Asini, cardi e Carducci

11 Gennaio 2014

Non li so coltivare né cucinare (quelli di mia suocera, cotti nel latte, erano buonissimi!). Così, in un angolo dell’orto, tutte le estati lascio fiorire il mio cardo gigante: una grande Menorah verde dai ceri violetti che s’innalza oltre i due metri a recitare il suo ringraziamento. Le grandi foglie grigio-argentee costolute, incise e pungenti, avvolgono un fusto legnoso che dirama in bracci con al vertice capolini squamati che allogano piccoli fiori tubolari, spiumii rossoblu.

 

 

Onopordum (pare infatti che ai golosi onagri provochino turbolenze intestinali) è il nome scientifico e sonoro di alcune varietà. Ma meglio non infilarsi nel ginepraio dei nomi di queste erbe aculeate, cugine del carciofo e pur esse commestibili: rimarremmo impigliati nelle spine di cardi, cirsi, carline, echinopi. Basti dire che sono tutte raccolte nella famiglia delle asteracee.


 

Dunque, per essere del tutto soddisfatta e adempiere alle richieste dell’etimo, dovrei avere in giardino anche un asino, il mio animale totem (perché, come ben dice Elsa Morante nella Storia, i ragli dei somari «sembrano accusare al silenzio il dolore totale del cosmo»). Così, darei vita anche a un quadretto poetico che non mi esce dalla mente da quando, una provvidenziale insegnante di scuola media, mi obbligò a mandare a memoria Davanti a San Guido di Giosuè Carducci:

 

Ansimando fuggìa la vaporiera
mentr’io così piangeva entro il mio cuore;
e di polledri una leggiadra schiera
annitrendo correa lieta al rumore.
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
rosso e turchino, non si scomodò:
tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
e a brucar serio e lento seguitò.

 

Sarà per i cipressi parlanti, per la maestosa cimiteriale visione della nonna Lucia («alta, solenne, vestita di nero») e, più ancora, per il finale eticamente appropriato che riscatta l’asino da un confronto impari e irragionevole con il più blasonato cavallo, questa poesia – tra le poche memorabili del poeta versiliese – merita d’essere ricordata.

 

 

Certo, un asino in giardino sarebbe fonte di guai: non si limiterebbe a brucar cardi! Meglio, dunque, adottarne a distanza. Oppure, programmare una vacanza estiva a Campo Imperatore, dove cardi e asini conducono una saggia e tranquilla esistenza nel vasto piano coronato dalle cime del Gran Sasso e del Monte Camicia.

 

 

Qui, i cardi dominano in varietà e colori da manuale, e arricchiranno il vostro erbario fotografico. Ma, non confondeteli con l’eryngium ametisthynum, anch’esso pungente ma della famiglia delle Apiaceae: ruba la scena con le sue stelle blu. Potrete anche raccoglierne qualcuno da far seccare e conservare in casa: nei mesi invernali riporteranno il pensiero all’esteso altipiano e ai monti aguzzi, dove il camoscio d’Abruzzo saltabecca in branchi.

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