Burattini in scena alla Fondazione Rovati

18 Febbraio 2025

Nei musei la notte è fatta di sussurri e, forse, anche di qualche grida. Manufatti, opere, pezzi da collezione – oggetti alieni provenienti da un altro tempo, ma in un certo senso anche da un altro mondo – si risvegliano nelle sale vuote, in quell'oscurità rotta appena dalle luci di sicurezza. Dietro le teche, che li proteggono e insieme li ingabbiano, i reperti si ritrovano tra loro, lontano dai nostri occhi e dalla nostra morbosa curiosità, e possono finalmente interrogarsi, parlarsi, dare sfogo alla propria angoscia. Dove sono, dove siamo? Come siamo finiti qui?

Sono nato dalle mani esperte di un artigiano – dice uno – la bottega piena di luce e polvere, poi donne in pianto, canti funebri e il buio della tomba. Ma ora, ora che mi hanno risvegliato a forza dal mio sonno millenario, ditemi, vi prego, dove sono e dove è finita la mia gente. Io ricordo banchetti e danze – dice un altro – passavo di mano in mano, tutti ammiravano le mie forme eleganti e le incisioni sui miei fianchi. Perché ora è tutto così silenzioso e fermo? Nessuna risata, la musica tace e non c’è vino nei crateri. Io invece sono mutilo – dice un terzo – non ricordo come persi il mio corpo, se per le fauci di una belva feroce o se fu l’arma di un nemico, so solo che la mia testa sopravvisse e ora solo questa mi resta, con le orbite vuote e un sorriso incongruo.

La notte nei musei è impastata da queste voci, dalle voci dei reperti che archeologhe (o tombaroli, chissà) hanno recuperato tra terra, sassi e mura sfondate, e che restauratrici hanno amorevolmente curato, rigenerato, riportato alla loro bellezza originaria. E che curatori e archiviste hanno scelto, spiegato, interpretato e che allestitrici hanno collocato, illuminato, valorizzato. Per arrivare fino a noi che ora, in questo uggioso sabato milanese, li osserviamo, nello spettacolo La Ninna Nanna di Acheloo, dalla nostra distanza siderale, come bambini che guardano chimere, animali fantastici ed arcani.

È su questa doppia intuizione – la vita segreta delle opere e la connessione misteriosa coi bambini – che la Fondazione Luigi Rovati propone una serie di spettacoli, per avvicinare i piccoli e le loro famiglie alla collezione del museo milanese, dedicato all’arte etrusca e contemporanea. E lo fa attraverso il linguaggio (anch’esso antico e nobile) del teatro di figura. Nati dalla fantasia e dalla cura di Jonathan Colombo e Alan Silvestri (mediatori culturali del museo, che danno loro anche voce e movimento), i burattini riprendono alcune delle bellissime opere, antiche e moderne, che abitano nel piano ipogeo del Palazzo di Corso Venezia. L’imbranato Canopo, il pigro dio Acheloo, la petulante Medusa, il miles gloriosus Ercle, l’enigmatica Ombra della sera, tutti loro prendono vita di fronte ai bambini, interagendo tra loro e con il pubblico.

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E allora può capitare che il dio Acheloo, ruotando lungo una fenditura della quinta (è un piatto del resto, e quella fenditura è il corso del fiume che il dio protegge), chieda ai bambini se sono forse etruschi. Perché i bambini che lui ha conosciuto “in vita” erano etruschi. E i bambini in coro rispondono che no, loro sono milanesi (tranne un piccolino che si alza, guarda la madre indignato e urla: IO NON SONO BRUTTO! Etruschi, parola sconosciuta, è scivolata al suo orecchio in brutti). Oppure può succedere che Canopo, urna cineraria antropomorfa, venga apostrofato come testa vuota da una bambina in prima fila; e come darle torto, il suo capo è solo un coperchio vuoto.

E così tra risate, canzoni e momenti assorti – quando compare l’Ombra della Sera, illuminata dal basso, muta e solenne, tutti tacciono, come per miracolo – lo spettacolo finisce, e gli autori svestono i panni di burattinai. Per assumere il ruolo di Caronte che permettono di transitare tra creatività e storia dell’arte, portando i bimbi giù nelle sale, alla ricerca di teca in teca delle forme originarie di quei personaggi, conoscendone storie e tecniche realizzative.

Rimaniamo così tutti a bocca aperta, grandi e piccini. Del resto, di fronte alla solennità e al mistero dell'arte arcaica, così vicina eppure così lontana, così immediata eppure così inconoscibile, abbiamo tutti lo stesso sguardo, adulti e bambini. Solo che loro, i bambini, hanno meno sovrastrutture di noi adulti, e riconoscono subito il valore di questo mistero e di questa meraviglia. Non cercano di addomesticarla, di raffreddarla, di razionalizzarla, come facciamo noi. Per loro il volto ieratico di una divinità etrusca è solo un volto – gli occhi grandi, il naso a punta, la barba curata e le orecchie da gnomo – un animale con le ali su di un vaso è solo un animale con le ali, non importano i nostri scrupoli scientifici o antropologici. E così i bambini di oggi entrano in contatto diretto con quegli oggetti alieni, in modi forse non troppo diversi da quelli con cui, millenni e millenni fa, i bambini di allora li guardavano e li immaginavano, di nascosto dagli adulti di allora, quando quegli oggetti erano di uso comune e il loro senso era a tutti conosciuto.

Il nuovo spettacolo della serie, Lo specchio magico di Afrodite, andrà in scena l’8 e il 15 marzo presso la Fondazione Rovati, Corso Venezia 52, Milano.

Qui tutte le informazioni e la possibilità di prenotare online la partecipazione.

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