Hans Hollein al Pompidou
La prima volta che ho incontrato Hans Hollein è stata la sua biennale del 1996, si chiamava Sensori del futuro. L’architetto come sismografo, era anche la prima volta che entravo in contatto con l'architettura radicale, che così tanto avrebbe segnato il mio percorso critico. Dopo quasi trent'anni ritrovo Hollein in una piccola ma interessante mostra intitolata Hans Hollein transForms, a cura di Frédéric Migayrou, direttore aggiunto del Mnam/Cci al Centre Pompidou, installata nel mezzanino del museo disegnato da Piano, Rogers e Ove Arup.
Hollein, nato a Vienna nel 1934, dopo il diploma alla Accademia di Belle Arti di Vienna prosegue gli studi all'IIT di Chicago e poi all'Università della California. Durante il suo soggiorno americano compie un viaggio ricercando le città americane che si chiamano Vienna e va a trovare a Los Angeles Rudolf Schindler, visitando le sue architetture. Come scrive Migayrou nel catalogo: “Hollein trova in Schindler il trait d'union tra la concezione spaziale ereditata dai teorici tedeschi e austriaci e i principi di continuità, di plasticità strutturale che permettono, secondo Wright, di liberare lo spazio”. Nel 1956 Hollein si associa al circolo di intellettuali e artisti che si aggirano intorno alla Galerie nächst St. Stephan, dove realizzerà la conferenza “Ritorno verso l'architettura” per un'architettura liberata dal funzionalismo. Nel 1985 vince il Pritzker Prize, un riconoscimento internazionale alla sua opera. “Io ho sempre considerato l'architettura un’arte – afferma Hollein. L'architettura – secondo me – non ha tutta la soluzione a un problema, ma formula una presa di posizione [...]”. Nel 1980 partecipa alla prima biennale di architettura diretta da Paolo Portoghesi intitolata La presenza del passato. Questa presenza si manifesta attraverso la realizzazione di una Strada Novissima, in omaggio alla Strada Nova veneziana, tipico carattere urbano italiano, sulla quale si stagliano, nella loro monumentalità, una serie di facciate di case progettate come una sorta di manifesto del nuovo movimento postmoderno di Costantino Dardi, OMA, Michael Graves, Frank O.Gehry, Taller de Arquitectura, Oswald Mathias Ungers, Charles W.Morre, Robert Venturi-John Rauch-Denise Scott Brown, Robert A.M.Stern, Lèon Krier, Purini&Thermes, Josef Paul Kleihues, Stanley Tigerman, Hans Hollein, Studio Grau, Massimo Scolari, Thomas Gordon Smith, Allan Greenberg, Arata Isozaki, Christian de Portzamparc. Dunque capitelli, trabeazioni, archi e colonne diventano elementi caratteristici dell'architettura che ha rifiutato i dettami del moderno bollandolo come fallimentare e contrapponendo un’idea di spazio che guarda alla storia come salvezza e rinascita della disciplina. Non tutti i partecipanti però possono iscriversi all'onda postmoderna, non Gerhy, Koolhaas e Hollein. Quest'ultimo ha una personalità complessa e grazie alle frequentazioni con Walter Pichler, Coop-Himmelblau, Haus-Rucker-Co, Raymund Abraham, abbraccia la neo-avanguardia architettonica che dal 1966 si svilupperà anche in Italia, a Firenze, con Archizoom e Superstudio, a seguire UFO, Gianni Pettena, 9999, Ziggurat.
Nel 1960 Hollein presenta i primi collage Stadtgebilde über Wien (Strutture urbane sopra Vienna) e Landschaft mit Architekture (Paesaggio con architettura), in cui strutture monumentali in pietra si ergono sopra il tessuto urbano e nel paesaggio naturale; non a caso i radicali italiani guarderanno a lui e agli altri austriaci come riferimento. Nel 1962 alla Galerie nächst St. Stephan avviene l'incontro fondamentale con l'artista Walter Pichler, che opera tra architettura e scultura. Insieme organizzano, sempre nella galleria, la mostra Architektur: Work in Progress che dura tre giorni. Pichler propone la sua arcaica Compact City, invece Hollein presenta la sua città tecnologica City Communication Interchange as Mean of Expression in piena sintonia con la città dei Metabolist giapponesi. Avanguardia delle megastrutture che caratterizzeranno le ricerche degli architetti nel decennio sessanta-settanta del XX secolo. La città tecnologica viene richiamata da Hollein anche in Aircarft Carrier City in Landscape, dove sulle colline dolci di un paesaggio qualunque viene collocata una portaerei e ancora più enfatico è il Monument to Victims of the Holocaust, rappresentato simbolicamente da un vagone del treno, simbolo della deportazione nazista, posto su una piramide trapezoidale al cui centro si collocano le scale, che gli conferendo un senso monumentale. La forza di questo pensiero teorico si ritrova anche nelle sue architetture, dove Hollein non scade mai nel proporre elementi architettonici del passato, come le colonne o le architravi, se lo confrontiamo con il linguaggio di Aldo Rossi che, invece, usa proprio gli elementi dell'architettura classica in una ossessiva citazione: dall'IBA berlinese al Teatro Carlo Felice di Genova.
