Il West di Francesco Jodice

17 Gennaio 2024

Che cos’è il West? Che cosa ha rappresentato per la vita americana? Si chiede Frederick Jackson Turner in The Frontier in American History. La frontiera è uno spazio di azione politica dove si riversano migliaia di americani con l’intento di colonizzare i territori dei nativi e applicare le regole del capitalismo importate dall’Europa. La trasformazione dei territori vergini, selvaggi, densi di risorse naturali, come oro e argento, in luoghi antropizzati avviene nel corso di due secoli. Una colonizzazione graduale ma inesorabile attuata con la forza, massacrando i nativi e spingendoli, con accordi fasulli mai mantenuti dai diversi Presidenti degli Stati Uniti, sempre più oltre il fiume Mississippi verso Ovest. La conquista della terra rappresenta per la massa una riscossa dalla vita miserevole e povera da cui provenivano, ma che non può giustificare l’uso strumentale che la politica fa delle guerre alle tribù native.

rushmore
Francesco Jodice, Rushmore, South Dakota, #037, 2022

Il West nel nostro immaginario è indissolubilmente legato a due media: la fotografia e il cinema. Nel primo caso i fotografi sono i pionieri del visivo con il compito di rappresentare, con le camere di grande formato (con lastre di vetro della misura di 50x60 cm), la vastità e la bellezza del paesaggio americano. Fu proprio la fotografia a consentire la nascita del primo parco nazionale, Yellowstone, istituito dal presidente Ulysses S. Grant il 1° marzo 1872. Lo stesso accadde per Yosemite in California con il prezioso contributo del fotografo Carleton Watkins, le cui fotografie arrivarono ad Abramo Lincoln. I fotografi sono i cartografi della visione e seguono le spedizioni geologiche come quella di Hayden (1871) e di King (1867-1869), nate per disegnare la nuova geografia dei vasti territori indiani ma anche stabilire le strategie militari per occupare quelle terre, accelerando l’antropizzazione di parte del West.

Horseshoe Bend
Francesco Jodice, Horseshoe Bend, Arizona, #58 2022

Tuttavia il cinema sarà fondamentale nel definire l’immaginario della frontiera nel periodo del muto, ma soprattutto con l’avvento del sonoro. Il protagonista assoluto della narrazione del West è John Ford che alla fine degli anni trenta aveva già girato un centinaio di film e che trova la sua consacrazione con i capolavori Stagecoach (1939) e Fort Apache (1948). Proprio Fort Apache si riferisce alla battaglia di Little Bighorn avvenuta il 25-26 giugno 1876 che determina la disfatta del generale Custer, comandante della 7ª cavalleria. Girato nella Monument Valley narra la storia di due personaggi, quello del comandante, il colonnello Owen Thursday, interpretato da Henry Fonda, e il capitano Kirby York interpretato da John Wayne. La superficialità di Thursday incapace nel rapportarsi sia con la comunità della cavalleria sia con gli indiani di Cochise, si confronta con l’intelligenza di York nel trovare una mediazione con gli indiani fuoriusciti dalla riserva. Così l’arroganza di Thursday porterà, come accadde realmente a Custer, al massacro della cavalleria.

Monumen valley
Francesco Jodice, Monument Valley, Colorado, #15 2014

Questa premessa sulla nascita del mito del West è necessaria per analizzare l’opera fotografica di Francesco Jodice che affronta la fine dell’impero americano e lo fa coincidere con il fallimento della Lehman Brothers nel 2008. Negli ultimi cinquant’anni molti europei hanno attraversato e raccontato l’America, Jodice si inserisce in questo contesto. Per lui il West è lo spazio del sogno americano e contemporaneamente del suo fallimento, questo si nota nelle fotografie dei resti di case, scenografie dei set cinematografici, rifiuti abbandonati. È il deserto il luogo del mito del West, uno spazio senza confini che non si riesce a circoscrivere con lo sguardo, che lo storico inglese Reyner P.Banham ha attraversato, dal Mojave al Wyoming, da Taliesin West, il rifugio di Frank Lloyd Wright, profeta dell’architettura organica che aveva scelto il deserto intorno a Phoenix per realizzare il suo studio professionale, fino ad Arcosanti la città ideale del visionario architetto torinese Paolo Soleri.

Death Valley
Francesco Jodice, Death Valley, California, #026 2000

Ma il deserto è anche sinonimo delle sperimentazioni nucleari nell’area 51 e di quelle artistiche, gli earth works. Questi ultimi realizzati negli anni settanta da Robert Smithson, Michael Heizer, James Turrell e Charles Ross, tra Nevada, Utah e New Mexico per enfatizzare il bisogno di libertà che emerge dal deserto. La lettura di un territorio senza regole come la frontiera consente una ulteriore riflessione sulla fascinazione indotta da un paesaggio epico, come avviene nel leggere le parole e le fotografie che il filosofo Jean Baudrillard pubblica nel 1986 in Amérique. Un viaggio dai sentimenti contraddittori, tra critica e fascinazione, come è l’immagine dell’America. 

