Freud neurologo / Oliver Sacks, Il fiume della coscienza
Il fiume della coscienza è l’ultimo libro, postumo, di Oliver Sacks (1933-2015), pubblicato da Adelphi. Il titolo è una traduzione, fedele e corretta, dall’inglese The River of Consciousness. Guardandolo viene in mente lo stream of consciousness. Anche se il nome di James Joyce (1882-1941) non appare mai nel testo, c’è un capitolo del libro, “Velocità”, che ricorda la scrittura di Joyce, quella di Franz Kafka (1883-1924), Samuel Beckett (1906-1989), Jorge Luis Borges (1899-1986) e molti altri autori moderni. Quel capitolo è un trattato su come la velocità – fino alla velocità estrema, che rende le sequenze impercettibili – e la lentezza – fino alla stasi – siano connesse con il sistema nervoso e abbiano tra loro affinità sorprendenti; su come si può passare, un po’ come in certa scrittura moderna, da uno stato all’altro in modo repentino: “Benché questi stati inceppati e bloccati sembrino agli antipodi di quelli accelerati ed esplosivi, i pazienti possono passare quasi istantaneamente dall’uno all’altro”. Qui Sacks sta raccontando il fenomeno denominato “sindrome di Gilles de la Tourette”. Si tratta di una delle sindromi neurologiche care all’autore, ma lentezza e velocità sono lo sfondo di qualcosa che, oltre alle sindromi e alle malattie del sistema nervoso, ci rimanda alla fotografia di Eadweard Muybridge (1830-1904), alla nascita del cinema, e ad altre velocità o lentezze artistiche e letterarie.
Se dovessi elencare i fenomeni sintomatico/diagnostici da lui più studiati, quelli nei quali si ritrova la passione romantica di un medico e di un ricercatore, scriverei questo elenco: sindrome di Tourette, malattia di Parkinson, nelle sue varianti, autismo, sordità, emicrania e questioni relative alla vista e all’udito. Ecco: queste condizioni umane, tra loro diverse, sono state le passioni di Oliver Sacks. Tuttavia la ricchezza di Sacks consiste nella sua capacità di collocare ogni “sindrome” al confine tra l’aspetto medico e la vita quotidiana, le relazioni che si creano e l’influenza reciproca della vita sul sistema nervoso e del sistema nervoso sulla vita. Se Freud ha inventato il romanzo del nevrotico sul divano, Sacks ha dato inizio al racconto della vita dei sistemi nervosi come persone, con le loro singolari lesioni, con i loro neurotrasmettitori che influenzano le velocità e i sentimenti, ma che ne sono altrettanto circolarmente influenzate.
Persino i dizionari etimologici, nello spiegare le origini del termine sindrome, cadono in una sorta di “ideologia sanitaria”. Originariamente infatti il termine indica la convergenza di una serie di elementi – ad esempio di strade – nel concorrere a un insieme. Solo successivamente, questo insieme diventa un insieme di sintomi. Ebbene, in Sacks si assiste alla liberazione della “sindrome” dal discorso sanitario. I pazienti “tourettiani” possono decidere se curarsi, diventare buoni impiegati, o non curarsi, diventare ottimi batteristi; le persone con sindrome autistica sono antropologhe che osservano il mondo da punti di vista alternativi rispetto alla tribù delle persone con sindrome “normale”, ecc. Anche qui si tratta di velocità: lo sguardo autistico ha bisogno di descrivere il mondo in maniera estetica, richiede tempo, non è responsivo sulla linea cronologica della conversazione, tuttavia percepisce immediatamente una sequenza di numeri primi che i “normodotati” impiegherebbero ore a contare. Il paziente tourettiano ha straordinarie abilità di coordinamento motorio che gli permettono di fare formidabili assoli di batteria, ma di fronte alla routine del tempo da spendere a esaminare documenti in ufficio, uno per uno, si perde e si blocca e, come un personaggio di Kafka, attende la chiamata del proprio turno che non arriva mai.
Sacks propone esempi che riguardano la cultura e la vita quotidiana, racconta eventi traumatici nel dettaglio e li connette con i singolari possibili effetti sul sistema nervoso, sulle funzioni visive e uditive di quel soggetto, in quelle circostanze. Il sistema nervoso, non il cervello.
