Luisa Lama. Nilde Iotti
«Sono passati più di sei mesi… nessuna responsabilità di lavoro mi è stata affidata. Questo pone una compagna in una posizione non giusta, quasi di un’intrusa. … Oggi io chiedo di poter lavorare e di poter rispondere del mio lavoro di fronte al partito e all’organizzazione a cui fin dall’inizio ho dato i miei sforzi, credo con discreto risultato»: è il 4 giugno 1952, Nilde Iotti ha 32 anni, è parlamentare della Repubblica italiana, prima ancora Costituente, e questa lettera a Luigi Longo - vicesegretario del Pci - dice molto del suo carattere e della sua personalità. Non ci sta a essere relegata a una posizione subalterna, a dover pagare professionalmente il fio del legame con Palmiro Togliatti, per lei irrinunciabile.
La sua parabola pubblica e quella privata, così intrecciate e così dentro la storia del nostro Paese, sono ricostruite nella biografia di Luisa Lama (Nilde Iotti. Una storia politica al femminile, Donzelli), una bella occasione per conoscere da vicino una protagonista della politica e al contempo ripercorrere un pezzo di vita della Repubblica, attraverso la prospettiva del Pci d’un lato, e quella della lotta per l’emancipazione femminile dall’altro.
La storia d’amore con Togliatti, con le lettere inedite - bellissime ed emozionanti - messe a disposizione dell’autrice dalla figlia adottiva Marisa, è il filo conduttore del volume e non potrebbe essere diversamente: è un rapporto totalizzante, che supera tutto, la separazione dalla moglie e dal figlio di lui, il massimo sacrificio (niente bambini propri in una società che non capirebbe), il mormorio di un partito per tanti versi conservatore. E, peggio ancora, i sospetti di chi, dentro quel partito, vedeva in lei un pericolo per i suoi trascorsi "cattolici". Una minaccia all’ortodossia.
Il volume prende le mosse dall’irreprensibile impegno di Nilde giovane studentessa a Reggio Emilia. «Loro sanno», non si stancava di ripeterle il papà Egidio, ferroviere, riferendosi ai «borghesi» e intendendo che lo studio era l’unica via di affrancamento per «gli ultimi»: solo «chi sapeva» era padrone della propria vita. La figlia si dimostra all’altezza delle aspettative, si laurea in Magistero alla Cattolica di Milano e comincia presto un’avventura politica proprio nel solco della difesa dei diritti e della lotta per l’emancipazione in particolare della donna, all’interno dell’Udi (l’Unione delle donne italiane).
La parità dei salari, l’eguaglianza dei ruoli nella famiglia, la pensione per le casalinghe, i temi della contraccezione e del divorzio saranno, non senza difficoltà e qualche delusione, i suoi cavalli di battaglia, dopo l’orgoglio di essere entrata a soli 26 anni tra i Costituenti (e tra le cinque donne all’interno della Commissione dei 75, responsabile dell’architettura giuridica della Carta).
Parallelamente, nasce il sentimento con il segretario del Pci, 27 anni più vecchio di lei. «Con tanta freschezza e impeto entrava il tuo sorriso nella mia vita che sembrava tutto rimuovere ... come una striscia di sole in una stanza buia», scrive lui all’inizio di agosto del ’46. E lei, il 23 dello stesso mese: «Per la prima volta io non sono stata più sola e ho sentito cadere le sbarre della mia prigione come per un incanto...». Cominciano però presto anche le chiacchiere e il «processo», per una situazione spinosa (che coinvolge peraltro una compagna, Rita Montagnana, sposata con Togliatti), cui tuttavia Iotti resiste con forza: «Mi sento di lottare con le unghie e con i denti per difendere un sentimento che è mio e solo mio» (4 novembre ’46) mentre lui si mostra più indifferente al giudizio degli altri.
Quando a un certo punto le cose si stabilizzano, la convivenza esce dalle stanze di Botteghe Oscure per approdare alla casa di Montesacro (allietata dalla presenza di Marisa) e supera anche il rischio della guida del Cominform, arriva a sorpresa la morte, nel ’64, di Togliatti. E da lì comincia una fase nuova, se possibile ancora più matura, per Nilde Iotti. Che si avvia a capitalizzare l’esperienza di anni e l’autorevolezza conquistata sul campo, diventando nel ’79 la prima presidente della Camera nella storia della Repubblica. Proprio la parte finale del libro, forse, è trattata in modo un po’ veloce, rispetto alla puntualità e alla ricchezza di testimonianze con cui sono esaminati i primi anni.
Ci sono alcuni dettagli, infine, che colpiscono, soprattutto se paragonati alla stagione che viviamo oggi: il fatto, ad esempio, che Nilde Iotti, alla morte di Togliatti, consegni al partito il libretto di conto corrente con i risparmi comuni - 3 milioni e 400mila lire - dopo aver prelevato la propria metà, perché venisse recapitato ad Aldo, il figlio naturale di Togliatti, cui si preoccupa addirittura di far intestare la reversibilità della pensione del segretario, sapendo che avrebbe avuto difficoltà a mantenersi. Un’altra conferma di una stoffa non solo politica, ma anche umana, non comune.
Il pezzo è gia apparso all'interno della Domenica del Sole 24 Ore