La tempesta di James Ellroy

29 Giugno 2020

Chiunque scriva di James Ellroy non può prescindere dall’associare il suo nome a due aggettivi: «prolifico ed eccessivo». 

Dopo il quartetto « L.A.Quartet » (Dalia nera, L.A. Confidential, White Jazz, Il grande nulla, scritti tra il 1987 e il 1992), dopo la trilogia « Underwold USA » (American Tabloid, Sei pezzi da mille, Sangue randagio, scritti tra il 1995 e il 2009) è entrato in una nuova era, o secondo le sue stesse parole, in un nuovo quartetto.

 

L’esordio è stato Perfidia (Einaudi 2014), seguito ora da Questa Tempesta (Einaudi 2020). Il titolo esprime un raffinato avvertimento, come segnala la nota finale. In una pagina si legge che taluno “conosceva un fruttato poeta inglese, WH Auden”. Questi, in realtà, scrisse una poesia (‘A uno scrittore per il suo compleanno’) nel 1935 per il suo amico compagno, C. Isherwood utilizzando le parole "Questa tempesta" per segnalare la profezia di una catastrofe. (la tempesta-che viene- è un disastro-che inselvatisce- la pioggia - l’oro - il fuoco- tutto questo- una sola- e la stessa- storia, in New Verse, 1935, n. 17).

Lasciati gli anni ’30 corrotti e bui ci si immerge nella Los Angeles dei primi anni 40, nel preludio e nell’inizio della seconda guerra mondiale tra il 30.12.1941 e l’8.5.1942. Perfidia iniziò quando i giapponesi attaccarono Pearl Harbor e finì tre settimane dopo. Questa tempesta riprende il filo del racconto dal punto in cui si era interrotto e dura poco più di quattro mesi. Quando verranno pubblicati i restanti volumi, il totale complessivo di questi 11 libri rappresenterà la versione sporca e intrisa di sangue della storia americana “secondo Ellroy”, tra il 1941 e il 1972.

 

L'azione si svolge principalmente nel sud della California, a Los Angeles, San Diego e Manzanar e nel nord dello stato messicano della Baja California a Tijuana, Ensenada e La Paz. Come di consueto numerosi sono gli intrighi e i casi disparati che si rivelano strettamente interconnessi: "tutto questo è solo una storia" ammonisce una voce. Questa frase viene ripetuta molte volte, sei per la precisione, e rivela la velocità con cui vengono rivelate queste interferenze e manifesta la pressione sul lettore perché ne venga totalmente coinvolto.

In estrema sintesi vengono trattati il triplice omicidio che coinvolge due poliziotti e l’ammasso di oro nazista e sovietico con il problema della sua posizione. Ma non solo: in un parco una tempesta smuove la terra riportando alla luce i resti di un corpo carbonizzato risalente a molti anni prima. Si delineano alcune ipotesi: una di queste identificherebbe nel cadavere il componente di una rapina avvenuta nel 1931 conclusasi senza arresti e senza recupero della refurtiva. La situazione si intorbida con il ritrovamento di due detective trovati uccisi in un ritrovo di drogati.

L’elenco dei casi, se si vuole un maggior dettaglio, si allunga enormemente, quasi a dismisura lungo 864 pagine, suddivise in sei parti. L’inquadramento è sempre l’attualità criminale, sociale, culturale, politica di quell’epoca nella frontiera occidentale californiana americo-messicana. Si va dalla rapina di un treno governativo nel maggio 1931 con il furto di oro e la fuga di otto prigionieri all'incendio di Griffith Park nel 1933 dove morirono il fratello di Elmer Jackson e il padre di Joan Conville, la festa a Brentwood nel 1939 dove si tramava per uccidere qualcuno, il caso Watanabe, cioè dell’omicidio di quattro persone a colpi di spada della sua famiglia, alla vicenda dello stupratore seriale Fujio Bambou Shudo, l’arrotino ambulante anche detto il lupo mannaro psicopatico sessuale, l’affare Klubhaus con l’esecuzione di due poliziotti corrotti del LAPD nel 1942, il commercio di droga transfrontaliero, il traffico d’armi, il traffico di esseri umani (prostitute, messicani immigranti, giapponesi, esiliati europei), immigranti messicani, due massacri di combattenti giapponesi, la corruzione a differenti livelli, le opzioni ideologiche (Klan, American first, comunisti-fascisti), sociali, politiche, religiose, di differenti individui che sono altrettanti strumenti di pressione.

