SIAE: liberare le immagini?

18 Giugno 2024

L’occasione. Il 30 maggio 2024 il quotidiano “La Repubblica” ha diffuso una doppia pagina dedicata a eventi culturali senza immagini. Non si è trattato di un guasto tecnico, ma di una decisione studiata: denunciare i vincoli burocratici imposti per la riproduzione delle opere dalla Siae, che come noto gestisce i diritti. Non solo: pubblicare le immagini sarebbe costato troppo in base al nuovo regolamento della società (“Compendio 2024 delle norme e dei compensi per la riproduzione di opere delle arti figurative”). Osserva il quotidiano: la Società italiana degli autori ed editori ha ormai reso impossibile il nostro lavoro. Un tariffario dei diritti di riproduzione sempre più costoso e una macchina burocratica implacabile rallentano, talvolta impediscono, la pubblicazione degli articoli” (Pappalardo ed Olivero, Repubblica 30.5.24).  

Quali sono i termini del problema? La SIAE gestisce in regime di monopolio la tutela del diritto d'autore in Italia dal 1882, ma nel 2014 la Direttiva europea n.26 si occupa di liberalizzare quel mercato. Seguono interventi parziali con la Corte di Giustizia Europea che emette la sentenza 21.3.2024. In essa si censura la legge italiana che consente il monopolio perché “costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto preclude a enti di altro Stato di svolgere l’attività nel mercato. Di conseguenza non è compatibile con il diritto dell’Unione. Viene così sancita la liberalizzazione di quel mercato bandendo la posizione monopolistica. 

Tornando all’episodio di “La Repubblica” il Presidente della SIAE è intervenuto affermando che il “tema è delicato … e ci impegna a risolvere in maniera definitiva la questione su cui la Siae sta lavorando da tempo. Nei prossimi giorni proporrò al consiglio di gestione una soluzione che rispetti le norme, ma che consenta di mettersi al passo coi tempi e in linea con le principali nazioni che in Europa trattano questo argomento in maniera diversa”.

La cornice legale. Uno degli obiettivi di una società civile matura è raggiungere l’equilibrio tra diritti in apparente concorrenza, situazione espressa dalla vicenda in esame. Il diritto d’autore è una conquista fondamentale della modernità e la protezione dei contenuti intellettuali va salvaguardata tutelando le creazioni rientranti nel concetto di “opera dell’ingegno”.
Dall’altro lato vi sono diritti, ad esempio quelli di cronaca, di critica, comunque di espressione per citarne alcuni, che godono di pari tutela costituzionale. Che accade quando due diversi diritti entrano in conflitto? Come bilanciarli? 

Rinviando a quanto segnalato in passato (Siae: il monolite traballa), la legge specifica del 1941, variamente aggiornata (D.Lvo 68-2003) anche in seguito a Direttive Europee (n. 29 del 2001), distingue nettamente alcune situazioni. 

Da un lato contempla il “diritto di cronaca” che consente la libera riproduzione di opere nei limiti dello scopo informativo” (art. 65.2.).  Dall’altro stabilisce che la critica e la discussione («Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti e la loro comunicazione al pubblico”) siano libere purché rispettino due limiti. Il primo riguarda la finalità specifica, cioè la critica e la discussione. Il secondo concerne la non utilizzazione economica dell’opera” quindi l’obiettivo non commerciale, aggiungendo che per insegnamento o ricerca scientifica l’utilizzo libero deve avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali” (art. 70.1.)

In apparenza semplice, l’interpretazione dei termini in realtà è resa difficoltosa dalla tecnica legislativa utilizzata. Sono state usate infatti categorie “aperte” (cronaca, critica, informazione), cioè non definite in modo rigido. E questo per un motivo spiegabile: la legge molto spesso è pressata da un’esigenza contingente, espressione di un certo momento storico. Nel contempo però è proiettata nel futuro, pronta a resistere ai cambiamenti spesso frenetici e umorali sollecitati dalla società. Basti pensare ad esempio, tra le molte, alle nozioni geneticamente permanenti perché non congelate nella quotidianità, di “criminalità mafiosa” (art. 416 bis codice penale), di “ordine pubblico” (art. 21 costituzione), del “senso del pudore” (art. 529 codice penale), di “osceno” (art. 528 codice penale), dell’“opera d’arte e di scienza” che esclude, se presente, la punibilità del carattere osceno (art. 529 codice penale). Per questo ed altri motivi, l’interpretazione è operazione complessa potendosi realizzare anche molto tempo dopo al varo della norma. 

