Una risata ci ha seppellito

16 Aprile 2025

Nello scontro finale tra l'affabile francescano Guglielmo da Baskerville e l'impietrato bibliotecario Jorge da Burgos sul libro perduto di Aristotele con tema la commedia, il secondo argomenta che il riso “è il sollazzo per il contadino, la licenza per l'avvinazzato, anche la chiesa nella sua saggezza ha concesso il momento della festa, del carnevale, della fiera, questa polluzione diurna che scarica gli umori e trattiene da altri desideri e da altre ambizioni... Ma questo libro potrebbe insegnare che liberarsi dalla paura del diavolo è sapienza.” Tutte le affermazioni del custode assassino dell'ordine sono recepite in negativo dal lettore contemporaneo, che sta dalla parte del sorriso umanistico, se non del ribaltamento bachtiniano tra alto e basso sociale attraverso il carnevale, di Guglielmo. Promotore di una consapevole e illuministica accettazione del dibattito, “arguzia contro arguzia”, noncurante della “retorica dell'irrisione” paventata da Jorge, che profetizza: “quel giorno anche tu e tutta la tua sapienza, ne sareste travolti!” E del resto l'uomo occidentale di oggi si colloca sulla linea di apertura al riso che parte dallo spirito mordace dei teatranti ateniesi e arriva alla “liberazione dai tabù arcaici, dai gioghi ecclesiastici e dalle censure statali, la fine dello stato di minorità degli uomini a cospetto delle grandi maiuscole intimidatorie – la Patria, lo Stato, la Chiesa, la Morale, la Tradizione – fino a rovesciare dal piedistallo la maiuscola suprema, Dio.” Queste ultime parole, nonostante una possibile consonanza, non sono del vecchio benedettino ma di Guido Vitiello che, in Joker scatenato (Feltrinelli 2025), ci illustra fin dal titolo, Il lato oscuro dalla comicità, lo specifico del suo brillante saggio.

Il magnete che attira le molteplici riflessioni e citazioni (storiche e antropologiche, letterarie e politiche), supportate da un'imponente bibliografia, è appunto il nemico di Batman, apparso in fumetto negli anni Quaranta del secolo scorso. Molteplice pure Joker fin dalla nascita, stante le diverse versioni dei suoi creatori (due disegnatori, uno scrittore e l'editor della DC Comics), ha attraversato sulla pagina varie incarnazioni, ora più violente ora più burlesche, trovando la sua consacrazione nei film di Burton (1989), Nolan (2008), Phillips (2019 e 2024), in cui sghignazzando progressivamente ruba la scena al suo cupo gemello. Da questa popolarità il proliferare della maschera nelle piazze ribelli di mezzo mondo, ma pure l'applicazione sul volto di un paio di killer di poliziotti; o ancora la giusta apposizione sulle fattezze di Obama da parte dei destrorsi del Tea Party e del movimento dei Birther, e a Trump quale salutare agente del caos, capace di scompaginare élite ed istituzioni. Altrettanto variegate e di opposto segno le interpretazioni sociologiche e politiche, psicoanalitiche freudiane o junghiane; amante frustrato, trickster, reietto in rivolta, fool shakespeariano, manifestazione di Dioniso o di Shiva. Di certo Vitiello mette due punti fermi: il comico e il rapporto inscindibile con i mezzi di comunicazione; e qui si intuisce la bruciante attualità di questo mito d'oggi.

k

La jena ridens è uscita dai limiti mortificanti della Quaresima, per dilagare nel carnevale perpetuo, allorché siamo via via scivolati nella società del divertimento. Dagli stand-up comedians, irriverenti e sciamanici, distruttivi e autodistruttivi, come Lenny Bruce, che si esibivano in palcoscenici underground, alle versioni più moderate delle sit com televisive, fino al bullismo derisorio dei troll che imperversano nell'indisciplinata palestra dei social, il crescendo d'intensità e di occupazione degli spazi è stato indubbiamente stupefacente. In questa corrente, che per certi versi scorre parallela e si mescola con l'imporsi dello story telling, si sono ovviamente inseriti i politici. Diventare simpatici, autoironici, pronti alla battuta e alla contro battuta, come i presidenti americani nella cena annuale della White House Correspondents' Association o la Meloni ospite e conduttrice di Un giorno da pecora, o showgirl in parlamento, pare ormai una necessità per il consenso elettorale. Certo la massima identificazione tra re e buffone, la cui ambigua dialettica Vitiello insegue con approfondita filogenesi, viene esemplificata da Berlusconi e Trump (ancora quello del primo mandato, prima del grande pezzo televisivo dell'incontro alla Casa Bianca con Zelensky): “Burlone, mistificatore, bugiardo, imbroglione, gaffeur, provocatore di disastri, violatori di tabù, maestro di eccessi sessuali, attraversatore di confini sociali e civili ritenuti invalicabili” ecco il nostro Ubu roi. Procedendo dall'altro verso, incontriamo nel 1928 l'attore di vaudville Will Rogers che in radio lancia un proclama politico surreale con la voce del presidente di turno, e che lascia oggi il posto alla impressionante miriade di attori comici effettivamente eletti alle più alte cariche in giro per il mondo. In Italia il caso di Beppe Grillo, definito “un figlio dirazzato dell'Urvater Berlusconi”, che opera il transito da una comicità nata come bonaria nella televisione commerciale generalista, a quella feroce del riso pronta a mostrare i denti verso la preda insieme alla propria muta di caccia.

Attorno al buffone fattosi re e al re buffone, una pletora di opinionisti, memeisti, monologatori della nuova destra che ha strappato alla parte avversa le armi della risata: “il libertinismo, il gusto della trasgressione e dell’oscenità, l'individualismo anarcoide, l'ironia blasée verso ciò che agli altri appare sacro, un'incoercibile mancanza di rispetto, l'insofferenza ai cerimoniali borghesi, la buffoneria”. Cosicché nella duplicità del clown, ora “bianco”, malinconico violinista, ora “augusto”, trombonesco e volgare, la destra ha assunto quest'ultima parte, decisamente più popolare, incastrando la sinistra dentro le sembianze del doppio freddo, elitario, supercilioso, politicamente ingessato più che corretto, bacchettone. Insomma la risata di Joker ha seppellito decoro e regole tanto che dal ridere si può morire sul serio. L'analisi di Vitiello constata senza offrire un rimedio al potere del “Tyrannos”, che ha già incorporato il “pharmakon” della buffoneria per stornare la malevolenza degli dei (e della massa); non raccoglie la sfida di Guglielmo ad entrare nell’agone, né la di solito vincente soluzione repressiva di Jorge, visto che alla fine il criminale dal largo e sanguinoso sorriso viene fermato dalle leggi. Tuttavia la girandola di micronarrazioni, riferimenti e giochi di parole della prosa smagliante, già forse mostra in sé il graffio infettivo di Joker: una goccia inoculata che può fare da vaccino?

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO