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Franco Raggi, radicale instabile

22 Marzo 2025

Franco Raggi, è un radicale “instabile”, ironico, di una ironia intelligente, dissacrante, dote che ha contraddistinto ogni architetto radicale. Franco Raggi Pensieri Instabili è la mostra organizzata dalla Triennale di Milano e curata da Francesca Pellicciari e Marco Sammicheli nello spazio Design Platform, all'interno del Museo del Design. La Triennale continua nel suo percorso di rendere omaggio agli architetti e designer milanesi. La mostra accoglie i visitatori all'interno di un allestimento concepito da Ambra Fabi e Giovanni Piovene che realizzano una tenda blu, con le strutture portanti metalliche verniciate di rosso. Un omaggio all'allestimento che Raggi realizza per la mostra Roma interrotta, ai Mercati di Traiano a Roma nel 1978, curata da Piero Sartogo e Costantino Dardi e realizzata dalla collezionista d'arte Graziella Lonardi Buontempo per gli Incontri Internazionali d'Arte. Lì si confrontano la pianta della Roma settecentesca di Giovan Battista Nolli con la Roma immaginaria disegnata da dodici architetti internazionali. “Luci tessuti azzurri – scrive Léa-Catherine Szacka nel catalogo – grandi lettere dorate, tappeti rossi, lamiera zincata, ventilatori giganteschi, profili in alluminio, piedistalli di marmo [...] l'inventiva di Raggi e la sua sensibilità per il contrasto fra tradizione ed estetica della cultura popolare hanno contribuito a creare atmosfere che andavano oltre la semplice esposizione di opere di architettura e design”. 

D'altronde la passione per i frammenti è nota per i radicali, a partire dagli UFO quando allestiscono lo spazio di coinvolgimento, ovvero la discoteca Bamba Issa a Viareggio (1970-1973), al cui interno vengono realizzati frammenti di colonne e timpani in cartapesta. Erano suggestioni nell'aria tese a dissacrare e demolire la storia. Tuttavia per Raggi lo spazio effimero è rappresentato dalla tenda, sinonimo di nomadismo, ovvero un viaggio nel tempo e nello spazio che l'architetto milanese occupa, nella mostra milanese, con i suoi oggetti. È dunque emblematico Tenda Rossa montata nel 1974 in un campo a Milano sud, un rito collettivo con Mendini, Carlo Guenzi, Enrico D. Bona (caporedattore di Casabella), Miriam Tosoni. Sulla superficie della tenda Raggi dipinge un tempio dorico. “Era un riferimento – ricorda Raggi – ai naufraghi del dirigibile Italia, che si salvarono grazie a una tenda rossa”. La tenda come spazio di sopravvivenza fisico e mentale viene disegnata in un paesaggio desertico per la copertina di Casabella (401 maggio 1975). Attorno alla Tenda Rossa sono allestiti curiosi progetti come le Scarpe vincolanti realizzate in ceramica all'interno del primo seminario della Global Tools, una sorta di scuola arts&crafts sul modello del movimento di William Morris. “Di fronte alla consolidata e accettata pratica di un design tecnologico – scrive Raggi – confortevole e funzionale si voleva contrapporre una pratica nomade per un design arcaico e disfunzionale”.

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Franco Raggi racchiude in sé tante figure. Architetto, artista, designer, redattore di Casabella e caporedattore di Modo, ha lavorato sulla leggerezza e l'effimero. Oggi abbiamo bisogno di leggerezza tra guerre, inchieste sulle vicende urbanistiche milanesi, deliri trumpiani. Ecco, Raggi ci riporta a una dimensione del banale che ci fa sorridere e stare bene, ma allo stesso tempo ci proietta in una dimensione utopica che ci riporta alla mente il viaggio di Ettore Sottsass Jr. in Spagna quando realizza le Metafore, strutture leggere effimere, che inducono a un nuovo rapporto con il paesaggio e con noi stessi.