“In fondo gli Stati Uniti – scrive Baudrillard – con il loro spazio, la loro tecnologia raffinata, la loro brutale coscienza tranquilla, anche, negli spazi che concedono alla simulazione, sono la sola società primitiva attuale. Ed è affascinante percorrerli –continua Baudrillard – come la società primitiva dell’avvenire, quella della complessità, quella della mescolanza e della promiscuità più grandi, quella di un rituale feroce e però bello nella sua diversità superficiale […] società la cui immanenza ci incanta, ma priva di un passato che la rifletta, dunque fondamentalmente primitiva”.

Boulder City
Francesco Hodice, Boulder City, Nevada, #34 2017

La ricerca di Francesco Jodice è un processo lento suddiviso in tre esplorazioni nel 2014, 2017 e 2022, sostenuto dal programma Italian Council organizzato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, con lo scopo di valorizzare all’estero gli artisti italiani, insieme al museo di fotografia Mufoco, con la collaborazione della Galerie Château D’Eau di Tolosa e del centro di architettura arc en rêve di Bordeaux.
Le esplorazioni fotografiche di Jodice sono suddivise per capitoli: Dalla Gold rush alla Lehmann Brothers, Geologie, Far West, Il potere dell’atomo, Vero/Falso, Miraggi, Sunset. Il tema della simulazione/finzione stabilisce il rapporto tra sogno e cruda realtà, tra le rovine di case diroccate e cercatori di materiali preziosi sulle coste californiane. Tuttavia non siamo così convinti che l’Impero sia finito, come afferma Jodice, se ancora restiamo affascinati dal West e dai suoi miti, ma ancora di più ne restiamo ammaliati quando sceneggiatori talentuosi come Taylor Sheridan offrono al pubblico mondiale le serie che trattano ancora il tema del West. È il caso di 1883, 1923 e Yellowstone, ovvero la saga della famiglia Dutton da pionieri a imprenditori di bestiame in cui si comprende bene l’evoluzione della relazione tra il West e gli americani.

Lo Angeles
Francesco Jodice, Los Angeles, California, #030 2017

L’America negli ultimi vent’anni ha compiuto una mutazione antropologica che ha consentito a un personaggio come Donald Trump di essere eletto presidente con il motto “Make America great again”. Una riproposizione contemporanea del Manifest Destiny, scritto da John O’ Sullivan nella Democratic Review nel 1845. Il Manifest Destiny è rappresentato bene dal dipinto American Progress di John Gast che nel 1872 raffigura Columbia, personificazione degli Stati Uniti, che guida la civiltà verso ovest insieme ai coloni americani ed è raffigurata portando la luce da est a ovest, posando cavi telegrafici, reggendo un libro che simboleggia apprendimento e conoscenza. “Ho sempre pensato al paesaggio – afferma Jodice nel dialogo con il giornalista Mario Calabresi – come a un luogo dove proiettare desideri e visioni per il futuro, e l’impero americano ha usato il paesaggio e la cultura per formare e condizionare i desideri dell’Occidente”.

 

In questo viaggio nel paesaggio americano si rintraccia nel lavoro di Jodice la sua cultura letteraria che influenza la sua opera, in particolare Cormac McCarthy, James Ellroy, Philip Dick, Raymond Chandler per finire con i classici della fotografia come William Eggleston, Joel Sternfeld e Carleton Watkins. La potenza delle immagini dei capitoli Geologie e Vero/Falso ci fa scoprire la fragilità del sogno americano, tra immaginario e realtà. Una realtà che dal 2008 ha lentamente eroso il potere della classe media polarizzando la politica verso scenari sempre più estremi, esattamente come al tempo dei pionieri due secoli fa. La fotografia di Jodice ci mette di fronte ai fatti così come sono avvenuti, senza mediazione, dove il punto più intenso della finzione americana è la fotografia del John Ford’s Point, dove per 500$ è possibile avere sull’estremità della roccia un cowboy a cavallo e scattare una fotografia nel luogo più iconico del West, la Monument Valley, scenario dei western di Ford. Come scrive Francesco Zanot, critico di fotografia e curatore del libro, “la fotografia di Jodice è una rappresentazione della realtà di una rappresentazione”.

 

La fotografia italiana fin dagli anni settanta ha sempre guardato alla fotografia americana, in particolare alcuni autori della scuola del paesaggio italiano come Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Vittore Fossati, Vincenzo Castella, Guido Guidi, Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte, hanno trovato riferimenti nelle fotografie della Farm Security Administration, in quelle di Walker Evans, Garry Winogrand, William Eggleston. Così anche il west di Francesco Jodice si inserisce in quel contesto di autori che guardano all’America e la raccontano in tutte le sue complessità e contraddizioni, perché solo lì nella frontiera si può ancora respirare oggi aria di libertà.

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