Krypton, il teatro e la critica

27 Febbraio 2014

La critica teatrale è la ricerca di una presenza che si riverbera dalla scena al suo racconto. Devi uscire dalla casa sicura delle certezze, sfidare il viaggio in un luogo altro, entrare in comunicazione con l’ascolto. Gli occhi diventano lo specchio della memoria. “È una continua, viva illusione, di fermare qualcosa che ti sta scappando via – racconta Simone Nebbia – la materia continua a evolversi. In quanto tale, però, si poggia solo sulla testimonianza, fa le persone responsabili di ciò che passa nel loro tempo. Siamo ambasciatori di esperienze”.

 



Il tempo e il vissuto


Un passo da storico del presente, dunque, “attraverso” fermate temporali e artistiche, non solo geografiche, come quello tenuto da Nebbia per scrivere Teatro Studio Krypton – Trent’anni di solitudine (edito da Titivillus). Krypton, gruppo di ricerca teatrale multimedia fondato dal regista e attore Giancarlo Cauteruccio con Pina Izzi, è approdato quest’anno al terzo decennio di residenza creativa nella sua città d’elezione, Scandicci, in provincia di Firenze. Di formazione interamente letteraria, critico teatrale e animatore di “TeatroeCritica” (uno dei più vasti e nitidi panorami da cui riuscire a vedere dove si dirige l’Italia che va a teatro), Simone Nebbia trent’anni li ha appena compiuti. Dall’incontro di questi due tempi, anni di trasformazione all’insaputa l’uno dell’altro, è nato un libro che è un viaggio alle fondamenta dell’opera recente di Krypton e della sua idea forte di arte scenica, che si confronta con la tecnologia e l’umano, lo spazio e la parola.

Cauteruccio il castellano


Resistenza si chiama la stazione della tramvia che, sulla linea Firenze-Scandicci, incontra il Teatro Studio. E di “resistenza” è la storia di Giancarlo Cauteruccio, “un castellano foriero di onori ai viandanti – lo descrive Nebbia – e conservatore delle loro storie per i viandanti a venire”, che da quando è direttore – dal 1991 – ha scelto di usare il teatro come struttura multi-dimensioni, non solo ricettiva, ma anche produttiva e formativa. Un mecenatismo del dare piuttosto che ricevere, o meglio che riceve dal dare: una possibile definizione anche del mestiere di critico teatrale. “Cauteruccio è un artista che suppone l’idea di critica – conferma Simone Nebbia –: senza la critica al contemporaneo, al proprio tempo, a se stessi, non è possibile fare arte. Questa è la ‘resistenza’ di Krypton. D’altra parte, la quasi sinonimia del lavoro del critico e di quello dell’artista io la scopro ogni giorno di più”.

 

Ph. Gabriella Di Tanno

L’avamposto del contemporaneo


Sperimentazione, passione, tensione creativa per generare nuove formule e fusioni delle arti contraddistinguono la residenza di Krypton al Teatro Studio. Un concreto laboratorio permanente dedicato all’innesto delle tecnologie digitali nella creazione artistica, dalle arti sceniche alle sue contaminazioni con l’architettura e la visual art, la poesia, la musica. “Il Teatro Studio – prosegue Nebbia – è un avamposto determinante del contemporaneo: da qui sono passati in tanti, di epoche e scuole diverse, da Simone Carella a Bob Wilson, da Luca Ronconi a Mauro Stagi. Questo può succedere solo se c’è un castellano che ha coscienza del fatto che per vivere un luogo non può fermarsi, ha bisogno di farsi attraversare”.

 

Teatro Studio

L’interferenza creatrice


Quel teatro è a tal punto condizione di libertà per Krypton da trovarsi al centro della conversazione “politica” con il regista che apre il libro, dopo la prefazione di Franco Cordelli, critico del “Corriere della Sera”. Il cuore del volume ospita tre variazioni a tema in presa diretta su Le Troiane di Euripide (in scena con il nome di Crash Trōades) in tre diversi luoghi “abitati” dall’opera euripidea: il Teatro Studio, il Duomo di San Gimignano, l’Ospedale di Careggi (Firenze). Per ora. Perché dal 7 al 9 maggio prossimi, all’interno della stagione teatrale Italia Centrale – La convergenza delle arti, prenderà vita ancora un’altra declinazione dello spettacolo: in scena Giancarlo Cauteruccio con il gruppo musicale Flampercussion, formato dagli allievi della scuola scandiccese Enrico Fermi. Una nuova interferenza tra il fatto teatrale e lo spazio architettonico che rappresenta lo “specifico” della storia trentennale di Krypton: il testo, trattato come componente di un progetto interdisciplinare, si integra con luce, suono, immagine, lavoro attoriale, fin dalla famosa Eneide virgiliana del 1983, che portò la compagnia e gli autori delle musiche, dei giovanissimi Litfiba, addirittura a New York al La Mama Theatre di Ellen Stewart.

