Lucca Comics & Games 2016

6 Novembre 2016

A un anno esatto dal nostro primo reportage siamo tornati a Lucca Comics & Games, l'evento più importante in Italia dedicato al fumetto e al vasto universo dei prodotti d'intrattenimento che ruotano intorno a serialità e grandi franchise.

 

La manifestazione, giunta all'edizione del cinquantennale celebrato con la presenza di pesi massimi come l'indomito e intensissimo Frank Miller, continua a moltiplicare numeri e biglietti venduti e nel suo gigantismo ha ormai ampiamente superato il semplice confine di appuntamento rivolta agli appassionati: Lucca oggi è ormai tanto fenomeno di costume quanto ghiotta occasione per nuove opportunità di business da parte dei grossi gruppi multimediali, che sempre più investono in prodotti declinati su piattaforme differenti e rivolti a un pubblico assolutamente trasversale per gusto ed età. I numeri non mentono: parliamo di 271.208 biglietti strappati e di oltre 500.000 persone che hanno attraversato la città e i suoi allestimenti in soli 5 giorni con oltre 10.000 presenze per le iniziative legate al cinema dell'area Movie. Sono dati impressionanti e in tempi di campanilismi e conflitti consumatisi fra Milano e Torino intorno alle vecchie e future incarnazioni del\dei Saloni del libro, alcuni editori attivi tanto nel fumetto quanto nella narrativa si interrogano sull'opportunità di uno studio serio del modello Lucca da parte di associazioni di categoria e fondazioni affamate di pubblico e lettori. E questo riguarda in particolare i giovani, desiderati, inseguiti e forse troppo “immaginati” da editori e operatori che spesso finiscono per dipingerli con contorni vaghi e schemi ormai vecchi di decenni.

 

Se l'editoria di narrativa pare poco focalizzata nella ricerca di format di successo sui grandi eventi espositivi dedicati alla lettura, gli organizzatori della kermesse toscana da parte loro hanno studiato bene una realtà come il Salone del libro di Torino: in un mercato del fumetto che sempre più ha al centro alcuni protagonisti forti, è stato per la prima volta importata una nuova organizzazione degli stand per lo spazio principale di Piazza Napoleone con alcune grandi isole centrali per Big come BAO, Coconino, Rizzoli, Saldapress e spazi adiacenti per I medi e piccoli. Potrà sembrarvi un dettaglio, ma questa proiezione spaziale degli equilibri e della gerarchia fra chi in Italia pubblica fumetti e graphic novel riflette in modo molto chiaro ruoli e poteri all'interno di un mercato certamente in espansione dal punto di vista della produzione e della percezione pubblica del fenomeno fumetto.

 

 

Nella terra dei figli

 

Lo scorso anno eravamo partiti da Gipi, protagonista assoluto del fumetto italiano contemporaneo, per intraprendere un percorso che, seguendo la paradossalità programmatica del grande autore pisano, aveva cortocircuitato il rinnovato status del fumetto a consumo culturale diffuso e condiviso con l'universo multiforme dei giochi di ruolo. Il caso vuole che questa nostra Lucca sia ripartita proprio da Gipi. Un anno dopo Bruti, il fumettista è tornato con il suo nuovo romanzo a fumetti: credo che questa denominazione sia la più precisa per definire intenzioni e forma di questo ritorno editoriale. In un incontro affollatissimo moderato da Roberto Recchioni, Gipi ha raccontato con il consueto understatement deragliante e guascone l'humus che sta alla base di La terra dei figli: questo volume cartonato, compatto e in rigoroso bianco e nero, è stato il frutto di alcuni a priori espressivi che hanno caratterizzato tutta la fase della sua gestazione. "Come autore ho deciso di suicidarmi" dice Gipi: basta autobiografia, basta raccontare "i cazzi miei", basta voce narrante, basta colore: dopo un matrimonio e un cambio radicale di stile di vita, Gipi si è ritrovato a suo dire per la prima volta finalmente felice. Da qui automatico è stato l'emergere di una nuova sfida per certi versi sconcertante: caso si può raccontare quando emerge di colpo e improvvisa la serenità? Di cosa di può scrivere se si è sempre stati abituati a fare dei propri conflitti interiori la benzina della propria creatività? Gipi si è dunque scoperto narratore puro, inventore di mondi e soprattutto architetto di narrazioni con un inizio, uno svolgimento e una fine.

