La fotografia di matrimonio come nuovo genere artistico

2 Maggio 2014

È noto, per lo meno da che la pop art ha fatto il suo ingresso nel mondo contemporaneo, che un barattolo di zuppa o la foto imbrattata di colore di una diva possono essere arte. Non è quindi la nobiltà del soggetto a decretare il carattere artistico dell’opera, né l’abilità sublime d’esecuzione, né l’originalità delle forme se, proprio in questi giorni, il Balloon Dog (Orange) di Jeff Koons è stato battuto da Christie’s per 58,4 milioni di dollari nonostante la sua forma (pur nei ragguardevoli quattro meri d’altezza) sia analoga a quella che chiunque di noi otterrebbe facilmente strozzando in più punti un palloncino gonfiabile. Tuttavia, a dispetto di questa disinvoltura nell’attribuire carattere artistico a questo o quel manufatto, pare resistere un incrollabile pregiudizio riguardo la foto di matrimonio. Si concede al massimo lo statuto di onesto professionista a chi ritrae spose troppo truccate, parenti istoriati come cofanetti Sperlari, bambine in scarpe di vernice e locations da sogno come ville Venete mal riscaldate, ristoranti ricavati nelle stalle di castelli, catering estivi in isole lagunari dove le zanzare attaccano i commensali come stormi della RAF. Insomma il Signor Fotografo, chiamato a immortalare l’evento, sembra destinato a non lasciare altra traccia di sé se non l’album écru dove verranno raccolti i suoi scatti migliori.


Invece, sfogliando il libro appena uscito del fotografo senese Carlo Carletti Fotografie di matrimoni (Marsilio, a cura di Denis Curti) mi si è aperto un mondo che non conoscevo e che forse pochi conoscono: quello della foto di matrimonio autoriale, che vanta associazioni, premi internazionali e una folta schiera di adepti spesso bravissimi, come Carletti, appunto. Se si visitano i numerosi siti dedicati, si trovano nomi come quelli di Morgan Lynn Razi, Matt Miller, Ryan Brenizer, Samm Blake, Ryan Joseph, Emin Kuliyev, Ashley and Jeremy Parsons, Sean Flanigan, Todd Hunter McGaw, Tyler Wirken, ecc., dietro ciascuno dei quali si annida un portfolio fantastico di scatti molto belli, tutti colti durante cerimonie e feste di nozze.


Nel mio caso, l’ignoranza è ancora più colpevole dato che ho studiato recentemente proprio delle foto di matrimonio, anche se la mia indagine verteva soprattutto sul trentennio 1960-1980 e su un corpus limitato di foto di matrimonio scattate in quegli anni a Bologna (“Le foto di matrimonio. Analisi di una trasformazione estetica e sociale a partire dagli anni Sessanta.”, in Foto di matrimonio e altri saggi, Bompiani, 2012). La mia analisi aveva messo in luce non tanto l’artisticità della foto di matrimonio quanto il passaggio, a cavallo degli anni Settanta, a una estetizzazione del matrimonio. Quest’ultimo, da festa famigliare e domestica, cominciava a diventare una sorta di evento teatrale; le persone non erano più sprovvedute davanti alla macchina fotografica ma si mettevano in posa sempre più sapientemente, in base a modelli di varia ispirazione. Insomma dalla foto di matrimonio come “rappresentazione della stirpe” (Pierre Bourdieu, La fotografia. Usi e funzioni sociali di un'arte media, Guaraldi, 2004)
 

ph. Giorgio Lombardi

si era passati alla foto che immortala un evento totalmente fantastico, extraquotidiano, che proietta tutti, e soprattutto la sposa, in un mondo ispirato al teatro, al cinema, ai matrimoni da rotocalco.


 

ph. Giorgio Lombardi

Il processo prosegue e approda alla “carnevalizzazione” odierna del matrimonio, dove ciò che conta è l’happening in sé, da fotografare illimitatamente con le macchine digitali e da commentare i giorni seguenti sui social networks. In questo scenario fantasmagorico e kitsch (molto più complesso di come possa apparire in questo riassunto), non rientrava in nessun modo la foto artistica di matrimonio, che invece, come si diceva, è emersa negli ultimi anni, soprattutto nei matrimoni più upperclass.  

 

Come dice Denis Curti nella sua interessante introduzione al libro di Carletti, va sottolineato, di questo autore, l’atto estetico che sta alla base delle sue intenzioni e che supera la pura espressione dei sentimenti, o il semplice intento di fissazione della memoria di un evento.

 

Forse anche in alcune delle feste di matrimonio da cui sono state tratte le foto di Carletti ci saranno stati talvolta comportamenti o ambientazioni sopra le righe, spose ispirate più da Vanity Fair che non dalle foto delle nonne. Ma l’opera di Carletti non è mai finalizzata, come per esempio quella di alcuni fotografi americani, a un’etnografia realistica e impietosa; né, per rimanere nel genere “foto artistiche di matrimonio”, a una documentazione della valenza festaiola ed erotizzata del matrimonio contemporaneo.

 

ph. Ryan Brenizer


Carletti conserva uno sguardo più europeo, calibrato, introspettivo, vorrei dire. Ci sono foto come Siena 2008 dove compaiono elementi molti eterogenei: cosa c’è di più prosaico di una estetista che regola le sopracciglia di una sposa in canottiera? Ma, in primissimo piano, questo neorealismo viene calibrato dalla piccola damigella con le braccia incrociate: pudore dell’immaginazione infantile riguardo la scena tutta futura e quasi dolorosa di un futuro dai contorni ancora troppo sconosciuti.

