Fei-Fei Li. IA: l'insegnante fa la storia

9 Novembre 2024

Fei-Fei Li, professoressa dell’Università di Stanford nella cattedra Sequoia Capital, nonché co-direttrice dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence, è autrice di Tutti mondi che vedo (Luiss University Press), uno dei libri più significativi sull’intelligenza artificiale, il campo di studi di cui è una grande protagonista scientifica. Nel suo libro, lo sviluppo degli studi sulla sua specializzazione (computer vision, tradotta frequentemente come “visione artificiale”) si unisce alla storia della sua vocazione scientifica.

L’attualità rende evidente come la storia dell’intelligenza artificiale sia anche la storia di alcuni maestri e allievi. L’abbiamo visto, per esempio, col riconoscimento ottenuto di recente da Geoffrey E. Hinton, il Premio Nobel per la Fisica del 2024 assieme a John Hopfield.

Hinton, scienziato britannico dell’Università di Toronto, nella conferenza stampa dopo il Nobel, oltre a riconoscere il ruolo dei suoi mentori e colleghi, ha parlato proprio dei suoi allievi, come del resto fa spesso in tutti i suoi interventi. In quell’occasione prestigiosa, Hinton ha affermato: “Sono stato particolarmente fortunato ad avere molti studenti molto intelligenti, molto più intelligenti di me, e che hanno effettivamente fatto funzionare le cose. E che hanno continuato a fare grandi cose. Sono particolarmente orgoglioso del fatto che uno dei miei studenti abbia licenziato Sam Altman”.

Lo studente a cui Hinton si riferisce nell’ultima frase, con un tocco del suo proverbiale humor che non riesce mai a frenare, è Ilya Sutskever, il quale insieme a lui e ad Alex Krizhevsky ha sviluppato AlexNet: la rete neurale che nel 2012 ha vinto la competizione di riconoscimento delle immagini sull’archivio ImageNet, che proprio Fei-Fei Li ha avviato nella prima fase della sua carriera accademica.

In origine, la scienziata di ImageNet è stata allieva di qualcuno, ancor prima della sua specializzazione sulla visione artificiale, che, dopo la laurea in fisica all’università di Princeton, avviene al Caltech con uno scienziato italiano, Pietro Perona (e con un collega di dottorato che è un altro scienziato italiano, Silvio Savarese, poi divenuto suo marito).

Come comincia veramente la carriera di Fei-Fei Li? Qual è la scintilla da cui derivano gli altri successi? Tutti i mondi che vedo racconta questo particolare essenziale, attraverso il rapporto con il suo insegnante di matematica nel liceo di Parsippany, Robert Sabella. La storia recente dell’intelligenza artificiale, dell’intreccio tra ImageNet e AlexNet, è ormai ripresa da molte pubblicazioni, ma il rapporto tra maestro e allieva per raccontare la vocazione scientifica, e il suo aspetto umano, è l’elemento che a mio avviso rende unico il libro di Fei-Fei Li, oltre alle altre informazioni interessanti che contiene.

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Fei-Fei Li nasce in Cina nel 1976. Cresce a Chengdu con la passione per la scienza e il mito di Albert Einstein. Emigra coi suoi genitori negli Stati Uniti e a 15 anni si trova catapultata in una realtà differente, nelle scuole di una cittadina del New Jersey, Parsippany. Per una ragazzina brillante, abituata a primeggiare tra i banchi di scuola soprattutto nelle materie scientifiche, l’impatto è duro: in una classe di adolescenti americani, si sente fuori luogo, incapace di esprimersi correttamente in inglese, un po’ persa.

La sua vita negli Stati Uniti viene cambiata in quegli anni dall’incontro con un insegnante di matematica: appunto, Robert Sabella. Un professore che non vede nei compiti scolastici una semplice formalità, ma una sfida, un’opportunità per nutrire la curiosità dei suoi studenti. Soprattutto gli studenti ESL (English as a second language), gli immigrati che hanno meno confidenza con l’inglese. Sabella è anche un grande appassionato di fantascienza e, come tanti americani, passa il suo tempo a leggere e a scrivere fanzine, in cui segnala ai lettori le sue passioni e i suoi giudizi. Fei-Fei Li trova in Sabella un maestro che la accompagna e stimola nel suo percorso accademico e personale. Sabella, di origini italiane, è affascinato dalla Cina, una passione alimentata anche dalle letture di Jonathan Spence, che l’hanno portato a comprendere meglio la storia e la cultura del Paese da cui proviene l’allieva. I due passano ore insieme, lavorando sulla geometria e sulla matematica, ma anche discutendo di tutto il resto.

Sabella incoraggia l’adolescente venuta dalla Cina a non abbandonare i suoi sogni, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. Tra l’altro, invita la studentessa, che ha migliorato il proprio rendimento scolastico, a fare domanda per l’università di Princeton, dove ha vissuto e lavorato il suo mito, Albert Einstein, e dove viene accettata. Un momento particolarmente toccante del rapporto tra maestro e allieva arriva quando Sabella, conoscendo le sue difficoltà economiche e i problemi di salute della madre di Fei-Fei LI, le offre personalmente un prestito per avviare una piccola lavanderia. Lungo il suo percorso, l’allieva affronta molte sfide, tra cui il dilemma se continuare nella ricerca scientifica o accettare un’offerta da McKinsey, per liberarsi dai problemi economici. Ma il richiamo della scienza è troppo forte. La madre, che non comprende appieno la ricerca della figlia, le dice chiaramente che non può permettersi di abbandonare la sua vocazione per inseguire il denaro. E così continua il suo percorso, condividendolo anche con Sabella.