 

Angeli di luce, 1985

La luce e i suoi risvolti


Come due opposti che si completano, al massimo della luce corrisponde il buio più assoluto. “Nelle pause di silenzio e d’ombra risiede il lavoro di Krypton”, scrive Simone Nebbia con penna che prova a essere misura sognante del confine tra finzione e realtà. “Ho cercato di guardare a fondo la parte scura per vedere come dialogano i sensi della luce, del buio e dell’ombra. Quel contrasto per me è stato vitale. In quanto critico non solo dovevo evidenziarlo, dovevo necessariamente farlo mio, abitarlo. Non puoi parlare di qualcosa se non stai nella stessa casa”.

Il conto dei giorni


Teatro Studio Krypton – Trent’anni di solitudine affronta quindi tanto il contrappasso della luce in scena, quanto l’oscurità nella drammaturgia, come l’amato Beckett, che condivide con la scrittura di Cauteruccio, di provenienza istintiva, atavica, il concetto di prigionia e di solitudine d’artista. La luce torna, comunque, in un nucleo di riflessioni a proposito degli interventi sui monumenti della città di Firenze attraverso animazioni ri-costruttive della loro origine. Chiude il volume la seconda e ultima conversazione con il regista e attore, questa volta in chiave “poetica”. Ma i conti con la linea evolutiva di Krypton sono tutt’altro che chiusi. “Se si infila la chiave in una serratura e si apre la porta, quella non è musica” dice Cauteruccio citando Musica senza contrappunto di Giuseppe Chiari: “se si infila la chiave nella serratura e non si apre la porta, quella è musica”. La fine è dunque opportunità di apertura, una frase interrotta che si sconta dicendola. Per questo, Simone Nebbia, attraverso un’appendice composta da molti contributi di colleghi critici e studiosi, ha ricostruito una costellazione specchio di osservatori di quell’anomalia di presenza e contenuti che è Krypton, in grado di sostenere, nell’arco di un trentennio, una lunga parabola mai conclusa. “Un’osservazione molteplice e un po’ impazzita – interviene Nebbia – si va da Renato Palazzi del “Sole 24 Ore” a Roberta Ferraresi del “Tamburo di Kattrin”. Il mio compito è stato quello di trovare l’occasione che fosse summa di tutti questi pensieri, anche contrastanti tra di loro: un discorso unitario che tenesse tutti nello stesso percorso”.

 

Finale di partita 1998, PH. Tommaso Le Pera

Scrivere se stessi


La critica è una specie di autobiografia, diceva Wilde. Simone Nebbia sta scrivendo su di sé giorno dopo giorno che cosa ha imparato dall’incontro con Giancarlo Cauteruccio. “La nostra relazione è stata principalmente di tipo ‘corporale’, non potevo non essere nei luoghi dov’era Cauteruccio” confessa il critico. “Perciò, ho imparato che c’è una forte connotazione umana nel lavoro di un artista e che se voglio trarne qualcosa e passarla come testimone ad altri, come altri hanno fatto con me, devo incarnarne l’umanità. Curioso che questa riflessione sia nata dall’incontro tra un critico che non ha vissuto i trent’anni di Krypton e chi ha strutturato buona parte della propria esperienza sull’innovazione tecnica”. La tecnologia è estensione espressiva, strumento di duplicazione o deformazione, ma il teatro e la critica sono, in ogni caso, il luogo di corpi che ascoltano.

Il prossimo 10 marzo Simone Nebbia presenterà Teatro Studio Krypton – Trent’anni di solitudine al Teatro Studio di Scandicci all’interno della rassegna Linguaggi dell’arte. Ingresso libero.

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