Tuttavia la vicinanza di Hollein alla neo-avanguardia architettonica austriaca lo porta a sperimentare con i gonfiabili, dapprima per la mostra sulle strutture pneumatiche nel 1967 a Kapfenberg e poi con il suo famoso ufficio del 1969, costituito da un tubo gonfiabile verticale e trasparente, al cui interno pone una macchina per scrivere e materiali per disegnare. Il tema dei gonfiabili è centrale nelle ricerche dei radicali. In Italia nel 1968 gli UFO a Firenze li usano come strumento di lotta contro il sistema politico e religioso lanciandoli contro il Duomo, simbolo del potere cattolico. In Francia saranno gli Aerolande (Jean Auber, Jean-Paul Jungmann, Antoine Stinco), co-fondatori anche del collettivo Utopie Group, che seguiva il pensiero di Henri Lefebvre, e Hans Walter Muller, a realizzare gonfiabili come risposta all'architettura di pietra.
La ricerca di Hollein è innovativa anche nel design dove, con ironia, disegna occhiali per l'American Optical Corporation o il Sofa Mitzi per Poltronova. Ma è ancora una volta l'interazione con l'arte durante la Biennale di Venezia del 1972 che lo porta a realizzare Werk und Verhalten. Leben und Tod. Alltägliche Situationen (Lavoro e comportamento. Vita e morte. Situazioni quotidiane). Un progetto che misura il clima del periodo storico testimoniato anche dai cinque Atti fondamentali: Vita, Educazione, Cerimonia, Amore e Morte che Superstudio realizza nello stesso anno per la mostra del MoMa Italy: The New Domestic Landscape.
All'interno del padiglione austriaco progettato da Joseph Hoffmann, Hollein colloca sedie e tavoli rivestiti di piastrelle quadrate di ceramica bianca che conferiscono uniformità e un senso asettico allo spazio, rappresentazione del funzionalismo. All'esterno, lungo il perimetro dei Giardini della Biennale, si snoda un percorso che conduce a una tenda sotto la quale è posizionata una barella con una silhouette avvolta nel sudario, simboli del trapasso alla morte. In anni recenti Daniel Tudor Munteanu e Davide Tommaso Ferrando riprenderanno la poetica di Hans Hollein nel loro Unfolding Pavilion, un atteggiamento radicale nel contestare le modalità della biennale ufficiale. La mostra parigina si conclude con i progetti realizzati, sui quali spiccano il museo di Francoforte con la sua forma triangolare monomaterica e la Hass Haus a Vienna, emblema della rottura della superficie muraria con l'innesto di una superficie vetrata che si trasforma in volume cilindrico vetrato.
Come ricorda Giacomo Pala, architetto e teorico, in uno scritto su Hollein pubblicato su archphoto.it: “si può interpretare il suo lavoro tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta come un tentativo di conciliare valori opposti (come “alto” e “basso”) e opposizioni dialettiche (come “astratto” e “figurativo”). Esempi espliciti di questa riconciliazione sono le facciate dei negozi che Hollein progetta e costruisce nel centro di Vienna. Prendiamo, ad esempio, il negozio di candele Retti (1966) e la gioielleria Schullin (1974). Vediamo una scintillante facciata metallica in cui Hollein ritaglia la sagoma di una colonna ionica in stile fumettistico (Retti), e una facciata monolitica in granito interrotta da una geometria libera che taglia l’ingresso con curve multiple in bronzo e tubi per l’aria condizionata (Schullin). In questi progetti si nota un uso coerente dei materiali, che sono al contempo comuni e raffinati (bronzo, granito, laminati, marmi e plastiche spruzzate). Comportandosi come un figlio illegittimo di Loos e Hoffmann, Hans Hollein disegna ironie raffinate ed elitarie: i valori “alti” e “bassi” diventano uno solo”.
Tutte le foto sono di Emanuele Piccardo.
