e l’innovazione, prevede passaggi attraverso un “filtro ermeneutico”, “una volontà selettiva e deformatrice” nella catena di ricezione che caratterizza ogni periodo.

 

Ciò che colpisce è l’insistenza sull’attualità dell’eros e sulla continuità degli aspetti poietici dell’immaginazione umana: la magia ha prodotto la scienza e una stessa matrice ideativa ha reso possibile la comunicazione a distanza, i trasporti rapidi, i viaggi interplanetari, idee ricorrenti che epoche differenti pensano e attualizzano in modi diversi. Così la stessa immaginazione creativa è alla base delle scienze fisiche, psicologiche e sociologiche moderne.

La magia in Giordano Bruno, scrive allora Culianu, è una scienza dell’immaginario: “metodo di controllo dell’individuo e delle masse basato su una profonda conoscenza delle pulsioni erotiche individuali e collettive”; essa prepara in termini morfologici la psicanalisi e anticipa la psicosociologia di massa, è scienza della comunicazione ante-litteram che ha a che fare con la gestione dell’economia degli affetti e del desiderio, un tema contemporaneo che dalla critica dell’ideologia alla riflessione sulla sur-modernità più recente parla dell’oggi. “Il mago del Rinascimento è sì psicoanalista e profeta, ma anticipa anche professioni moderne come quelle di capo delle relazioni pubbliche, propagandista, spia, uomo politico, censore, direttore dei mezzi di comunicazione di massa, agente pubblicitario: […] è il prototipo dei sistemi impersonali dei mass-media, della censura indiretta, della manipolazione globale e dei brain-trusts che esercitano il loro controllo occulto sulle masse”.

 

La produzione più recente dell’autore si sofferma sugli aspetti teorici e sulla cornice epistemologica: la ricerca comparatistica su sogni, visioni, estasi, che dallo sciamanesimo abbraccia le esperienze letterarie moderne, è solo un momento di una più ampia teoria della “trasmissione cognitiva” che spiega diffusione di idee e comportamenti simbolici. Se Eros e magia ha un sottotesto politico, in I viaggi dell’anima (ed. it. 1991) si avvertono gli effetti della raggiunta stabilità dello studioso in America, una nuova vita personale e una dimensione progettuale coronata dal successo, che si riflette nel coraggioso progetto di esplorazione degli universi mentali e di definizione di un’ontologia del loro spazio: “infinito perché non vi è limite al nostro immaginare sempre più spazio”.

 

Ogni transito nell’alterità e nell’ulteriorità – del passato, dell’oltretomba, della letteratura – è in definitiva un viaggio dell’immaginazione: segue le regola della intertestualità, l’interazione tra passato e presente, e della predisposizione mentale a plasmare ogni nuova esperienza sui modelli precedenti. Tale ermeneutica configura un modello complesso di trasmissione, che implica ripetizione e innovazione.

Coincidente con l’immaginale, la tradizione culturale è pensata in termini cognitivi come il risultato di un semplice insieme di norme tale da produrre, nelle menti umane e in un arco di tempo infinito, gli stessi risultati in base a una serie di ricombinazioni possibili: una “riconsiderazione attiva della tradizione” individuabile a partire da modelli matematici affini allo strutturalismo che spiega la persistenza di pratiche e credenze attraverso la porosità dei tempi.

 

Lettore onnivoro e attento alle scienze matematiche, fisiche e informatiche, pensate alla stregua di risorse dell’oltre-uomo nietzscheiano, Culianu ha dichiarato apertamente le premesse del suo lavoro in tanti passi nelle opere e anche su “Incognita”, la rivista che fondò e diresse dal 1990. Qui leggiamo che storia è la risultanza delle interazioni di sistemi di pensiero, che sono extratemporali, compiute dalle menti umane mediante processi che avvengono nel tempo. “Intersezioni sequenziali di sistemi che mostrano tre caratteristiche: 1) derivano un insieme di idee logiche di base; 2) esistono nella loro dimensione che non è la dimensione della storia; 3) sono attivate dalle menti umane in una sequenza imprevedibile. In breve i sistemi possono essere definiti come logici, sincronici e mentali allo stesso tempo”.

