C’è qualcosa di anacronistico nel rapporto che Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi intrattengono con le immagini mobili. È qualcosa che ha a che fare con la pacatezza, la calma, la dolcezza di uno sguardo attento, acuto: analitico. La velocità, il flusso ipercinetico della contemporaneità sembra non sfiorarli. La posatezza e l’attenzione che rivolgono ai materiali che andranno a comporre “il film” si addice alla relazione critica – certo – ma pure amorosa. La calma olimpica implicata in questi gesti simili a quelli di amanuensi medievali intenti a tradurre, trascrivere testi, rilegare pagine miniate, è richiesta spesso dallo stato in cui si trovano i materiali da consultare. Fragilità del supporto brunastro, contrazione del fotogramma, accartocciamento della base: questi materiali sono spesso infiammabili, e non solo per motivi di composizione chimica, ma soprattutto per ciò che mostrano. Nondimeno, la loro instabilità è pari alla delicatezza del tocco di colui che li maneggia. Sono lacerti di archivio; resti e rovine di un tempo remoto. Immagine e memoria. Immagine e materia. Meritano rispetto e tolleranza: esigono pazienza.
«È un lavoro maniacale di rapina, da miniaturista, da copista egizio, da archeologo. Non mi soffermo sulla “storia” o le vicende, ma su quello che maggiormente mi interessa: il volto delle cose, la fisionomia degli oggetti e degli ambienti e ciò che normalmente sfugge. Rivisito periodi, generi e situazioni di una parte della storia del cinema che a volte è andata perduta. Ripropongo altri cataloghi di frammenti della memoria, in un film che non è più la copia di quelli da cui deriva, ma è una somma di varianti, ottenute mettendo in luce determinati elementi dell’immagine, del movimento, con diversi accorgimenti tecnici di analisi.»
I loro film sono espressione di un “fare” cinematografico che implica non solo una precisa conoscenza storica degli eventi che hanno caratterizzato il secolo scorso, ma anche una perfetta conoscenza tecnologica degli strumenti di lavoro e dei materiali filmici. È in questo modo che nascono i film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Da dettagli nascosti.
Rinaldo Censi si occupa di immagini (più o meno mobili). Scrive su “Alfabeta2”, “doppiozero”, “Il Manifesto”, “Cineforum”, “Filmcritica”, “Fata Morgana”. Ha partecipato a numerosi volumi collettivi e ha scritto un libro: Formule di pathos. Genealogia della diva nel cinema muto italiano (Cattedrale, Ancona, 2008). Ha curato per la Cineteca di Bologna l’edizione dvd delle Histoire(s) du cinéma di Jean-Luc Godard. Ha tradotto qualche libro. Programma rassegne cinematografiche (con spirito warburghiano), quando glielo permettono. Collabora con la Nuova Accademia di Belle Arti Milano (NABA).
Introduzione
Togliere gli errata dalla storia: la “camera analitica” e la questione del tempo
“La biologia dell’ombra non è stata ancora studiata”:Karagoez
Oggetti trovati
Secolo-Cane-Lupo. Intervista a Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi.
Biografia
Filmografia
Installazioni