 

ph. Carlo Carletti, Siena 2008


In semiotica questo tipo di foto si definisce “mitica” e viene contrapposta alla foto cosiddetta “referenziale”, che pretende di essere testimonianza della realtà (cfr. Jean-Marie Floch, Forme dell’impronta. Cinque fotografie di Brandt, Cartier-Bresson, Doinseau, Stieglitz, Strand, Meltemi, 2003). La foto “mitica” dichiara invece la sua natura costruttiva, di discorso sulla realtà. Siena 2008 tesse, attraverso una bella immagine in bianco e nero, un discorso estremamente complesso, sull’intreccio fra realtà e immaginario nella vita di una donna in tutte le fasi della sua vita. Questo discorso, tenuto nel linguaggio fotografico, è fatto di figure ma anche di ritmi, di inquadratura, di composizione, di chiaroscuri: il significato della foto non sarebbe lo stesso se la bambina non fosse così in primo piano mettendo in ombra, cioè in secondo piano d’importanza, la figura prosaica della sposa; il significato della foto non sarebbe lo stesso se l’inquadratura non fosse obliqua, rinforzando l’idea dinamica dei diversi cicli della vita. Infine, anche le nostre conoscenze iconografiche (magari richiamate solo inconsciamente) influiscono sulla nostra lettura dell’immagine: se il gesto della piccola fosse meno virginale e meno simile a quello di tante madonne nell’atto di accogliere l’annuncio dell’arcangelo, non avremmo quel potente effetto di senso di timore e di pudore.

 


                                                                          
Quasi tutte le immagini di Carletti raccolte in questo libro sono ricche, con un contenuto complesso veicolato da organizzazioni formali e compositive precise. Vi sono anche citazioni tutte interne alla grande fotografia d’autore contemporanea, che Carletti manifestamente conosce molto bene. Per questo è senz’altro riduttivo elencare i temi ricorrenti nella raccolta, così come risultano da una mia personale interpretazione. E tuttavia penso possa essere utile farlo, per dare un’idea dello stile di questo fotografo.


1) La preparazione della sposa, ispirata a una poetica del retroscena. Il matrimonio è una grande ribalta spettacolare e quindi prevede un “dietro le quinte”, soprattutto per quanto riguarda la messa a punto della sua indiscussa protagonista:

 

ph. Carlo Carletti, Barberino Valdelsa 2007

2) Il ritiro della sposa, o della coppia, in una dimensione momentanea, privata, di riflessione e raccoglimento. Questo tema è ispirato da una poetica dell’interiorità, e qui l’opposizione è piuttosto fra il lato esibito e il lato intimo dell’avvenimento:

 

ph. Carlo Carletti, Fermo 2012 (a sinistra) e Venezia 2007 (a destra)


3) L’immersione dell’evento-matrimonio nello scenario urbano, con un contrasto (che è anche conciliazione) fra evento privato e sfondo collettivo. La vita della città continua a scorrere indifferente nel grande giorno degli sposi, ma viene annodata ad esso proprio dall’atto fotografico:


ph. Carlo Carletti, Roma 2009


4) Il tema della collettività festosa, nel suoi momenti dionisiaci, che collega tradizionalmente il matrimonio all’autocelebrazione del gruppo. Qui torna un motivo molto tradizionale, che esalta una valenza antropologica della festa di nozze (il banchetto come rito propiziatorio della fertilità):


ph. Carlo Carletti, Venezia Lido 2007


5) Il divertissement, cioè l’attimo in cui succede qualcosa di buffo e inaspettato, che rompe l’ufficialità della festa:


ph. Carlo Carletti, Greve in Chianti 2009


6) L’esaltazione della valenza estetica della sposa che si fa lei stessa monumento, inserita in un contesto architettonico di enorme fascino:


ph. Carlo Carletti, San Galgano


7) L’infanzia, colta nella sua estraneità partecipe, “sguardo altro” su un evento di cui non coglie appieno il significato ma solo la valenza gioiosa e festiva:


ph. Carlo Carletti, Siena 2000


8) Il gioco dei punti di vista. Raramente Carletti predilige, almeno in questa raccolta di fotografie, un punto di vista televisivo, ravvicinato, indagatorio. Spesso il soggetto, al contrario, è rappresentato in un gioco di riflessi, diaframmi e intercapedini che ne rendono difficoltosa la lettura:


ph. Carlo Carletti, Slovenia 2012


o da un’altezza e da una distanza tali da rimpicciolire l’evento per consegnarlo a una dimensione cosmica. È come se qui l’artista volesse trasporre il giorno delle nozze, nella sua eccezionalità gioiosa, su una scala diversa, con una poetica che definirei della relatività e caducità delle vicende umane:

 

ph. Carlo Carletti, Vicarello - Grosseto 2011


Il punto di vista prediletto da Carletti in questo caso è discreto, critico nel senso filosofico del termine, di filosofia cioè del limite, in quanto tende a limitare ovvero a circoscrivere le possibilità della conoscenza. L’occasione festosa per eccellenza, quella in cui oggi è tutto permesso, oltre ogni limite (a volte anche del buon gusto), è ritratta invece con una sensibilità che la restituisce alla sua natura di fatto umano singolare, extraquotidiano, legato al presente ma anche al futuro e all’eternità della specie. Se letto in questa chiave, un repertorio fotografico come quello di Carlo Carletti restituisce dignità e durabilità, se non altro estetica, a un evento, quello del matrimonio, oggi troppo spesso ridotto a uno spettacolo di serie b, con invitate velinizzate, spose pornosoft e frenesie da rave party formato famiglia.

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