Speciale

Breve storia della bicicletta blu

15 Agosto 2012

Avevo ricevuto la mia prima bici in regalo per la promozione in seconda elementare.
Avendola sognata rosa, ho ancora impressa nella memoria la delusione quando la vidi blu. Con il visino imbronciato brontolai: “è un colore da maschi”! E per qualche giorno l’abbandonai in garage.
Mi convinsi a dare alla povera bicicletta un’altra chance quando la mamma comprò degli adesivi con disegnati cuoricini, stelline e farfalline da attaccarci sopra.

 

Fu così, che oltre ai tanto amati cuoricini (rossi), non volendo rinunciare al mio colore preferito, ci attaccai una farfallina rosa: la mia bici doveva essere bellissima e super femminile perché particolare lo era già di suo.
Era infatti una bicicletta per chi è in sedia a rotelle e per questo munita di due piccole rotelline oltre a quelle grandi: era quindi necessario distogliere lo sguardo con tanti carini “attacca-stacca” !
Quando il mio mezzo a “due – più – due – ruote” fu decorato,  salii in sella,  misi i piedini sui pedali dalla forma anatomica, li allacciai stretti con le strisce di velcro e andai, insieme alla nonna, nello spazio tutt’intorno ai garage dove noi bambini giocavamo e andavamo in bicicletta.
Ricordo, con immensa tenerezza, quanto mi piacesse pedalare e prendere velocità, soprattutto in curva, quando, non rallentando, inevitabilmente facevo finire la mia corsa con un capitombolo il quale, anziché concludersi in un piano disperato, nonostante il male delle ginocchia sbucciate, mi faceva ridere a crepapelle.

 

Ricordo quanto mi piacesse sentire l’aria tra i capelli e sulla pelle, quanto mi piacesse correre, quanto mi sentissi libera. E come la nonna, da lontano mi guardasse – commossa – mentre io –  felice – mi lanciavo all’inseguimento di Licia, la mia amica del cuore.   
E poi la mia bici era bellissima. Il giorno dopo mi accorsi che le mia amichette avevano attaccato anche loro cuoricini e stelline sulle loro biciclette. Ma la farfallina rosa c’è l’avevo solo io.
Ora sono sempre seduta su un mezzo a “due – più – due – ruote”: non è una bicicletta, anche se somiglia alla mia cara bici blu.
La mia amatissima nonna è mancata da tempo e Licia ha cambiato città.
Continuo però a correre, ad andare in bicicletta con la mente, ad amare l’accelerare in curva, anche se, adesso, le uniche curve che faccio sono quelle di un vortice che gira su se stesso quanto devo uscire da ambienti stretti.

 

E continuo, continuerò sempre ad amare le farfalle: da bimba, andando in bici, mi sentivo leggera come una farfalla, presa com’ero dall’incanto del mio scoprire cose per me nuove e ormai scontate per gli altri bambini.  Ed ora, che tanto leggera non sono più, le farfalle continuano sempre ad affascinarmi e come un tempo l’abbellimento della farfalla rosa distoglieva lo sguardo dallo sfondo blu della mia particolare “due ruote”: oggi il mio abbellirmi di giovane donna distoglie ( mi piace pensare così) lo sguardo da tutto il resto, anche se questo resto, di me costitutivo, continuerà comunque, inevitabilmente ad esserci.

 

Ho voluto narrare questa breve storia affiorata alla memoria in quanto ho sentito il bisogno di condividere un’esperienza che credo comune: quella di dar anima all’inanimato (in questo caso una bicicletta), “rivestendola” delle emozioni e degli affetti che scaturiscono da una singolare e significativa “esperienza interiore”.  Il fantasma, l’immagine di un vissuto che, in quanto immagine interiore, rimane dentro, inesprimibile, di cui tutti però abbiamo e possiamo fare esperienza.
 Parole mancanti singolarmente che la  narrazione può –  raccontando una storia, apparentemente lontana come una fiaba e che sembra appartenere solo a chi la racconta – aiutare invece a trovare parole per esprimere qualcosa che è parte costitutiva di ognuno: di ogni vita accanto alla nostra, che sfiorando la nostra esistenza essendo di passaggio, rivela ciò che un’esperienza interiore e comune è: una perdita, una mancanza costitutiva: l’affetto.
Dell’affettività si ricoprono gli oggetti, perché ognuno di essi ha una storia, una memoria che fa ritornare vivi i fantasmi del passato. Come la mia bicicletta blu.

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