21 settembre_ Laboratorio Formentini / Tradurre/illustrare

21 Settembre 2016

Al di là dei nuovi muri e fossati, ci sono indizi che suggeriscono come possibile se non come urgente, l'idea di un generale paradigma traduttivo che copra aspetti che vanno oltre l'ambito deputato della traduzione "propriamente detta". Proprio a partire dal campo delle pratiche editoriali nasce questa suggestione per una traduzione in senso esteso.

Nel pieno rispetto della traduzione come specifica competenza e professione, e proprio in riferimento ai  recenti sviluppi dei Translation Studies, emergono suggestioni che suggeriscono sconfinamenti e arricchiscono il senso del tradurre visto sempre più come un transitare, un trasferire, un attraversare, un gettare ponti...

 

Al di là della specifica traduzione interlinguistica, dunque, questa estensione di campo accende relazioni osmotiche, contaminazioni, inediti scenari interpretativi.

La costruzione di un punto di vista traduttivo comporta l'assunzione di un respiro metaculturale, contrasta l'appiattimento linguistico, i monolinguismi, le monoculture, la cristallizzazione degli stili e del pensiero. Lavora sui confini dei saperi e li connette, così che gli specialismi chiusi si fanno dialoganti. Opera come pratica delle differenze, come attitudine alla tolleranza e all'inclusione.     

 

Entra allora in gioco, in contesti diversi, una sorta di sguardo traduttore che è poi una sensibilità attiva, e selettiva, a mutamenti possibili.

Traduzione diventa connessione di competenze, di tecniche, di linguaggi diversi e spesso distanti tra loro. Costruisce interfacce tra mondi distinti che iniziano a dialogare, in un costante tessere e saldare reti.

La si esercita tramite l'individuazione di nuclei traduttivi, embrioni di mutamento che sono all'origine di trasferimenti, di trasposizioni che la sensibilità dello sguardo traduttore sa cogliere e selezionare: corrispondono a quel particolare taglio delle cose, quegli aspetti degli individui e delle relazioni, quei nodi del sapere sui quali si addensano potenzialità trasformative e  sui quali l'esercizio traduttivo può lavorare.

Implica un lavoro passo a passo, una fatica mai scontata e mai immediatamente risolvibile con una semplice dichiarazione di trasversalità.

 

Molti casi e molte pratiche della condotta quotidiana sembrano avvalersi di una dialettica traduttiva.

Ma per restare al mondo che l'ha generata, il campo editoriale rappresenta in sé un complesso sistema traduttivo, animato da numerosi livelli interconnessi. Ad esempio, alla scala delle strategie editoriali, c'è la traduzione di formati, e, in particolare, tutta la recente traduzione intermediale; come alla scala dei singoli artefatti c'è la traduzione grafico-illustrativa.

Il primo caso è rappresentato dalla traduzione digitale nelle sue diverse forme. Passaggi intersupporto e intermediali hanno comportato le mutazioni nei formati che da oltre due decenni a questa parte vanno traducendo artefatti analogici preesistenti. Il passaggio, ad esempio, al libro digitale o al quotidiano digitale ha implicato fin dall'inizio, assieme al trasferimento di supporto, un mutamento di funzioni e d'uso. Questi nuovi artefatti di transizione vivono di una natura ibrida: la traslazione di codice e di supporto comporta anche un lento trasferimento e un'azione interpretativa tra diverse culture comunicative e tecnologiche. La rivoluzione digitale nel suo insieme ha innescato un processo trasformativo che restituisce artefatti i cui caratteri costitutivi gravitano attorno al paradigma traduttivo, che diventa riferimento per tutta l'incessante riconfigurazione dei dispositivi della comunicazione digitale. Così che, nel passaggio dal vecchio al nuovo, resta traccia delle forme preesistenti.

 

Sul piano degli artefatti editoriali, l'illustrazione si presenta, a sua volta, come la prima messa in pratica della traduzione visiva. La tecnica di visualizzazione, che è all'origine dell’illustrazione dei testi, è una continua scelta di nodi colti nel tessuto del testo: sottolineano certi nuclei di senso che costellano la struttura narrativa e, con il moltiplicarsi delle edizioni e delle versioni illustrate, si riproporranno come vere e proprie ricorrenze. La sintesi visiva sottintende un lavoro d’interpretazione del testo, di lettura e di sottolineatura di alcune sue parti, secondo un certo punto di vista interpretativo e con un forte intento evocativo. Il tradurre un testo in immagini è parte di tutte quelle pratiche traduttive peritestuali che, accompagnando un testo, si pongono, a loro volta, come un altro testo, manifestando un'indubbia autonomia narrativa. Con un lavoro di sintesi e di riduzione, fanno vedere il detto e, in molti casi, il non detto.

 

Su un piano generale, l'idea di traduzione, si conferma come una dimensione di lungo respiro che arricchisce filtri interpretativi, innalza il tasso di dialogicità e apre orizzonti. Incide sulle qualità di contesto fino a farci pensare a una babele emendata, a un'insperata città delle traduzioni, a una necessaria civiltà traduttiva.

 

Oggi alle ore 11.30 in via Formentini 10: Laboratorio Formentini per l'editoria. In allegato il pdf con un anno di attività del laboratorio.

 

Giovanni Baule è professore ordinario  di Disegno Industriale presso la Scuola del Design - Politecnico di Milano -. Si occupa di teoria e metodi del progetto di design della comunicazione. Esperto di comunicazioni visive, opera nell'ambito della critica e della storia del design.

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