Indicativo presente 3 / 1. Chi prende la parola?

6 Febbraio 2021

Samar, ora che con le file di banchi singoli il distanziamento carcerario è ancora più marcato, è tutta sola, al centro della classe. Non è in prima fila, perché non ha particolari problemi cognitivi, e non deve essere seguita dagli insegnanti di sostegno. Nemmeno è di quelle chiacchierone che vogliono intervenire sulla parola del prof una, tre, cinque volte all’ora, per dimostrare che loro sanno; di quegli egocentrici con la parlantina compulsiva, che ti fanno la domanda, e mentre cominci a rispondere si girano e continuano a parlare con altri tre, cinque compagni contemporaneamente, come un giapponese a Okinawa, che combatte contro soverchianti nemici sino alla morte, senza mollare la postazione da cui spara a raffica parole. No, Samar non è neanche una di quei due o tre che a inizio anno hanno come precisa strategia diventare i Jessie James della classe sconfitta dall’arroganza unionista dei prof, che cercano ogni ora ogni giorno di disgregare l’attenzione, il dialogo, qualsiasi ancoraggio a qualcosa che sia “fare qualcosa a scuola”. Samar sta a metà classe perché è di quelle studentesse che a inizio anno finiscono per caso al centro della mappa e che nessuno ha bisogno di spostare per il resto dell’anno. Educata, attenta, prende appunti; molto raramente alza la mano e attende che il tumulto si plachi per poter chiedere con la sua voce flebile «che significa questa parola»? Quando le chiedi di leggere un brano lo fa con la sua vocina, e costringe il tumulto o brusio sghignazzante a sedarsi, perché tutti la rispettano.

 

 

Samar ovviamente in “Didattica A Distanza”, nella primavera 2020, non parlava mai. Ma c’era sempre, il suo volto attento e diligente era puntuale a ogni videolezione sincrona, e a ogni verifica degli apprendimenti non eccelleva e non scarseggiava. Le classi prime nell’autunno 2020 hanno cominciato nella scuola delle mascherine, delle sedute obbligatorie, del non toccarsi, del non avvicinarsi, dell’igienizzarsi le mani dopo ogni contatto con ogni oggetto. È vero che la scuola è uno degli ambienti più sicuri, in questa pandemia; i ragazzi sono molto disciplinati, non tanto perché hanno paura di morire, ma perché gli abbiamo detto di fare così per proteggere i loro nonni, e i loro genitori, che se si infettano devono stare a casa e non possono più lavorare; molti di loro perdendo il guadagno per tutta la famiglia. Alla recente proposta di tamponi periodici per gli studenti i genitori hanno risposto in massa NO: hanno paura che i loro figli risultino positivi, hanno paura di ritrovarsi di nuovo chiusi in casa, tutti in casa, con tutti i figli, prigionieri come nella primavera 2020.

 

 

La responsabilità civile si è dimostrata molto scarsa, nel tempo della “seconda” e forse “terza ondata” del Covid-19, che c’è sempre stato dal novembre 2019, come certificano i dati scientifici: il virus non ha fatto alcuna ondata, è sempre in giro, muta per farsi più forte nella guerra in corso; è la nostra pazienza che va a ondate di insofferenza, orchestrate dai media e surfate dal Governo e dalle Regioni; perso l’eroismo spaventato e commosso degli inni fraternizzanti sui balconi, adesso siamo un po’ catatonici, un po’ zombiezzati, un po’ dimentichi e un po’ inferociti, e ce ne andiamo alla guerra con il virus protetti dalle mascherine ma vulnerabili nella tempra.

 

I ragazzi della scuola media, anche le seconde e le terze rientrate dopo una nuova segregazione domestica a fine 2020, mostrano i segni di questa deriva catatonica. Più che iperattivi per l’incaprettamento sono nervosissimi: le discussioni tra loro sono subito accanite, e si fa fatica a sviluppare le “competenze di cittadinanza”, che sarebbero, minimalmente, “prima parla lei e tu ascolti e poi parli tu e lei ascolta”. Venti ego imbavagliati (letteralmente) non ne possono più di stare zitti e le mitragliette sparano ricordi di infanzia, ricordi di scuola primaria, sentito dire su YouTube, bla bla bla.

Samar no. Sorride al centro della classe, e prende appunti. 

Io continuamente prendo ogni parola e la spacco con loro: come è fatta? Da dove viene questo pezzo? Dal latino? Dal greco? Questa parola viene dai germanici Longobardi; ogni narrazione ha lì causa-effetto-causa, ogni vicenda storica ha lì causa-effetto-causa, tutto è un loop che cambia forma ma non cambia dinamica, struttura; la natura è causa-effetto-causa, tutto cambia continuamente, ma la dinamica è sempre quella: il forte attacca il debole, e il debole combatte: a volte vince, a volte soccombe.

 

 

Colonialismi, imperialismi, predazioni, sopraffazioni, genocidi, deportazioni, sentirsi più civilizzati, sentirsi più forti. Ontogenesi e filogenesi. Hitler era un bullo. Attila era un bullo. Papa Leone non ha usato le armi ma lo spavento magico e forse casse piene d’oro. Churchill ha usato la V contro la svastica, e la tenacia contro la ferocia. Le rivoluzioni nascono dalla esasperazione, ma la vera rivoluzione è guardare la trave nel nostro occhio, e condonare la pagliuzza nell’occhio del compagno di classe; la vera rivoluzione è conoscere noi stessi, e darci le competenze per cambiarci fino a renderci amabili da noi stessi, per realizzare la Fratellanza.

Io non ho mai odiato la Didattica A Distanza. Ho sempre detto e scritto da maggio 2020, anche alla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, «non chiamiamola “a distanza”, perché la didattica digitale ci ha permesso la vicinanza quando non avevamo alternative». Nel luglio 2020 il Ministero ha scritto le Linee Guida per la Didattica Digitale Integrata: ha ascoltato voci – come quelle di Roberto Maragliano o Pier Cesare Rivoltella – che da decenni urlano nel deserto della disattenzione routinière che non possiamo più fare una scuola alienata dal presente, che ci ha messo onlife (Luciano Floridi) H24. Così ho fatto Didattica Digitale Integrata dal primo giorno di scuola in presenza 2020, e non smetterò MAI PIÙ. Ho fatto BYOD tutti i giorni: Bring Your Own Device: scaricate la versione digitale dei manuali scolastici, ascoltate le letture degli attori, scoprite gli audiolibri, guardatevi i clip, animate le mappe, ma, soprattutto, apprendete voi a fare il digitale. Classroom, Google Sites, Padlet, Storyboard.That… giocate a imparare, imparate facendo. Fate quello che siete bravi a fare, create, esprimetevi. 

 

Un giorno Samar arriva con un fumetto bellissimo: una pagina racconta Polifemo e Ulisse, un’altra Ulisse e le Sirene. Con la sua vocina mi dice all’orecchio che lei da tanti anni fa fumetti, le piacciono da morire. Così, quando insegno loro a fare fumetti utilizzando l’immensa library di Storyboard.That, lei arriva con sei tavole sul tema comandato: “Immagina te stessa nella Roma antica”. Lei si incarna nel socio di Bruto. Ci sono, cioè, Samar e Bruto in Senato! C’è Giulio Cesare prima tutto contento e gasato di fare il dittatore, solo nell’inquadratura, e nell’ultima tavola c’è Giulio Cesare a terra, insanguinato, che bisbiglia: “Anche tu, Samar…” e se guardate Samar ha il faccino triste, perché ha tradito, e il male è fatto. Così è la Storia. Cosa fatta capo ha.

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