 

Come in precedenza, Questa Tempesta riannoda quei fili di racconti in un concentrato di scene, lampi di fulmini, spari e luci al neon, una combinazione di spigoli vivi e messaggi telegrafici. Si parla degli argomenti più svariati. La droga (alcol, benzedrina, terpina, cocaina, eroina, psicotropi, mescalina, oppio, morfina), la prostituzione, la sessualità, la polizia (nascondigli, intercettazioni, ricatto, sequestro, armi, intoppi, falsi indizi, investigatori manipolatori, violenza, percosse, assassinio, racket, federali infiltrati, confessione ottenuta sotto coercizione), la giustizia (furto o distruzione di prove, mandato di perquisizione, giuria fantoccio, assoluzioni di massa), la politica (elezioni, dissolutezze, appropriazione indebita, propaganda, cellula comunista, militanti nazisti). E ancora la politica e la polizia in tempo di guerra (spie, quinta colonna, possibile accordo anti-americano tra comunisti e fascisti, totalitarismo, realpolitik, sabotaggio, fossa comune, difesa aerea, sommosse), infatuazioni sospette di europei rifugiati di guerra (da Thomas Mann a Kurt Weill, da Bertold Brecht a Arnold Schönberg), giornalismo (gli idioti della stampa, gli sciacalli dei giornalisti), la musica (jazz, Count Basie, Charlie Parker, Otto Klemperer, le partiture clandestine di Čajkovskij e Richard Strauss, Scriabin, Rachmaninov, i direttori Bohm e Furtwangler), la pittura, (Picasso, Klee, Kandisky).

 

 

Non manca il razzismo, argomento che Ellroy non ha mai eluso tanto da far iniziare il romanzo con il discorso radiofonico, nel 1941, di padre Coughlin concentrato nel predicare l’antisemitismo. Il gergo razzista è ovunque, con violenza disinvolta; il triplo omicidio si svolge in un quartiere nero e poiché i poliziotti da cui Ellroy attinge la maggior parte dei personaggi sono di vario grado razzisti, gli epiteti sono numerosi, vili, spesso urtanti. La loro giustificazione potrebbe essere principalmente storica per fornire la necessaria accuratezza ricostruttiva, ma anche letteraria per il recupero espressivo, dal momento che gli epiteti si verificano nel discorso diretto e molto meno nella narrazione in terza persona.

All’esterno, durante gli eventi Ellroy talora si presenta come "il cane demone, il gufo con il ringhio della morte, il cavaliere bianco dell'estrema destra". Il suo personaggio pubblico è quello di un repubblicano: "Sono un Thatcheriano e un Reaganiano" che disdegna gioiosamente la correttezza politica. Ha anche descritto questa persona come "circa il 3% di quello che sono" e confonde ulteriormente le cose, ad esempio, confessando a un intervistatore nel 2009 che aveva votato per Obama, e che un anno dopo trova Obama "sinistro ... il volto del socialismo canceroso”.

 

Occorre riconoscere una certa coerenza dell’autore nel difendere il diritto di costruire personaggi razzisti quando afferma che costoro non dovrebbero essere definiti per il loro razzismo. Nell’introduzione del 1997 a una raccolta di romanzi sul detective Lloyd Hopkins (La trilogia di Llyod Hopkins, Mondadori, 1994) scrisse che "voleva creare un poliziotto riconoscibile come razzista e reazionario, e rendere il suo razzismo e le sue tendenze reazionarie attributi casuali”. Ha ammesso l'amore per "invettiva razziale" e ha posto, come fine in sé, che "il linguaggio razzista, pronunciato da personaggi accettabili, confonde i liberali nascosti".