 

 

La sfida dettata dalla voglia di misurarsi con la tradizione del racconto d'avventura e di formazione è alla base di un lavoro importante di cui sicuramente torneremo a parlare. Ovviamente Gipi ci tiene a sottolineare quanto il libro sia anche debitore delle sue ossessioni politiche e sentirlo parlare di come il video Gaia: il futuro della politica di Gianroberto Casaleggio sia stato fonte di ispirazione per il futuro post apocalittico del libro, così come per il culto religioso che ha un ruolo non secondario nella storia, è stato sicuramente divertente e pienamente in linea con il Gipi che sui social media ingaggia, con ironia e un buon grado di ossessività, confronti con le tante forme di oltranzismo che dilagano nel web 2.0. Rimane una sensazione però, quest'anno come l'anno scorso. L'eccezionalità di Gipi, ciò che ne fa uno dei pochi autori contemporanei che spiccano in un mercato che sforna 10 libri "indimenticabili" al mese, è la sua capacità di confrontarsi alla pari con alcuni grandi maestri del passato: come Andrea Pazienza anche Gipi è un irregolare per il quale le categorie dell'alto e del basso non hanno senso di esistere. Dietro una coltre di parolacce, ammiccamenti al web, riduzione a schemi semplici e regole, Gipi lavora sulla sedimentazione, dissimula la profondità del proprio sguardo in tic e piccole manie. Consapevole di essere desiderato in quanto personaggio, Gipi accontenta il proprio pubblico ma al contempo continua a seminare tanti indizi che aprono porte verso percorsi intricati e profondi nella sua creatività e nella sua opera. Il Gipi autore che voleva farsi amare dal pubblico si sarà anche suicidato ma c'è tanta finezza psicologica ed emotiva nel libro, di una precisione che non può che arrivare da una esplorazione profonda dei propri fantasmi. Ci sarà poi la scoperta più o meno inconsapevole di aver scritto una "storia con la trama" o l'impulso irrefrenabile a sbeffeggiare il guru di turno, ma ci sono anche ossessioni letterarie alte che tornano e che sono il motore della storia tanto quanto le discutibili profezie del fondatore del Movimento 5 stelle. Tutto questo è evidente nel momento in cui Gipi smette la maschera del comunicatore e si concentra nel descrivere la mole di lavoro e le mille difficoltà che ha dovuto affrontare nel rinunciare al colore e all'acquerello perché "non ci metto un cazzo a fare quelle cose", per lavorare con il semplice tratto nero sul bianco della carta. Partire dalla semplicità per porsi la sfida più alta come artisti e come uomini, partire dalle basi della narrazione per misurarsi con le potenzialità e le responsabilità di chi ha in mano le chiavi del linguaggio e con esse governa la rappresentazione e la narrazione del mondo.

 

 

La rabbia come bene comune

 

Altro grande protagonista di Lucca è stato certamente Zerocalcare. Star sempre più suo malgrado, il fumettista di Rebibbia ha curato il bel poster celebrativo dei 50 anni della manifestazione ed è stato anche oggetto di una mostra a Palazzo Ducale. Ma lo Zerocalcare che ci interessa qui non è quello delle vendite record e delle maratone di "disegnetti", e abbiamo la sensazione che quel personaggio interessi sempre meno anche alla sua identità segreta Michele Rech.

