Giorno 10 / Mappa

10 Dicembre 2019

Fin dalla preistoria l’uomo ha sentito l’esigenza di organizzare visivamente il suo pensiero, inventandosi mappe per tracciare confini, la presenza di cibo, acqua o nemici: erano una questione di sopravvivenza. Col tempo le mappe sono diventate non solo strumenti progettati per la comprensione di uno spazio – per orientarsi all’Ufficio Postale così come nella Città di Smeraldo – , ma anche per la diffusione di idee e stati d'animo.

Ogni mappa è progettata per organizzare le idee, prima ancora di mostrarci uno spazio. È da sempre uno strumento utile a prendere una decisione, per condurci verso una scoperta. La mappa infatti ci svela ogni possibilità, offrendoci uno sguardo che ha un ché di divino. Ci rende imbattibili di fronte al mondo perché ci dà, sulla carta, il potere di non perderci mai: è una sorta di bacio sulla fronte della Strega Cartografa. Il territorio non è l'unica variabile di riferimento di una mappa: può essere concettuale o schematica, può sovvertire la geografia ed essere puramente personale.

 

Le mappe possono mentire, ma non scherzano mai. Con gli anni sono state incise sulle pareti, dipinte su manoscritti, cucite e persino cantate. Sono state di papiro o stoffa, di carta o di pietra. Ne esistono di reali e di immaginarie, concettuali o emozionali. La mappa può avere un punto di vista esterno e non prendere posizione, o anche essere estremamente soggettiva, mostrandoci il mondo di un solo colore, come guardandolo attraverso gli occhiali di Dorothy. Può dirci la verità sulla strada dei mattoni gialli o mentire spudoratamente sulla rotta del tappeto magico. Non c’è limite alla distorsione del suo punto di vista: potremmo anche rappresentare il mondo visto dagli occhi del cane Totò di ritorno verso il Kansas.

Le mappe raccontano anche qualcosa di noi che le disegniamo. Paure, sogni, limiti. Possono rivelare persino i deserti invalicabili della nostra emotività, quei territori dove abbondano i leoni oltre la Grande Vastità Sabbiosa.

 

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