Il razzismo non è la sola costante che collega i suoi romanzi. Una forte e indiscussa presenza sono i personaggi e gli episodi legati al passato, come dimostra la ricca ed utile nota finale. Pete Bondurant, ad esempio, il braccio destro di Howard Hughes in White Jazz, diventa un personaggio principale nella "trilogia americana", mentre in Questa Tempesta si incontra l'adolescente in fuga Joan Rosen Klein, che riapparirà, 26 anni dopo, come uno dei personaggi principali di Sangue Randagio. Da Perfidia si ripropone il caso Watanabe, come la vicenda dello stupratore seriale Fujio Bambou Shudo, detto il lupo mannaro psicopatico sessuale. La storia dell’esperto forense Ashida richiama da vicino quella di Danny Upshaw in Il grande nulla di molti anni prima. Entrambi hanno il compito di infiltrarsi in un gruppo di simpatizzanti comunisti di Hollywood impiegando una peculiare tecnica forense. Ashida e Upshaw sono anche gay torturati dalla loro sessualità, membri di un gruppo che include Jack Herzog in Perché la notte e Lenny Sands in American Tabloid.

 

Protagonisti costanti e permanenti, sono gli agenti di polizia del dipartimento di Los Angeles (LAPD). Continuano le storie precedenti del poliziotto corrotto Elmer Jackson, del poliziotto Dudley Smith (presente fin dal 1982 in Clandestino, Mondadori 1982) e l'esperto forense Hideo Ashida (oltre a Joan Conville, apparente donna fatale. Compaiono poi taluni veramente esistiti come operanti in polizia come Thad Brown (1902-1970) o James Edgar Davis (1889-1949. Sono presenti poi poliziotti americani al di fuori di LAPD (Eugene BiscailuzBig Bob Boyd, Dr Nort Layman, Edmund J. Ed le Fed Satterlee, Al Whilhite), poliziotti messicani (Jorge Villareal-Caiz, Juan Pimentel).

Costoro sono quasi tutti fuori fase. Uno è alcolista, un altro fuma oppio o consuma benzedrina, uno ha allucinazioni mentre guida, un altro preferisce la torpina. Sono quasi tutti tenebrosi, traditori, divorati da ambizioni personali, rosi dall’ambiguità morale, con contraddizioni insanabili, tradimenti, ansia di redenzione. Il vero tema è l’ossessione da fragilità (il desiderio amoroso, gli amori impossibili) maturate nella guerra che spezza ogni consuetudine, diffonde emotività, travolge le consuete barriere, impone la deriva introspettiva. Ciascuno conserva il suo vissuto interiore, sorveglia l’altro, lo manipola. Joan Conville et Kay Lake tengono un giornale che fornisce uno sguardo diverso sugli eventi. E come sempre nei libri di Ellroy, anche il personaggio più interessante, Dudley Smith, è il più ripugnante. Arrivista, invadente, corrotto, alla deriva, fascista, ma “sempre strategico” scrive Ellroy.

 

Non cambia altresì il modo di intendere il genere letterario che li può rappresentare e la società che rappresenta. Ellroy è un nichilista reazionario, convinto che la violenza e la ferocia siano più forti e precedano qualsiasi movente. Lancia una sfida all’interno della tradizione romantica, si spinge oltre i limiti per vedere fin dove si può arrivare. Per questo fa propria l’eredità del genere poliziesco, ma non la sua morale. Così elimina la figura dell’investigatore che insegue la verità e dissolve gli eroi positivi a causa della contaminazione del clima morale. Il male non ha spiegazioni, esiste e basta. Le ossessioni personali dominanti e le pulsioni accomunano gli eroi di Ellroy a quelli del feuilleton ottocentesco per il progressivo manifestarsi di una presenza oscura e maligna, come è stato osservato (Oliva, Storia sociale del giallo, Todaro editore, 2003). Del resto è conoscenza acquisita che non si tratta di un’ispirazione letteraria, ma è la rielaborazione di una tragica esperienza personale, ampiamente raccontata da lui stesso (I miei luoghi oscuri, 1996).

Ellroy ha eliminato ogni leziosità, ha denunciato la durezza degli investigatori, riconsegnata al male la verità, alla malvagità la sua realtà attraverso la cruda violenza della vita, degli odori, dei corpi squarciati. Non esistono detective intemerati in quanto il crimine non scompare, è permanente come permanente è il male.