Lo studioso parla di quarta dimensione, con riferimenti che chiamano in causa Hinton, Lewis Carroll, Abbott, Borges, ma anche Wittgenstein, Toulmin e molti altri, e apre una pagina di storia delle idee che disgraziatamente spesso si è mischiata con l’occultismo e si è squalificata dal punto di vista scientifico. Ma la tesi è chiara: l’immaginazione coincide con l’iperspazio o quarta dimensione, nel quale valgono differenti e specifiche regole spazio-temporali.

 

Sarebbe un vero equivoco considerare l’autore come vittima fascino dall’ermetismo e della moda new age, a cui pure può essere ascritto un certo successo editoriale: c’è in lui una tensione scientista e sur-positivista, attenta alla cibernetica e all’informatica, che prendono l’aspetto di un neo-nietzscheanesimo tecnologico e futurista totalmente umano ed estraneo al sovrannaturale. Come molti studiosi dei modelli di tradizione e reiscrizione dei saperi, Culianu considerava la storiografia alla stregua dei viaggi ultraterreni che studiava: un attraversamento dell’alterità garantita dalla stessa funzione teoretica immaginativa che in alcuni momenti di storia è stata il veicolo di esperienza di alterità.

 

Culianu è un tassello importante della cultura contemporanea, e in particolare di quella scienza, la storia del sacro, che, originata da un approccio teologico e metafisico, è divenuta sociologica, psicologica e poi cognitiva, senza che questo significhi riduzionismo. É stato un intellettuale esule, urbano, sradicato che ha ritrovato se stesso negli stati Uniti, dopo un esilio doloroso. Come ha suggerito Moshe Idel, la sua vicenda personale, di fine millennio e negli anni ottanta americani, ha implicato una diversa nozione dello spazio e della società rispetto ai suoi maestri, Eliade tra tutti: da qui l’idea che la creatività sia data da differenti combinazioni di elementi basilari che ritornano in varie forme di interazione. Non si può non notare un progressivo allontanamento dall’umanesimo europeo classico da cui proveniva e che intendeva ripensare: in sintonia con l’influenza post-strutturalista di Foucault e di Derrida negli ambienti accademici nordamericani, Culianu ha attribuito priorità alla struttura, concependola capace di sovradeterminare la creatività umana. Difficile predire sviluppi gli futuri: il suo modello più recente era intriso di un ottimismo e di un’ambiziosa tensione al sapere assoluto che gli anni zero non conoscono.

 

Lo studioso è stato anche scrittore di racconti: unendo magia antica e rinascimentale, tradizione alchemica, fantascienza, scienza, immaginazione poetica, l’opera narrativa continua il lavoro dello studioso con mezzi solo apparentemente diversi.

Il rotolo diafano (ed. it. 2011) è un romanzo composto da tasselli analogici non isomorfi che rinviano agli altri in modo ricorsivo e che appartengono a una medesima ininterrotta meditazione, con i ricami eruditi di un sapere iniziatico che attraversa i secoli e mostra vie di conoscenza arcane.

 

Erede dei racconti di Borges e di Eliade, Culianu tocca tutte le corde della fiction per palati fini: coltissimo per i temi, sulfureo per l’ironia e il lucido disincanto politico, nell’incedere per suggestioni e allegorie mostra una scrittura magistrale. Visionaria, struggente e sottilmente inquietante, con il tratto melanconico del filologo dilaniato per aver perso mondi migliori e qualcosa che ha a che fare con l’individuazione, la razionalità e la segmentazione dello spazio-tempo. La conferma di come al centro del suo pensiero ci sia l’immaginazione: come vettore di esperienza del sacro e quindi come oggetto degli studi storici; come fattore antropologico di creatività umana, capace di attraversare la storia delle idee; come elemento di continuità tra studio storico e produzione letteraria.

 

Non parrà strano che Culianu sia anche un personaggio dei romanzi del connazionale Norman Manea, anch’egli esule e naturalizzato americano, ne Il ritorno dell’huligano e nel recente Il rifugio magico. Con la tristezza che si tratti degli unici posti in cui è possibile incontrarlo.

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