Una spy story di alto livello / Tomás Nevinson di Javier Marías
Scrive Javier Marías in Tomás Nevinson (Einaudi 2022, traduzione di Maria Nicola): "Parlammo quindi di romanzi e di film, e di come i buoni autori, che allora secondo lei scarseggiavano, riuscissero 'magicamente' (usò questa parola kitsch) a farci credere e appassionare alle loro storie, pur giocando senza inganni e avvertendoci che erano false, frutto della loro immaginazione, inventate, inesistenti nella realtà che abitavamo, tanto loro, gli autori, quanto noi lettori". Una frase rivelatrice: l'abilità di Marías è infatti quella di portarci, nel 1997, in una cittadina spagnola, dove l'agente segreto Tomàs Nevinson deve scoprire e poi uccidere una persona che dieci anni prima aveva preso parte ad attacchi terroristici dell'Ira irlandese e dell'Eta spagnola, e farci credere che sia tutto vero. Sullo sfondo di fatti realmente accaduti, Marías descrive il tormento morale di un uomo che deve scegliere una donna, di tre che gli hanno segnalato, per porre fine alla sua vita e impedirle di reiterare il crimine di cui si era macchiata (la strage di Hipercor, con l'autobomba davvero esplosa il 19 giugno 1987 in quel centro commerciale di Barcellona, e quella della Caserma di Saragozza, l'11 dicembre 1987).
Se non ne identifica una come l'autrice o la co-responsabile degli attentati che provocarono la morte di molte persone, anche bambini, tutte e tre le donne saranno uccise. Se la scopre, due si salveranno. Siamo in una spy story di alto livello, nobilitata dalla cultura dei protagonisti, l'ufficiale dei servizi segreti Bertrand Tupra (alias Reresbery, Dundas, Nutcombie e vari altri pseudonimi) e Tomás Nevinson l'agente, familiari con Shakespeare (il Macbeth viene parafrasato più volte perché Tupra lo sa a memoria), Dumas, Hemingway, Dylan Thomas, T.S. Eliot, Jules Laforgue, Friedrich Holderlin, Heinrich Heine, Umberto Eco, W.G. Sebald, John Donne, Rebecca West, con i "sordidi" Lucian Freud e Francis Bacon, ma anche con i film di Nicholas Meyer, Stanley Kubrick, Alan Rudolph, John Cassavetes e perfino con Sette spose per sette fratelli, perché una ragazza che disegna identikit si chiama Miss Pontipee, come i sette cowboy del famoso musical anni '50.
Nei ringraziamenti finali l'autore ironizza sul fatto che "con Internet non c'è bisogno di aver letto per scovare citazioni e appropriazioni, mi conviene quindi dare contezza di quelle che compaiono in questo libro, secondo il mio modesto sapere". Mariàs mette le mani avanti avvertendo che "è convinzione generale che un poliziotto o un agente segreto non possano essere persone colte e appassionate di letteratura" e ingegnandosi a smentire questa falsa credenza con pagine grondanti delle predilezioni dell'autore, messe in bocca a questi due 007 (citato anche lui, con Ian Fleming) di buone letture. Si capisce quasi subito che l'apparato spionistico-poliziesco è un pretesto: qui siamo in territorio filosofico-meditativo, dove domina l'introspezione psicologica che si intreccia con il degrado della politica, quando fornisce ai terroristi alibi alimentati dalla demagogia di un culto popolare nutrito con la morte pretestuosa di vittime innocenti.
Del resto, se non fossero così colti, quei due, ma soprattutto Tomás Nevinson, come farebbero ad essere tormentati da quegli scrupoli morali che finiranno per mettere in dubbio la riuscita stessa dell'operazione? Ma una cambiale allo stereotipo della durezza della spia va pagata e Tomás Nevinson è anche, felicemente, il romanzo politicamente scorretto che nessun autore americano avrebbe mai oggi il coraggio di scrivere.
Le tre donne co-protagoniste Inéz Marzan, Celia Bayo e María Viana vengono descritte come sempre rispondenti a un cliché accettato, vuoi perché magari nascondono sotto una femminilità convenzionale la belva sanguinaria che le spinge a compiere atti terroristici, vuoi perché la virilità, stereotipata anche quella ("Le donne non si toccano nemmeno con un fiore" arriva a dire Nevinson), degli agenti segreti, deve avere un controcanto plausibile: e non è detto che non ci sia rispetto nelle descrizioni dei rapporti tra i sessi, senza l'ipocrita autocensura imposta dalla soggezione nei confronti del genere, nella necessità di dire pane al pane.
Javier Marías ha scritto che per raccontare una storia devi averla immaginata prima: i numerosi dettagli della vicenda sono testimoni di un pensiero letterario che in questo romanzo amalgama meravigliosamente stile e contenuto, fino a farci vedere, come se fossimo presenti, un assurdo incidente domestico in cui un'upupa viene uccisa per sbaglio con un colpo di fucile, o la faticosa immersione in una vasca colma d'acqua del corpo addormentato di una donna. L'invenzione della realtà in una vicenda di per sé realistica, che mischia fatti accaduti alla fantasia, arriva fino alla riproduzione di una foto, a pagina 84, pubblicata da El Pais, degli effetti dell'esplosione alla Caserma di Saragozza mentre l'immagine di copertina è un ritratto di Gérard Philippe scattato da Bruno Dayan perché, dice Tomás Nevinson, "avevo ritrovato il mio peso forma e il parrucchiere Sigfrido e il suo continuatore ruanese avevano restaurato, ai limiti del possibile, la mia capigliatura della gioventù, che ricordava quella di un famoso attore francese d'altri tempi, Gérard Philippe".
Le tre donne di Tomás Nevinson non sono le femministe del film di Robert Altman (1977), dove gli uomini sono figure sbiadite, né quelle immobili e contemplative del racconto omonimo di Robert Musil (1924): sono tre donne che incrociano per caso i loro destini con il protagonista e lo costringono a interrogarsi sui limiti di ciò che è consentito fare, per raggiungere il "bene", perché il dilemma etico, come nei romanzi di Graham Greene, lo arrovella: ha accettato questa nuova missione malvolentieri, stancamente relaziona al suo capo la difficoltà di decidere quale sia la terrorista irlandese da eliminare, fino alla rivelazione conclusiva che in un certo senso rende vana la giustificazione che lo aveva convinto ad accettare all'inizio: "uccidere non è un atto così estremo né così difficile e ingiusto se si sa chi deve essere ucciso, quali delitti ha commesso o annuncia di voler commettere, quanto male sarà risparmiato con la sua morte, quante vite innocenti si salveranno al prezzo di un solo sparo, di uno strangolamento o di tre coltellate".