“Quando ho finito l'università, ho subito iniziato a scrivere, perché non volevo finire in uno studio di architettura a fare il 'tira righe' – afferma nell'intervista a Francesca Pellicciari pubblicata nel catalogo. [...] È stato lavorando a Casabella che ho scoperto realmente il mondo dell'arte contemporanea e del design”. Ancora una volta ritorna centrale la figura di Alessandro Mendini che ha portato dentro la rivista l'architettura radicale e le connessioni con le arti visive. Per comprendere la personalità di Raggi basta soffermarsi a vedere il film che ha realizzato Francesca Molteni, in cui emerge il personaggio Raggi, ironico nella parola, nelle smorfie, negli sguardi. Siamo all'Isola d'Elba, esterno giorno. Raggi pianta dei chiodi per sorreggere una struttura metallica fissata sul muro rosa di una casa, e con la matita disegna delle righe, così lentamente si va formando quello strano oggetto: una colonna dorica. Il luogo è la casa progettata dal radicale Gianni Pettena, in cui altri amici hanno realizzato pezzi: l'appendiabiti di Lapo Binazzi del gruppo UFO, il camino di Sottsass e la parete di Mendini. Seppur in uno spazio ridotto, i progettisti dell'allestimento e i curatori dell'esposizione milanese sono stati capaci di sintetizzare l'opera di Raggi, che è, tra le altre cose, un grande disegnatore e un arguto designer che destruttura la forma per costruirne una nuova. 

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Poco dopo la pandemia, nel 2021, chiesi a Bianca Felicori, autrice del progetto Forgotten Architecture, di fare un pezzo per archphoto2.0, la versione cartacea di archphoto.it, e lei mi propose una intervista a Franco Raggi che traccia una serie di considerazioni sulla città e sul ruolo avuto dall'architettura radicale che qui riporto: “L’architettura radicale ha individuato e interpretato  i limiti dello sviluppo e messo in dubbio, in modo libero e anarchico, il sistema mettendo al centro del discorso architettonico la creatività e le relazioni fisiche con il contesto. È stato un processo di de-costruzione della realtà che ha influenzato il mondo dell’architettura quanto quello dell’arte e della letteratura. Per le nuove generazioni l’architettura radicale può essere un culto da cui ripartire nella ricerca di senso al nostro costruire”. La riflessione sulla città porta Raggi a mettere al centro la qualità urbana e la necessità di agire nelle periferie: “Bisognerebbe pensare a progetti di riqualificazione di queste aree che partono da un’analisi delle esigenze di chi ci vive: è un progetto che deve partire dalla collettività. Cosa manca? Quali sono le leve da mettere in campo? Il capitale privato della periferie se ne frega, bisognerebbe investire avendo fatto scelte politiche attraverso capitale pubblico. Non si parla di qualità di vita urbana se non andiamo a incidere sui luoghi dove la qualità della vita è più bassa”. Partendo da questi presupposti occorre una riflessione seria sul rapporto tra architettura e città che i radicali avevano affrontato a modo loro, occupando lo spazio pubblico con le estensioni dei loro corpi. È il caso dei gonfiabili degli UFO, durante le manifestazioni studentesche fiorentine, le performance di Ugo La Pietra, la discoteca Space Electronic dei 9999, intesa come uno spazio pubblico e le provocazioni urbane di Gianni Pettena.

Complementare alla mostra è stato redatto un libro, edito da Electa, il cui intento è allargare lo sguardo sulla ricerca nel design e l'antologia degli scritti per Casabella e Modo.

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Franco Raggi.

Tra questi Banale dopo il Banale, scritto nel 2023 per Genova University Design, in cui riflette sulla mostra L'oggetto banale fatta per la Biennale di Venezia del 1980 sulla “banalità del paesaggio domestico e sul ruolo del design”. Una ricerca sul linguaggio mediocre e di un modo di abitare fuori dal modernismo in cui il design ha un ruolo “decorativo”. Oggi il banale e la mediocrità sono ancora lì in tutti gli ambiti, dall'architettura alla politica. Così “nel momento – continua Raggi – in cui identifichiamo il design come una forma di comunicazione estetica, antropologica e sociale, dobbiamo prendere atto che il banale trasformatosi in trash è divenuto l'esperanto capace di descrivere la deriva dell'estetica del quotidiano verso forme di imitazione, di clonazione, di simulazione dove il senso primario delle cose è perduto, mentre diviene sovrastante l'apparire senza essere”.

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