Promesse / Naoise Dolan, Tempi eccitanti

24 Dicembre 2020

«Dovevi fingere di essere triste se eri stata single per troppo tempo. Io detestavo farlo perché c’erano altre cose a rendermi davvero triste».

Quasi tutti hanno parlato di Naoise Dolan, brillante autrice di Tempi eccitanti (Atlantide edizioni, 2020, traduzione di Claudia Durastanti), come della nuova Sally Rooney (Parlarne tra amici e Persone normali, entrambi editi da Einaudi); se ogni scrittrice giovane deve essere la nuova di qualcun altro, si corre il rischio di sostituire, come succede in una libreria (o addirittura al supermercato), il prodotto nuovo a quello più vecchio, spostando a scaffale ciò che stava in bella vista, relegando chi era stato nuovo al destino vago dell’ordine alfabetico e poi del magazzino. Non è il caso di Rooney e speriamo non lo sia nemmeno di Dolan.

 

Non ho mai letto Sally Rooney, ma immagino sia stata anche lei la nuova di x o y, e tutte insieme saranno state la nuova Zadie Smith o il nuovo Nick Hornby, questa premessa per dire che quando ci troviamo davanti a una novità, e Tempi eccitanti lo è, dovremmo ogni tanto registrare l’avvenimento in sé, divertendoci nella lettura, senza ricorrere al paragone, che spesso è di comodo, qualche volta è sbagliato, ed è sempre ingombrante. In più Rooney e Dolan sono pure amiche; in una recente intervista concessa a Laura Pezzino (si legge su Rivista Studio), la giovane scrittrice ha proprio evidenziato il leggero fastidio di dover rispondere ogni volta a domande su Sally Rooney, proprio perché si tratta di una cara amica. Dolan ha scritto uno dei romanzi più piacevoli dell’anno, pieno di leggerezza e di profondità, raggiunta sovente attraverso dialoghi acuti e ai monologhi interiori di Ava – protagonista e voce narrante – ventiduenne di Dublino trasferitasi a Hong Kong.

 

«Avrei voluto dirgli che in una cornice in cui l’affetto suonava circospetto, l’ostentazione di un sentimento non poteva fare a meno di apparirmi ostile. Senti, gli avrei detto, è come la grammatica inglese. Non ha alcun senso ma è troppo tardi per cambiarla. Quando mi compri dei vestiti significa che vuoi accarezzarmi i capelli, quindi quando mi accarezzi i capelli per davvero, significa che vuoi che io mi trasferisca in Siberia e muoia».

I tempi sono i nostri, il romanzo è ambientato tra il 2016 e il 2017. Ava è comunista, femminista e vegana, a Hong Kong ci è arrivata, dopo la laurea, usando i soldi che aveva messo da parte per il suo fondo per l’aborto. Dolan è convincente quando usa i dialoghi di una festa, di una conversazione in un bar per infilarci questioni politicamente e socialmente rilevanti. 

 

La notizia del fondo per l’aborto ci viene comunicata con una battuta, ma il fatto che in Irlanda sia ancora necessario averne uno è un dato di fatto, mentre sorridiamo ci pensiamo e pensiamo al 2016 non al 1975. Ava insegna inglese ai figli dei ricchi che vivono a Hong Kong, non è pagata molto per quello che fa, divide un appartamento con altre due ragazze, fino all’incontro con Julian. Il libro è diviso in tre parti “Julian”, “Edith” e “Edith e Julian”. Julian è un banchiere inglese, giovane e brillante, ma pure freddo e distante. Diventano amici – se così si può dire – cominceranno ad andare a letto insieme e dopo poco Julian chiederà ad Ava di restare nel suo appartamento (pagato dalla banca, ovviamente) asettico, restando però a dormire nella camera degli ospiti.

