In democrazia non basta esaltare il nuovo insultando il vecchio / Puer robustus. Come si stabilisce un ordine sociale?

2 Gennaio 2017

Il disturbatore della pace

 

Se questo libro fosse una persona – scrive nell'introduzione il suo autore, Dieter Thomä – vi batterebbero due cuori: un trattato filosofico e una storia avventurosa. Ovviamente questo libro una persona non è ma è un libro, un libro di filosofia politica, cosa oggi rara e preziosa; oggi che i filosofi e con loro molti cultori delle scienze umane non scrivono più libri e tantomeno trattati, quanto saggi e articoli di rivista, in inglese: per mancanza di tempo, di otium e di possibilità di concentrazione da una parte, ma anche, dall'altra, per imitare maldestramente i colleghi delle scienze dure. Per non parlare della reticenza che incontrano da parte degli editori a pubblicare testi concettuali e con le note. Thomä, filosofo tedesco docente nell'università svizzera di Sankt Gallen, scrive invece un trattato vero e proprio, svolgendo metodicamente una materia, in settecento pagine di cui duecento di bibliografia e note, esponendone principi e regole. Quale è la materia di questo trattato? Una figura attiva per tre secoli nella teoria e nella filosofia politiche e oggi dimenticata: il disturbatore della pace (traduco così il termine tedesco Störenfried, in una specie di assonanza-analogia con il difensore della pace, defensor pacis, del trattatista medievale Marsilio da Padova), il guastafeste, il puer robustus. Esso esce direttamente da un'ode del poeta latino Orazio, la III.2: Angustam amice pauperiem pati//robustus acri militia puer//condiscat. Vi si parla di un puer che non nasce robustus ma lo diventa con la dura disciplina militare, acri militia, e a cui viene fatto credere che dulce et decorum est pro patria mori. Esso viene riproposto da Thomas Hobbes nella seconda edizione del De cive, del 1647, dove si apre la via a una storia fortunata, e lunga. Nel 1957, nella Cina di Mao, il leader studentesco Tan Tianrong propose su un giornale murale o dazebao una citazione di Eraclito: «Il governo dello stato deve essere trasferito a giovani (maschi, sic) imberbi», firmandosi puer robustus sed malitiosus. Così come il 1° gennaio 1949 Palmiro Togliatti pubblicò sull'«Unità» una missiva in cui paragonava il Partito Comunista a un puer robustus et malitiosus, giovane, forte e astuto, che lotta contro il nemico per la difesa del pane, della libertà e della pace, e per la conquista del futuro. Maleducato e impunito ma anche osannato e festeggiato, chi è questo guastafeste disturbatore dell'ordine, che non sa dove è oggi né chi sarà domani? Di sicuro è un essere della soglia, sostiene Thomä, che si contrappone all'homo sacer di Agamben, e che diversamente da quello non si interessa soltanto di confini ma anche di transiti e di passaggi. 

 

La domanda centrale della filosofia politica

 

Attraverso la riscoperta, l'attualizzazione e il giudizio sul puer robustus si cerca di rispondere alla domanda centrale della filosofia politica: come e perché si stabilisce un ordine nel quale le persone stanno insieme? Come si esce da e come ci si inserisce in un ordine sociale? Come lo si legittima, come viene esso criticato o attaccato, come si trasforma? Per rispondere a tali questioni è importante rivolgersi a questa figura della soglia che agisce ai margini del potere determinando in gran parte le trasformazioni politiche della modernità.

 

L'origine hobbesiana e il seguito della storia

 

Se il padre moderno del puer robustus (forte come la quercia, robus, rovere) è Hobbes, per il quale il tipaccio è robustus e malus, cattivo, una sorta di bambino mal cresciuto, pericoloso per lo stato pacifico della società perché incapace di usare la ragione, molti sono i suoi padrini: Rousseau, che vede nel disturbatore della pace un alleato e ambasciatore del nuovo ordine nel quale il selvaggio diventa cittadino; Helvétius, per il quale il malvagio è un bambino forte; ma soprattutto Diderot, che mette in scena la figura del puer robustus nel Nipote di Rameau del 1762, quello strano dialogo satirico tra «lui» e «me», tanto amato da Foucault, ove si sottolinea il fatto innegabile che alla politica appartengono sia le istituzioni sia la ribellione.

 

 

I padrini continuano con Schiller, il cui Wilhelm Tell è quel disturbatore della pace che porta il nuovo ordine politico nella sua bisaccia, nella situazione in cui c'è un re che tutti temono ma che protegge i sudditi, e un bambino, il figlioletto di Tell, che chiede al padre perché gli uomini non si proteggano da soli, ricevendone come risposta l'affermazione che lo faranno quando intenderanno la libertà – rousseauianamente – come autolegislazione; con Victor Hugo e il suo puer robustus insieme vittima ed eroe, Quasimodo, nonché il suo alter ego, Gavroche, il ragazzo delle barricate lacero, selvaggio e barbaro ma salvatore. Padrini sono poi Wagner di Sigfrido, Freud di Edipo, Marx del suo puer collettivo, il proletariato; l'elenco continua con i pueri figli e nipoti di Walter Lippmann, Thomas Mann, Hans Kelsen, Walter Lippmann, Carl Schmitt, Leo Strauss, Marx Horkheimer. Una storia maschile in una cultura di maschi, che Thomä riconosce in quanto tale; qui non compaiono puellae più o meno robustae perché di donne proprio non ce ne sono, ma almeno questo viene riconosciuto e scritto a chiare lettere da Thomä, insieme a molte altre critiche e prese di posizione chiare ed esplicite nonché pronunciate in prima persona, non nel linguaggio impersonale e asettico delle scienze esatte. 

 

Il vecchio e il nuovo

 

Se si segue dunque nei secoli il puer robustus ci si sente insomma un po' come uno zio premuroso che guarda con preoccupazione il suo protetto mentre si immerge nel tumulto della storia. Se all'inizio questi era un individualista che se ne andava per conto suo, tra cattiveria e bontà, poesia e leggerezza, violenza e genio, in seguito assolverà altri ruoli: pioniere americano, proletario, Sigfrido, Edipo, Tell. Il disturbatore della pace rientra in un gioco in cui vengono introdotte regole sempre nuove, fino all'ingresso nei campi di forza di nazionalsocialismo e comunismo e, ai nostri giorni, di democrazia, fondamentalismo e populismo. La sua azione di disturbo – non di distruzione però – è importante e desiderabile, anzi essenziale per smuovere l'immobilismo e determinare la trasformazione storica. Ma non basta, in un sistema democratico, esaltare il nuovo insultando («rottamando») il vecchio, tanto più se della propria stessa parte. La vera capacità politica, in democrazia, sta nel fare sentire tutti partecipi di una società in movimento verso il nuovo nel rispetto del vecchio, grazie a un linguaggio e a un programma capace di tenere insieme presente e passato, come fece Obama con successo durante la sua prima campagna politica. È in questo che Obama andrebbe imitato, non soltanto nell'indossare la camicia bianca o nel tirarsi dietro la moglie: ma per farlo ci vogliono buone doti di fantasia sociale e immaginazione politica, non basta la giovinezza.

 

Dieter Thomä, Puer robustus. Eine Philosophie des Störenfrieds, Berlin, Suhrkamp, 2016, pp. 715.

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