Franco Quadri - via Ramazzini 8, Milano

29 Marzo 2011

“Credo che sia pertinace come un fanatico. Neppure se il mondo crollasse, abbandonerebbe il lavoro in corso o cambierebbe argomento. Nelle cose essenziali non è certamente influenzabile. Per il resto, per l'inessenziale, è senza difesa, probabilmente più debole di noi...”
E. Cioran, Esercizi di ammirazione.


Se penso a Franco penso subito a un meraviglioso sismografo. Lo vedo così, all'erta, ipersensibile, sempre in attesa della scossa. Questa scossa non ha luogo nel mondo, ma parallelamente. Nel teatro. Ovvero è originata nelle profondità del mondo ma si rivela nel teatro.
Franco vive nel teatro. Da sempre, almeno da quando aveva quindici anni, quando ha cominciato ad appuntare sui suoi taccuini, meticolosamente, con scrittura minuscola e ondeggiante, tutto quello che nel teatro ha visto. La forma della sua scrittura negli appunti presi durante gli spettacoli è davvero un'onda: se si sfogliano i suoi taccuini, si ha l'impressione di seguire il ritmo di un cuore: è palpitante, minuziosa, ha una forma sinusoidale. La sua natura di sismografo gli ha permesso di entrare in contatto con l'opera di artisti di tutto il mondo, spesso prevedendone le evoluzioni più esplosive. Per Franco il teatro non è teatro senza quella scossa che lui è in grado di percepire. Il suo sguardo è assolutamente affettivo e totalmente tattile, prevede sempre un contatto diretto con le opere e la loro vibrazione. Di questa vibrazione non può fare a meno, lei appartiene a lui, e lui a lei. C'è un legame inossidabile tra Franco e il teatro. Credo che le sue sopracciglia folte, pronunciatissime, vibranti, siano le antenne di questa sua speciale dote.
Un giorno ho giocato a contare gli spettacoli che può aver visto in circa sessant'anni: dai 10000 ai 15000, tra Italia, Europa e altri continenti. Significa essere transverberati, posseduti dal demone del teatro, avere un legame sanguigno con esso, se si sono viste così tante opere! Il teatro circola in lui e viceversa lui stesso circola nel teatro, non si può più prescindere dalla sua presenza.
Amare la scossa equivale a non risparmiarsi mai, a agire ostinatamente ovunque e sempre in ricerca di essa, a non concedersi mai una pausa dall'erta e soprattutto a tornare e ritornare a restituirla sulla carta, con la pazienza e tutti i dubbi del caso. La scrittura di Franco è esemplare per questo, nel riuscire a sintetizzare, con il ritmo della frase e la potenza degli aggettivi, la scossa del teatro. Amare la scossa significa amare anche la sporcizia del contatto, le relazioni non sempre facili con chi quelle scosse nel teatro le ha suscitate. Franco ha cercato questa qualità del rapporto perché la restituzione sulla carta delle onde del teatro non è completa senza quelle relazioni, che sono per lui un nutrimento fondamentale. Qualsiasi rapporto con Franco è un rapporto fatto di onde, di vuoti e di pieni, in cui le forze in campo sono palpabili, a volte aspre, a volte dolcissime. È sempre un rapporto tellurico perché Franco non nasconde di essere lui stesso sisma, sempre in movimento, e richiede lo stesso agli altri. Amare la scossa significa non sottrarsi alla sporcizia delle relazioni anche politiche, e cercare in tutti i modi di permettere e ricreare contesti in cui queste scosse possano esprimersi, rivelarsi nel teatro. Per questo si è sempre esposto di persona e ha diretto rassegne, festival, è stato consigliere e persuasore pertinace di altre direzioni, per questo non ha smesso un attimo di diffondersi nel teatro e di diffonderne un'idea vivissima e pulsante, anche tramite i libri e le riviste di cui è stato autore, redattore o direttore. Ma una volta sismografo Franco è diventato subito anche geologo, capace di captare le ondate di durata larga, quelle delle ere, quelle che a un primo sentire non si colgono, quelle per cui ci vuole un tempo immenso da dedicare e sapienza elefantiaca. Le edizioni Ubulibri sono per questo la sua massima opera di geologo patafisico.

Il 21 marzo 2011, in tournée, con i miei compagni di Fanny & Alexander siamo passati da un villaggio delle montagne dell'Abruzzo, Quadri. Alla fine del paese, vicino a una impetuosa e bellissima cascata, su un cartello uscendo dal paese abbiamo letto: "Addio a Quadri". La sera, a Ortona, non ho potuto fare a meno di assaggiare il tartufo di Quadri. Ciao Frrrrrrr!

 

Luigi de Angelis ha fondato e dirige con Chiara Lagani Fanny & Alexander.

Doppiozero vi segnala un bell'articolo di Gianandrea Piccioli su a teatro.org

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