 

 

Ava accetterà, rimanendo ospite fissa, anche quando Julian viaggerà per lavoro. Non sono amici e non sono fidanzati, ma si sostengono a vicenda, anche se non lo capiscono, non sempre lo sanno. Ava usa anche la carta di credito di Julian, lascia che sia sempre lui a offrire; nei lunghi dialoghi con sé stessa, o nelle bozze scritte sullo smartphone che poi cancella (o che comunque non spedisce), si domanda e, idealmente, chiede a Julian se sia una specie di mantenuta. In realtà è un rapporto molto più complesso, alla cui base insiste una forma quasi inafferrabile di comprensione, che è sfumata e, allo stesso tempo, molto solida. I dialoghi tra Ava e Julian sono particolarmente riusciti, scritti con ritmo e acume. I due sono brillanti, hanno senso dell’umorismo, sono taglienti l’una con l’altro e anche molto sinceri.

«Volevo spiegarlo a Edith: che tenere Julian per mano era come reggere il pass per un museo, e tenere per mano lei era come reggere una bomba a mano. Ma non aveva senso, neanche nella mia testa, e non ne avrebbe acquistato dicendolo ad alta voce. Del resto neanche lei voleva che ci tenessimo per mano, così non ne abbiamo mai parlato».

 

Ava è giovane, distante da casa, non lega particolarmente con i suoi colleghi, si pone continuamente domande su come è, su come dovrebbe comportarsi. Molto divertenti sono le parti in cui si vede con gli occhi degli altri, prevedendo un’azione che gli altri si aspettano, anticipando un commento di qualcuno se lei dovesse agire in un certo modo. Si sente inadeguata. Ava non ha ben chiaro il suo orientamento sessuale, è riflessiva, istintiva, diretta e confusa; è piena di ansie e dubbi, come tutti. Scandisce il tempo che passa attraverso la sovrapposizione dei pensieri e dei sentimenti, e poi guardando i tre puntini sul cellulare, qualcuno sta scrivendo, scorrendo le storie di Instagram. Poi Julian parte e arriva Edith. Edith è ricca, bella, emotiva, di lei si può essere amica, ci si può innamorare. Ecco la paura, Julian non può ferire, Edith sì. Julian pare non prestare ascolto, Edith sì.

 

«Attraverso l’arte della composizione riducevo la mia vita, ne bruciavo i grassi, archiviavo le asperità. Quel processo di editing mi faceva bandire a posteriori i momenti dolorosi, noiosi e irrilevanti che avevo attraversato».

Il romanzo è costruito sui sentimenti e sulla confusione che creano, sulla difficile definizione dell’orientamento sessuale, sulla necessità di dolcezza, sulla voglia di scappare. Dolan è brava, i tre personaggi sono credibili, così come è credibile lo scenario. I giovani sono più scaltri, più preparati, pronti all’avventura e al viaggio. Le paure però si somigliano tutte, cambia il modo di affrontarle. Tempi eccitanti diverte perché si parla di linguaggio, di tutte le situazioni ancora sospese sull’asse Londra – Dublino, dell’importanza del denaro, si parla di comunismo, di ideali, di alta finanza, di ecologia, ma anche di cosa dire per sfuggire all’imbarazzo, di chi baciare e quando, di sesso e di affettività. Tutto questo amplificato dallo scenario, tutto sommato, freddo di Hong Kong, dove c’è tutto e niente, dove tutto è possibile, dove non si dorme mai, dove tanti giovani americani e europei stanno lì tra banche, studi legali e cocktail.

 

«Cos’avrebbe dovuto fare Gesù, allora? Dato che essere crocifisso non è all’altezza». «Idealmente, avrebbe dovuto fondare una start-up».

Si tratta di un libro con cui si passano due o tre ore gradevoli, sorridendo, facendosi qualche domanda. Infine, invece di chiederci fin da oggi chi sarà la nuova Dolan, tra sei mesi o un anno, aspettiamo cosa e come scriverà in futuro, le premesse sono buone, perciò difficili da mantenere. 

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