Per le ricerche del mio libro Geopolitica dell’intelligenza artificiale (Feltrinelli, 2024), a un certo punto ho deciso che avrei letto tutta la fanzine di Sabella, che del resto è disponibile liberamente online. Che cosa pensava questo anonimo insegnante, di cui ci è nota la figura solo grazie all’autobiografia di un’allieva divenuta grande scienziata? Cosa raccontava Sabella ai suoi (pochi) lettori? Quali erano le passioni di questa persona?

Dalle informazioni della fanzine “Visions of Paradise”, e in parte anche da Tutti i mondi che vedo, sappiamo che nell’estate 2006, Sabella parte per un viaggio in Italia insieme a sua moglie Jean. Sebbene italiano di origini, aveva conosciuto l’Italia principalmente attraverso i libri, in particolare la letteratura rinascimentale e i racconti storici. Durante il viaggio, Sabella visita varie città italiane, tra cui Napoli, Roma, e Capri, luoghi che descrive ai suoi lettori. Mangia pasta, pizza, parmigiana e gelato, vede la gioia degli italiani durante i Mondiali, e soprattutto partecipa al matrimonio di Fei-Fei Li e Silvio Savarese, celebrato a Capri. Questo evento è un momento simbolico del suo legame con quella che chiaramente considera come una figlia.

E mentre lei prosegue la sua carriera accademica e il gigantesco lavoro che porterà all’archivio di immagini ImageNet, Sabella, ormai prossimo alla pensione, riflette sul suo ruolo di insegnante e sul senso del suo lavoro. Ne parla nella fanzine, esponendo i suoi dubbi ma facendo capire che la sua vita ha avuto un significato grazie agli studenti come Fei-Fei, che l’hanno arricchita in modo imprevisto ed essenziale. La storia ha un elemento tragico perché, nel giro di poco tempo, Sabella si ammala per un tumore e muore nel 2011, senza vedere la vera e propria consacrazione definitiva della sua allieva, anche se ha lasciato un segno indelebile nel suo percorso. Così come in quello di molti altri studenti giunti in classe con un inglese stentato e che lui ha accompagnato, in sostanza perché gli andava di farlo.

In una delle sue ultime fanzine, Sabella riflette ironicamente sulle politiche di immigrazione nei dibattiti degli Stati Uniti, ed evidenzia il suo sostegno a una visione inclusiva e progressista. Lo fa a modo suo, perché scrive in tono sarcastico dell’importanza di sostenere ogni movimento politico che voglia limitare l’immigrazione. Hanno proprio ragione quelli che dicono che l’America deve chiudere le frontiere, scrive Sabella. Del resto, che ce ne facciamo della gente che arricchisce la nostra società e la nostra economia – continua –,  non è forse meglio restare da soli? Sebbene usi una sferzante ironia, il suo messaggio è chiaro: Sabella è critico nei confronti di politiche che ostacolano l’immigrazione, ritenendo che gli immigrati abbiano un ruolo fondamentale nel progresso scientifico e tecnologico degli Stati Uniti.

Il suo impegno per aiutare Fei-Fei Li e altri studenti immigrati dimostra come Sabella considerasse l’inclusione e il supporto a questi giovani una missione personale. Credeva fermamente che dare opportunità a queste persone, fornendo sostegno accademico e umano al di là dei suoi compiti rigorosamente professionali ma senz’altro dentro la sua “vocazione” di lavoro, fosse non solo un dovere morale, ma anche un investimento per il futuro degli Stati Uniti.

Tutti i mondi che vedo di Fei-Fei Li contiene diversi altri spunti che il lettore potrà scoprire, ma, a mio avviso, niente è importante come il rapporto tra maestro e allievo illustrato attraverso l’insegnante di Parsippany Robert Sabella. È sicuramente un rapporto che risuona anche nell’esperienza di Fei-Fei Li come professoressa, visto che hanno studiato con lei alcuni giovani protagonisti dell’attenzione contemporanea sull’intelligenza artificiale. Penso, tra gli altri, a Andrej Karpathy, il quale a sua volta è divenuto uno dei più solidi e convincenti divulgatori della materia, proprio a partire dall’esperienza come assistente del corso di Fei-Fei Li a Stanford.

Nel momento in cui la pervasività dell’intelligenza artificiale e la sua moda ci portano a interrogarci sull’impatto di questa tecnologia sull’istruzione, diviene ancora più importante considerare il fattore umano, che è anche la comprensione della relazione tra maestri e allievi in queste storie.

Sabella non ha vinto un premio Nobel. Non ha vinto nemmeno una vecchiaia tranquilla. O la possibilità di andare ad applaudire la sua allieva mentre viene celebrata a Princeton, per evocare con lei e con gli altri familiari i momenti di decenni prima vissuti insieme. Niente. Questo signore è solo andato in pensione ed è morto di cancro. Ma comunque, la storia dell’intelligenza artificiale è anche la sua. Anzi, l’ha proprio scritta lui.

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