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Verso Paradiso / Sulle orme di Dante: da Ravenna a Timisoara

26 Maggio 2021

L’ombrosa Zona dantesca (o Zona del Silenzio) attorno alla tomba del poeta e alla Basilica di San Francesco è diventata fin da subito il mio rifugio dal sole preferito durante le incantevoli visite a Ravenna.

Naturalmente la tomba stessa è una meraviglia, un simbolo degli omaggi al Sommo Poeta di cui ricorre quest’anno il settecentenario dalla morte. Soltanto guardare il piccolo giardino a destra del monumento mi riempie di pace. Essendo cresciuta in Romania e avendo poi vissuto più della metà della mia vita in Austria, i versi della Divina Commedia non mi erano familiari. Inutile dire che conoscevo il contenuto del capolavoro dantesco, ma non lo avevo mai studiato a scuola, come per esempio il Faust di Goethe o La stella della sera di Mihai Eminescu, un poema narrativo in 98 strofe – che mia madre conosceva interamente a memoria.

 

Così è stato proprio a Ravenna che è cominciato il mio viaggio di approfondimento nel lavoro di Dante, grazie a Marco Martinelli e Ermanna Montanari. La loro scelta di versi dalla Divina Commedia mi ha invogliato a leggerla per intero. Ho sempre temuto che senza una guida, non ci sarei riuscita. Ma Marco e Ermanna si sono dimostrati due guide perfette.

 

Vita… oscura… smarrita…

 

Con queste parole sussurrate da Ermanna nel 2017 davanti alla tomba di Dante, seguite dai famosi versi dell’Inferno

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

che la diritta via era smarrita

 

recitati dal coro formato da cittadini, ha avuto inizio il mio affascinante viaggio.

Avevo sentito parlare della Chiamata pubblica, ma non pensavo che l’energia della folla che mi circondava potesse essere così intensa. Mentre camminavamo, perfetti sconosciuti uscivano dai palazzi lungo la strada e si univano alla processione. Tutto ciò evocava un sentimento strano e potente, di far parte di qualcosa di unico. “Questo si può fare solo in Italia” disse un giornalista francese che camminava accanto a me. Mi chiedo ancora se avesse ragione, anche se oserei dire che tutto abbia più a che vedere con l’idea dei fondatori del Teatro delle Albe di Ravenna di mettere in scena la Divina Commedia con la complicità dei cittadini. Veramente, “mettere in scena” non è la parola giusta. Il lavoro di Marco e Ermanna non è “portato in scena” ma “portato in vita”, in modo da costruire un vero teatro di comunità.

 

L’idea di toccare ognuno degli spettatori/partecipanti – c’erano parecchie centinaia di noi in quella sera d’estate a Ravenna – mi sembra impareggiabile. Non sorprende quindi che l’emozione più forte per me sia stata quella provata quando Ermanna mi ha preso per mano e mi ha fatto varcare la soglia dell’Inferno, o più precisamente l’antica chiesa di Santa Chiara, conosciuta anche come Teatro Rasi. PER ME SI VA diceva l’iscrizione sopra la porta. 

Conoscevo bene l’atrio di ingresso del Teatro Rasi, ma la sua trasformazione per Inferno era davvero sbalorditiva. Con un’attenzione notevole per i particolari, Ermanna e Marco erano riusciti a creare un’atmosfera veramente infernale. Sebbene io capisca e parli italiano piuttosto bene, è soprattutto la parte visiva che è rimasta impressa nella mia memoria. Ciò che mi colpì di più furono le scale, appese ai muri della sala interamente irriconoscibile, così come le pitture sui muri dei corridoi che portano alla galleria. Non c’era molto tempo per studiare i dettagli, poiché dovevamo continuare il nostro giro a passo veloce. Tuttavia – avendolo visitato un paio di volte – non potevo non continuare a pensare alla “Scala verso il Paradiso”, un affresco risalente ai primi del 1600 dipinto all’esterno del Monastero Sucevița, in Romania. E poi naturalmente c’era la scala illuminata di blu, appoggiata al tronco di un albero nel giardino della Chiesa di Santa Chiara, dove al termine dello spettacolo uscivamo tutti a riveder le stelle.

