Giorno 11 / Vento del cuore

11 Dicembre 2019

Nel mezzo di un vortice di solito l’aria è perfettamente immobile ma, per la grande pressione esercitata dal vento su tutti i lati della casa, questa si sollevò sempre di piú, fino a trovarsi sospesa sul punto piú alto del turbine. E lí rimase e cosí fu trasportata per miglia e miglia, semplicemente come voi potreste trasportare una piuma….

 

Il vento implica sempre un arrivo. Avvento di una dimensione altra da noi che ci connette con un mondo lontano, straniero. Il vento porta spore e impollina. Da dove vengono? Da quale albero? Da quale fiore? Come l’arrivo dello straniero all’improvviso nel nostro recinto di vita, nella nostra comunità, il vento sempre destabilizza, cambia le energie in campo, sempre ci obbliga a riposizionarci emotivamente. 

Il vento ci è familiare e straniero allo stesso tempo. Familiare perché siamo tutti produttori di soffio, viviamo grazie al ritmo costante di un duplice mantice al centro del nostro torace. Straniero perché si genera in un luogo imprecisato, perché ci avvolge, ci tocca, lo sentiamo sulla pelle, porta residui, sabbia, acqua, polvere… ma non possiamo vederlo, è un’entità invisibile.

 

L’avvento del vento è quasi una tautologia, vento e arrivo sono la stessa cosa! Il tocco del vento ci mette in movimento, movimento interiore, si parte di fantasia. L’arrivo del vento è come la seduzione, a poco a poco ci svia dalla nostra quiete, dalle linee consuete, ci porta verso un’altrove che non conosciamo, ci rapisce, come se fossimo in preda a una magia. Innamorarsi significa essere catapultati in un mondo a noi straniero, che ci cattura e seduce, in cui il nostro tempo abituale è sospeso, come durante una rivoluzione. Nel petto si crea un vento altro, diverso dal soffio del mantice, che ci viene da collocare istintivamente nel cuore. Cuore dal battito alterato e che genera vento, un vento freddo o caldissimo, che ci affanna e delizia, strugge e riempie di gioia. Il vento, il suo arrivo vanno accolti. Senza l’accoglienza della pianta, senza la sapienza del vegetale, che sa flettere e abbandonarsi al flusso del vento, il vento è solo minaccia e aggressione, dolore.

 

Grazie al vento Dorothy parte, è catapultata, con la leggereza di una piuma, in un paese lontano, straniero, dove le forze in campo hanno regole altre. Ma allo stesso tempo il vento è portatore di opposti, di carezze e distruzione, di arsura e freschezza. Il vento va inalato, interrogato, in quanto foriero di possibilità. Non occorre opporgli resistenza. Grazie al vento del cuore si può immaginare di andare. L’immaginazione creativa è un vento del cuore, per cui si crea sempre tramite il suo vortice e ci si sposta verso nuovi orrizzonti, per andare a esplorare, a toccare e a incontrare ciò che ancora non si conosce. 

Tutto in Oz è governato da un vento.

 

C’è come un vento del cuore che è il motore nascosto di Oz, la maggior parte degli eventi sembrano determinati dal suo influsso che sempre genera mondi, opportunità, domande e paradossi, relazioni e incontri. Il vento non ha mai colpa, è come noi lo accogliamo che fa la differenza. Il vento del cuore di Dorothy è l’afflato che la proietta sempre altrove, incessantemente, senza tregua, in un andirivieni tra mondi, all’insu e all’ingiù, lateralmente e diagonalmente. Se Dorothy si fosse rinchiusa nello shelter assieme alla Zia Em, non avrebbe mai conosciuto il variegato mondo di Oz e noi saremmo più poveri. Il vento di Oz sembra suggerirci che se non accoglieremo in noi la sua forza modellatrice, la sua fluida capacità trasformativa, il suo invito al viaggio e alla scoperta di ciò che più è a noi straniero e lontano, saremo sempre fermi, paralizzati, incatenati, rinchiusi.

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