 

Ha polverizzato il canone del noir, rendendo obsoleto tutto quanto avvenuto prima. Ha rovesciato come un guanto elegante la letteratura del crimine, ha ridicolizzato la leziosità mal camuffata, ha disvelato i cuori teneri di investigatori apparentemente duri, ha ridato al crimine la sua violenza, ha imposto la visione urticante di corpi fatti a pezzi.

Il suo intuito geniale è stato trasferire storie di perversioni e crudeltà a una dimensione storico-mitica, calandole nella storia civile del paese. Ha portato il tutto ai limiti estremi, le sue tinte si caricano e ha costruito un genere che ha sfondato i suoi stessi confini per dilagare nei territori del romanzo storico, della sperimentazione stilistica, approfondendo l’aspetto morale ed esistenziale dei personaggi.

E qui entra in scena il suo rapporto con la storia. Il romanzo contiene molti eventi reali: l'internamento di americani giapponesi all'inizio del 1942, la scoperta di basi sottomarine giapponesi nella penisola Baja del Messico e il contrabbando dello spartito di "Leningrad Symphony" di Šostakovič dalla Russia all'America. Ma sono presenti anche qui in versioni alternative, proprio come alcuni dei suoi romanzi precedenti hanno presentato versioni alternative dell'assassinio di JFK, della guerra del Vietnam e del più iconico dei crimini per Ellroy, l’uccisione di Elizabeth Short, alias la Dalia Nera, nel 1947.

 

I suoi libri, in definitiva, non sono libri di storia perché i documenti che compaiono sono spesso inventati, usati dall’autore per fare i conti con la propria coscienza. I protagonisti vanno e vengono come palline impazzite in un sanguinario gioco da tavolo. I fatti non interessano, tanto che vengono deformati quelli veri. Anche se affascinato dagli archivi e dalle foto (Un anno al vetriolo, LAPD 1953, Contrasto 2016), Ellroy compie una consapevole fusione tra realtà e finzione, mescolando tutto. Il genere letterario che nasce è un ibrido, una finzione in cui la storia è soccombente, stritolata e deformata dal volere dispotico dell’autore.

 

Mentre le trame brulicanti di romanzi precedenti si trasformano in qualcosa di sinfonico, in Questa Tempesta Ellroy sembra avere, come già segnalato, fretta. Al di là dei misteri principali del libro le altre trame vengono risolte non appena vengono alla luce, e ogni ostacolo è rapidamente aggirato. Lo stile è come sempre nervoso, elettrico, ossuto, martellante, telegrafico, iper-caffeinato. Le frasi sono corte, al presente dell’indicativo, senza subordinate. Questo dato è importante per Ellroy perché il suo stile è sempre stato uno degli attributi più distintivi, con rimandi e richiami al passato. Quando leggiamo, "Constanza lo spinse contro il muro posteriore e lo tenne lì con la bocca", ricordiamo in American Tabloid Pete Bondurant quando si unì a Barb Jahelka e "la spinse contro il muro con la bocca". Quando qui leggiamo che il poliziotto messicano José Vasquez-Cruz “è andato a segno. Parlava baritono intonato", ricordiamo Carlos Marcello in American tabloid che "ascolta bene e strano per un baritono basso". Quando un poliziotto corrotto sente qualcosa che non vuole e afferra il bicchiere da champagne così stretto da far spezzare lo stelo, ricordiamo il mafioso che sentì qualcosa che non voleva nel Grande nulla e mise il bicchiere in mano con "frammenti che esplodono su tutto il tavolo".

Elmore Leonard ha detto di Dalia nera che "leggerlo ad alta voce potrebbe frantumare i tuoi bicchieri di vino".

Ellroy non è mai stato uno scrittore da leggere prima di andare a letto; la sua visione è il sogno della febbre dopo le luci spente. E anche Questa Tempesta rompe il clima da rilassante amaca: è un mattone sul pavimento del salotto buono impreziosito dalle

porcellane. È barbaramente avvincente nel descrivere l’anima nera americana, razzista e livorosa.

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