 

Affresco del ’600 sulla parete esterna del monastero di Sucevița (Romania) © Hans-Peter Grumpe


Ma oltre alle visioni c’era il racconto del viaggio di Dante attraverso l’Inferno, reso comprensibile dagli interventi di Marco, formidabile narratore. I foglietti che continuava a tirare fuori dalle tasche, leggendo i commenti alla Divina Commedia scritti lungo i secoli, mi hanno invogliato a lungo, dopo lo spettacolo a Ravenna, a esplorare il capolavoro dantesco. E due anni dopo, durante il Purgatorio, ho avuto conferma di come Marco e Ermanna ci mostrino quanto la Divina Commedia sia ancora attuale, 700 anni dopo la sua creazione. Impregnando le “fantasie“ che Dante ha immaginato nell’aldilà con le ansie del ventunesimo secolo, meditando sul confronto tra l’inferno creato da Dio e l’inferno che l’umanità si è creato da sola. Con una critica pungente alla società, Inferno e Purgatorio si presentano come un ritratto dell’oggi pieno di stupore e arguzia sia per chi ha familiarità con l’opera di Dante sia per chi si immerge per la prima volta nella Divina Commedia, come me. Alla fine di Purgatorio, quando si arrivava al Paradiso Terrestre, c’era un’evidente allusione a Greta Thunberg. E prima trovavamo Joseph Beuys. È una pura coincidenza che mentre scrivo questo testo, l’autore – famoso per la sua frase: “Ogni essere umano è un artista”, che il 12 maggio avrebbe compiuto 100 anni – venga celebrato in pompa magna nei paesi di lingua tedesca? Soprattutto, il Purgatorio del Teatro delle Albe è una metafora ricorrente della scuola.

 

Ora sei a buon punto.

Sei il bimbo che balbetta

il primo giorno di scuola

seduto al suo banco.

Ora salirai il monte

imparerai la lingua nuova

il nuovo alfabeto.

Sei pronto?

 

Con queste parole Ermanna ci invitava, noi spettatori/partecipanti, a diventare scolaretti, per costruire insieme un mondo nuovo. Per me, il coro dei “vermi e farfalle” è stata la scena più potente: seduti ai banchi di scuola, persone di tutte le età e di tutte le razze declamavano, urlavano o sussurravano in varie lingue i versi di Dante e di altri poeti. Una prova profonda dell’umanesimo dantesco si dispiegava davanti ai nostri occhi! E ancora una volta, una prova che l’estetica può essere politica. “Non tutte le affermazioni politiche che condivido sono esteticamente valide, ma quasi tutte le espressioni teatrali che hanno un impatto estetico su di me hanno una potente carica politica”, ha detto la critica teatrale Marina Davydova nel suo discorso di apertura della sezione russa del Golden Mask Festival 2021. Non posso che essere d’accordo con lei.

 

Tuttavia, lo spirito della Divina Commedia è universale, non solo limitato a Ravenna o all’Italia. Va persino oltre i confini dell’Europa. E niente lo prova meglio del film The Sky over Kibera, di Martinelli. Questo acclamato drammaturgo e regista di teatro dimostra di essere anche un impeccabile realizzatore di film. 150 protagonisti, magistralmente guidati, “portano in vita” la Divina Commedia nell’immenso slum di Nairobi, Kibera. Niente è lasciato al caso: la scelta dei tre adolescenti che impersonano Dante, Virgilio e Beatrice; i bambini entusiasti che formano il coro che recita, balla e canta; e naturalmente la drammaturgia. Avendo avuto il privilegio di preparare i sovratitoli del film in tedesco, ho colto l’occasione per fare un esame approfondito del testo di Marco. È riuscito con successo a reinventare il capolavoro dantesco questa volta in inglese e swahili.

 

The Sky over Kibera, film di Marco Martinelli, 2019, © Andrea Signori


Ma torniamo a Ravenna e al Purgatorio. Inizialmente la mia attenzione è stata attirata dalle immense scale di ferro nel giardino che il Teatro Rasi condivide con l’Istituto Musicale Verdi e la casa di riposo Garibaldi. Sopra di esse, prima appariva il doloroso coro delle donne vittime di morte violenta, poi vi ruggiva il coro degli iracondi.

 

Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!

(Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)

 

urlavano questi ultimi, e questo mi ricorda il modo in cui Marco si è impadronito dell’invettiva contro la “serva Italia” in fedeli d’Amore, rapportandola al presente. Si tratta del più lungo dei sette quadri del polittico realizzato da Marco e Ermanna tra Inferno e Purgatorio come ulteriore omaggio a Dante Alighieri. Un’installazione di luci e suono con grandi videoproiezioni che regalano un’esperienza sbalorditiva. Non ricordo di aver mai sentito l’urgenza di trattenere il respiro così spesso quanto mi accadde ascoltando la voce di Ermanna, la musica di Luigi Ceccarelli e la tromba di Simone Marzocchi, oppure il silenzio tra un’apparizione e l’altra nei vari quadri di fedeli d’Amore.

 

Ma come riescono Marco e Ermanna a realizzare questo invisibile legame che si manifesta in forma di Amore misterioso, capace di commuovere ognuno di noi? Posso considerarmi tra i fortunati che hanno avuto la possibilità di seguirli a Timisoara nel 2019. Erano lì per lavorare con alcuni giovani, in preparazione di Paradiso e della trilogia della Commedia per Timisoara Capitale Europea della Cultura 2021. È stata un’esperienza unica vederli camminare attraverso la città rumena alla ricerca dei luoghi giusti per Inferno e Paradiso, della montagna da scalare per Purgatorio. Fu a Timisoara che ebbe inizio la Rivoluzione Rumena nel dicembre 1989, e subito dilagò in tutto il paese. Con il suo sguardo attento, alla ricerca di luoghi ideali, Ermanna considerava la Cattedrale Ortodossa come una possibilità. Ma venimmo a conoscenza di un terribile episodio accaduto proprio lì: il 17 dicembre 1989 i cancelli della Cattedrale vennero chiusi mentre l’esercito armato sparava a tutti quanti stavano protestando per la libertà, e i loro corpi massacrati coprirono le scale della chiesa.  Fortunatamente si trattò di un episodio isolato: tre giorni dopo, dal balcone dell’Opera, Timisoara veniva dichiarata prima città rumena libera dal comunismo. 

Oltre a cercare luoghi adatti agli spettacoli, ogni giorno Ermanna e Marco conducevano laboratori con le future “guide” rumene. Come parte del laboratorio, ispirato alla non-scuola delle Albe, venne chiesto ai giovani partecipanti di suggerire poesie rumene da utilizzare nello spettacolo. Queste furono lette ad alta voce, tradotte in italiano, e vennero fornite alcune informazioni sugli autori. Il tema era la corruzione. Fui sorpresa dai versi scelti dai ragazzi. Tuttavia, sentivo che i temi dell’illegalità, pur essendo importanti e urgenti, non riuscivano a trasformarsi in poesia. Come si ottiene questo risultato?

Bene, sappiamo tutti che nel frattempo la pandemia ha mandato all’aria tutti i progetti (culturali e non). Credo di avere la risposta alla domanda qui sopra. Ma aspetto di sperimentare l’ultimo pezzo del puzzle: il Paradiso ideato da Ermanna e Marco con i cittadini che risponderanno alla Chiamata pubblica. Speriamo che presto saremo autorizzati ad abbracciarci e toccarci. Perché le creazioni di Marco e Ermanna basate sul capolavoro dantesco non possono essere immaginate diversamente.

 

Dopo che varcando il Teatro Rasi si era precipitati nella città dolente, dopo che si era imparato il “noi” nella cantica dell’ascendere insieme per le strade di Ravenna, e di Matera, ci sarebbe stata una nuova chiamata pubblica e, insieme, si sarebbe dovuti arrivare al Paradiso nel 2021. Come fare, costretti alla distanza? Come celebrare Dante nell’anno del settimo centenario della morte del poeta? Teatro delle Albe e doppiozero hanno immaginato lo spazio della scrittura come spazio di un’attesa condivisa, un racconto-diario scritto da Marco Martinelli e racconti-sapere di studiosi e amici del Sommo, fili differenti per “dialogare con l’ago” e tessere visioni. Oggi il primo di questi quattro contributi. Il Cantiere Dante di Marco Martinelli e Ermanna Montanari è una produzione Ravenna Festival/Teatro Alighieri in collaborazione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro. Irina Wolf è critica teatrale e giornalista. 

 

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