 

 

Lo Zerocalcare di cui vogliamo parlare è quello che nel pomeriggio di domenica ha partecipato insieme a tanti altri autori alla presentazione de La rabbia, antologia da poco uscita per Einaudi – Stile libero e curata da Valerio Bindi e Luca Raffaelli. Curioso oggetto editoriale, "La rabbia" nasce con il pretesto di celebrare i 20 anni dall'uscita di Gioventù cannibale, antologia curata da Daniele Brolli che a metà anni '90 segnò un momento estremamente fertile dell'allora nuova narrativa italiana chiamando a raccolta scrittori come Niccolò Ammaniti e Aldo Nove. Dove andare nel 2016 per ritrovare quell'urgenza e quella radicalità espressiva? Luca Raffaelli ne è certo: oggi in Italia la forma artistica che più può darci il polso del presente del nostro paese è il fumetto. È in questo ambito che si celano le voci di coloro che, mescolando parola e segno grafico, scandagliano il cuore nero di una generazione. Interessante però che il collante fra gli autori presenti nel libro non sia un genere o uno stile. A prescindere dal tema dato, ciò che unisce questo gruppo è il contesto in cui questi autori sono nati, cresciuti o più volte transitati ovvero il Crack!, il festival happening del fumetto del Forte Prenestino di Roma. Giusto dunque che la presentazione del libro, con il benestare di Einaudi, sia stata fatta non nelle stanze e nei palazzi del potere fumettistico lucchese ma al BORDA Fest, vetrina e luogo di ritrovo off di Lucca per il fumetto indipendente e autoprodotto. In un contesto di fatto legato a un antagonismo tanto politico quanto artistico, Zerocalcare senza peli sulla lingua ha detto che "Dopo 3 giorni che me ne sto piegato a fare disegnetti in questo posto assurdo, finalmente ora mi sento a casa". Felicità e paradosso di chi si ritrova voce di una generazione, costretto a vendere libri anche a giovani fascistelli che in mezzo ai ragazzi del BORDA non ci si ritroverebbero se non per una rissa. Nella presentazione dell'antologia sono state centrali le parole di Bindi, mente e motore del Crack!, che ha ribadito in modo semplice e diretto un concetto chiave: ogni forma di narrazione è legata a un sistema di produzione e una sfida come quella de La rabbia sta nello sperimentare una modalità diversa all'interno del grande sistema editoriale. Perché dietro le possibili contraddizioni nascoste nel conciliare antagonismo e Mondazzoli c'è il sorriso sul volto di chi può dire "Non siamo stati noi ad andare da Einaudi, sono loro che sono venuti a cercarci. Sono loro che hanno bisogno di noi". Bellissimo da questo punto di vista l'intervento di Vincenzo Filosa: talento veramente unico del nuovo fumetto italiano (che abbiamo già avuto il piacere di intervistare, Vincenzo ha rivendicato con forza un simbolo che è riportato all'interno del volume: quello della licenza Creative Commons. La rabbia sarà anche stampato in decine di migliaia di copie, avrà anche un prezzo fissato di copertina e troverà la propria strada nei percorsi tradizionali della distribuzione, ma tutte le sue pagine sono svincolate in modo totale dal diritto d'autore, secondo la modalità per la quale “When we share, everyone wins”. È un dato molto forte questo, un esperimento e una sfida che un gruppo di fumettisti ha voluto porre ad un colosso editoriale per portarlo sulla strada di una modalità di diffusione e produzione che è certamente più affine all'universo del fumetto alternativo e autoprodotto. Quella dei ventenni sarà anche una generazione disillusa e chiusa in se stessa, ma un progetto come La rabbia dimostra come oggi si possa fare politica anche e soprattutto partendo dalle modalità di produzione del proprio mezzo espressivo: a un fumettista non si può chiedere una riforma costituzionale, ma questi artisti possono sicuramente prendere in mano gli strumenti di produzione e diffusione delle loro storie. Un gesto politico concreto e diretto che non delega ad altri la responsabilità delle ricadute materiali della propria creatività. Paradossalmente in un'operazione come questa il valore artistico dell'antologia in sé è un elemento di secondo piano: ciò detto al suo interno ci sono prove notevolissime (il già citato Filosa su testi di Giusy Noce, Ratigher, Bambi Kramer) e risultati forse meno riusciti e più autoreferenziali, che però rientrano pienamente nel desiderio di curatori e autori di condividere il proprio mondo con un pubblico che dell'autoproduzione non conosce nulla e che ha acquistato il volume magari perché riporta in copertina nome e disegnetto di Zerocalcare. E Michele Rech, che racconta nel libro proprio il peso del conciliare antagonismo e mercato, crediamo che oggi aderisca a questo progetto molto di più che alle sue leggendarie sessioni record di dediche.

