Il costume di casa è il sesto libro di Umberto Eco. Pubblicato nel 1973 da Bompiani, si tratta di una raccolta di scritti giornalistici, solo in apparenza legati all’occasione, in realtà vi si agitano questioni basilari della società italiana e della cultura contemporanea: il conformismo culturale nascosto dietro il linguaggio astruso dei politici, l’ipocrisia dei media, il sistema del provincialismo culturale, il dilagare del Kitsch e lo sperimentalismo letterario come possibile alternativa, l’eterno fascismo italiano, le dinamiche della società dei consumi e della cultura di massa, le strategie della persuasione pubblicitaria, il gioco della comunicazione fra strategie globali e tattiche locali di risposta, il senso del plagio e il succedersi delle mode intellettuali, le mitologie sportive e le sue metafore diffuse. Ne proponiamo qui una scelta, in tutto tredici pezzi: “Il cifrario dei politici” (che illustra le sottigliezze tattiche della retorica politica), “L’illusione della verità” (che ribadisce il valore etico, e non ontologico, dell’obiettività nei giornali), “Il televisionario” (dove viene fuori il senso di smarrimento provato dinnanzi all’abnorme proliferazione dei notiziari televisivi), “L’industria del genio italico” (in cui si ricostruiscono le raffinatissime tecniche di sussistenza della cultura di provincia); e poi: “L’industria della cultura di destra” (sulle derive marketing di certa culturale reazionaria) e “Fascio e fumetto (Eja, eja, gulp)” (sulle derive reazionarie del fumetto nero ed erotico). Dalla sezione del volume intitolata Kitsch Kitsch Kitsch: urrah!, abbiamo scelto “Feticci laici nei musei” (che ricostruisce le dinamiche pseudoestetiche precostituite nelle esposizioni artistiche) e “Lady Barbara” (che abbozza una fenomenologia dell’ascolto banale della canzonetta popolare); e da I segni e i miti: “Signora guardia” (dove si associano alcune tecniche della propaganda commerciale ad altre di natura militare), “La chiacchiera sportiva” (sulle stratificazioni comunicative dello spettacolo agonistico), “Insegnare l’aldilà” (sui problemi legati alle pedagogie della religione), “Ciò che non sappiamo della pubblicità televisiva” (che ragiona sugli effetti spesso perversi dei cortocircuiti persuasivi). Infine tre fulminanti scritti: “La generazione di Nettuno” (dove si ricostruiscono le prassi e i controvalori dell’avanguardia letteraria), “Per una guerriglia semiologica” (articolo fondamentale, super citato e pochissimo letto, che ha generato forse senza volerlo gran parte dei destini dei media televisivi nei decenni successivi), e “Pesci rossi e tigri di carta” (prima storia dello sperimentalismo italiano e dei suoi esiti sociali). Una lettura attualissima dei mali dell’ideologia italiana e dei suoi eterni protagonisti.