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Il discorso diviene concreto per le nozioni di CRONACA e CRITICA, parole dal significato in apparenza scontato. La cronaca connota l’informazione rispetto ad un consesso sociale che chiede di esserne messo a conoscenza. La critica esprime la valutazione soggettiva di fatti accaduti. E allora, ci si chiede, quale accoglienza riserva la modernità a queste nozioni e quali segni vengono oggi ad assumere? 

Per quanto riguarda la cronaca, è fonte di perplessità l’espressione normativa secondo cui il suo esercizio è libero se avviene a «scopo informativo» (art. 65.2.). Esiste una cronaca che non informa? I due termini non identificano forse la stessa nozione? La cronaca non è forse oggettiva segnalando, additando, sottolineando? L’informazione non è forse strutturale alla cronaca dal momento che quest’ultima ha l’obbiettivo, primo ed ultimo, di informare? Del resto andrebbe riletta una sentenza costituzionale antica, ma chiara: “Esiste un interesse generale all’informazione, protetto dall’articolo 21 della costituzione che implica in un regime di libera democrazia una pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali anche temporanei alla circolazione delle notizie e delle idee” (n. 105 del 1972).

Sembra un dedalo interpretativo quello imposto dalla legge 633-41, accresciuto da talune decisioni giurisprudenziali come quelle che hanno ritenuto non libera, e quindi da tariffare, la riproduzione di opere non attuali, cioè reperibili (ad esempio on line) anche in epoca successiva. Si introduce così una nota ulteriore, bizzarra quanto confusa, nel senso che la cronaca informativa libera sarebbe solo quella attuale, istantanea, non recuperabile. 

L’altro versante è quello della «critica o discussione”, nel senso che è libero il suo uso per «fini non commerciali» (art. 70.1.) così escludendo, ad esempio, i cataloghi di mostre o libri scolastici. E allora i fini commerciali, cioè “l’utilizzazione economica”, si identificano con quelli “lucrativi”? Quando questa nota specifica può essere attribuita a un’attività culturale, e quando questa ne va esente? Si potrebbe forse ritenere la veste giuridica dell’attività un segnalatore rilevante, cioè se la società o associazione ad esempio è inserita nella fascia del Terzo Settore, se vive sul volontariato con incassi-donativi facoltativi, devoluti esclusivamente per il sostegno dell’attività? Oppure occorre considerare se è strutturata su ricavi e divisioni di utili, con bilanci e controlli di organi a ciò adibiti?

Esiste poi un altro problema: se la riproduzione è legittima, e quindi gratuita per critica e discussione, quante immagini sono disponibili? La legge in realtà non pone un tetto, ma  prevede che l’uso sia «parziale» rispettando alcune condizioni: sussistenza di una finalità di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica; limitazione della citazione nella misura giustificata da tale finalità; assenza di concorrenza dell’opera con i diritti di utilizzazione sull’opera citata; effettuazione delle menzioni d’uso; necessità che l’utilizzo abbia finalità esclusivamente illustrative come ribadisce il Compendio delle norme e dei compensi per le riproduzioni delle opere delle arti figurative sopracitato ove si fa cenno ad una sola fotografia per articolo. Tale interpretazione è stata adottata nel comunicato del 12 gennaio per la mostra milanese su Giorgio Morandi: “La normativa Siae concede l’utilizzo di una sola immagine di artista tutelato tra quelle elencate qui sotto, per un solo articolo che possa essere considerato articolo di “cronaca”, articolo di segnalazione o trafiletto ovvero che annunci la mostra con le indicazioni fondamentali: ad es. luogo, date, opere esposte, costo biglietto”.
In questo contesto trova spazio, in termini chiari e semplici, la sentenza del giudice di Lucca del 26 novembre 2023, contrastata frontalmente dalla SIAE che ne ha promosso l’impugnativa. I problemi sono aperti, l’interpretazione insicura, la scelta di “La Repubblica” orientata sulle alte tariffe e sulle difficoltà burocratiche non affronta però il nodo legislativo: quel suo servizio era cronaca, informava e quindi era libero dai balzelli oppure era critica e riflessione con o senza versanti commerciali?

Di certo il caso non è chiuso.

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