 

 

“Abbiamo un piano”: la nuove sfide dell'editoria di progetto

 

Fare politica culturale attraverso il proprio progetto editoriale. Questo pare essere il filo conduttore di tre realtà che abbiamo già avuto modo di apprezzare in passato e che sono arrivate a Lucca quest'anno rilanciando la propria scommessa sul mercato. I torinesi di Eris sono nati in seno ad un contesto legato all'autoproduzione non molto lontano dal BORDA, dal quale si sono staccati per diventare editori nel senso pieno del termine, pur senza rinunciare alle proprie convinzioni anche politiche. Da qui dunque la scelta del Creative Commons e una pianificazione delle uscite che ha permesso di sedimentare un'identità editoriale che dopo pochissimi anni è oggi pienamente riconoscibile nel panorama del fumetto italiano di qualità. Mescolando progetti italiani sviluppati a stretto contatto con gli autori (dal surreale “Rufolo” di Fabio Tonetto al successo di “Itero perpetuo” di Adam Tempresta) con l'edizione italiana di opere internazionali di alto profilo, Eris ha portato molte delle istanze de La rabbia anche dentro Piazza Napoleone, sede degli stand degli editori che macinano numeri e grandi autori.

 

 

 

Lucca è stata anche l'occasione per l'uscita pubblica nella nuova fase intrapresa dai bolognesi di Canicola. Editori "di progetto" fin dalle origini, Chieregato e Cupido hanno deciso di dare una nuova continuità alle proprie uscite e, complice il successo di libri come Viaggio a Tokyo di Filosa, hanno stabilito di affidare il frutto del proprio lavoro di Accademia del nuovo fumetto italiano d'autore e di qualità ai canali della distribuzione di Messaggerie. Una sfida non da poco per un editore che non può contare su ingenti risorse economiche o titoli blockbuster. Ma in un momento in cui le librerie sono inondate di graphic novel di giovani esordienti, il lavoro certosino di editing e sviluppo dei libri fatto da realtà come Canicola merita di arrivare sugli scaffali delle librerie di tutta Italia per competere con i tanti e forse troppi titoli "generazionali" che stanno contribuendo a rendere il graphic novel uno sbocco inflazionato e involontariamente obbligato per tanti giovani fumettisti del nostro paese. Libri come Amore di lontano di Martoz e L'ultimo paese di Federico Manzone evidenziano come, con un grande lavoro di editing e una buona dose di sfrontatezza, si possa mettere a disposizione del grande pubblico una proposta di qualità che nasce in contesti produttivi “diversi” non necessariamente mossi da logiche di mercato e di marketing. Terza e ultima realtà che ci fa piacere raccontare è quella di Diabolo: costola italiano di un grande editore spagnolo, Diabolo oggi è pienamente nelle mani del suo editor italiano Riccardo Zanini, che ha assorbito in questo nuovo assetto della casa editrice Elisabetta Tramacere e il gruppo di lavoro formato da Francesca Martucci e Elisabetta Sedda già in forze in quella che è stata una bella stagione della divisione Lizard del marchio Rizzoli. Diabolo riparte da Lucca con Mezolith, proposta pop di alto profilo cui seguirà un volume in uscita in occasione di Bilbolbul. Editoria di progetto ancora, che, lavorando sui margini lasciati dai grossi editori, mette in campo know how e cura nei libri per ripensare e rilanciare il futuro di questo mercato. Non possiamo che auguragli il meglio e rimandiamo l'appuntamento con queste 3 dinamiche realtà alla prossima Lucca per fare un bilancio di sogni, risultati, delusioni e avventure.

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