Perché? Qual è la differenza? Quando si parla di “cervello” si rinvia a un’idea di zonizzazione delle aree corticali, eventualmente connesse con aree subcorticali, che svolgono funzioni categoriali specifiche. Quando si parla di “sistema nervoso” si parla di un sistema complesso, in cui le parti, in maniera specifica e singolare, concorrono a costituire un sistema endocrinologico e neurologico correlato al sistema dei significati che compongono le relazioni umane. Dobbiamo fare attenzione però: il sistema neurologico e quello significante non sono correlati in maniera lineare.
Sacks ricorda il contributo del neurologo inglese John Hughlings Jackson (1835-1911), che influenzò Freud nella monografia del 1891 sull’Interpretazione delle afasie. Si tratta di un testo, riedito presso Quodlibet nel 2009, in cui un Freud trentacinquenne, sulla scorta di Jackson, assume una visione sistemica ed evoluzionista del corpo, una visione che avrà sviluppi anche in Henri Bergson (1859-1941) e William James (1842-1910), due tra i padri fondatori della psicologia come disciplina autonoma rispetto alla filosofia e alla medicina.
Sacks però aggiunge: “Freud si spinse oltre Jackson quando implicò che nel cervello non vi fossero centri funzionali autonomi isolabili, ma piuttosto sistemi per realizzare scopi cognitivi, sistemi che avevano numerose componenti e che potevano essere creati, o profondamente modificati, dalle esperienze dell’individuo”. In altri termini, il Freud neurologo, trentacinquenne, è insoddisfatto rispetto alla teoria della localizzazione cerebrale, gli appare rigida, incapace di dare spiegazioni che si connettano alla vita quotidiana, troppo teorica, troppo lineare. Non crede nella corrispondenza “uno a uno tra componenti elementari e funzioni”.
Freud fonda ante litteram una teoria della complessità che, partendo dalla neurologia, arriva alla psicoanalisi e, dopo Freud, nella seconda metà del Novecento, alla cibernetica da un lato e alla semiotica dall’altro. Cibernetica e semiotica però non sono il semplice prolungamento della complessità neurologica, hanno una specificità propria, una logica differente, anche se rispondono a una medesima tessitura. Andiamo per ordine: la non corrispondenza biunivoca tra elementi viene riaffermata dalle ricerche di Gerald Edelman (1929-2014), Sacks ricorda l’importante contributo di Edelman alla “creazione dei pensieri”: “Per Edelman ogni percezione è una creazione”, percepire è creare, creare è pensare. La scienza crea funzioni, Galileo diceva che la natura è scritta con il linguaggio della matematica, l’arte crea affetti e nuovi percetti, è scritta con l’immaginazione, la filosofia crea concetti.
Ma c’è di più, Edelman insiste sull’irriducibilità uno-a-uno di componenti e funzioni, anzi, insiste sull’irriducibilità di strutture e funzioni: ogni struttura può svolgere più funzioni e ogni funzione può essere svolta da più strutture. Il mondo neurologico, per Sacks è dis-funzionale, in continua evoluzione, non ha equilibrio stabile. Come nei testi di Edelman, è “degenerato”.
La degenerazione, l’uscita dalle categorizzazioni di “genere”, dalle zone funzionali, è la fisiologia del sistema nervoso e dell’esistenza. Fare piazza pulita di ogni visione ristretta, riduttiva e moralistica del mondo è la via per fare ricerca.
Che cosa c’entra in tutto ciò l’opera di un giovane neurologo che fonderà, una decina d’anni dopo, la psicoanalisi? Dopo avere fatto per un periodo il neurologo, alle soglie del secolo scorso, Freud scrive L’interpretazione dei sogni, la cui pubblicazione segna la nascita della psicoanalisi. In quest’opera Freud parla dell’aspetto fondamentale del lavoro onirico, lo chiama “sovradeterminazione”: ogni elemento che appare nel sogno produce una serie molteplice di pensieri sul sogno e ogni pensiero sul sogno corrisponde a una molteplicità di elementi del sogno. Di nuovo, il rapporto tra struttura e funzione è complesso, il sogno è dis-funzionale, non può essere ingabbiato in alcuna struttura. La complessità è alla base di ogni riflessione sulla vita.
Sacks è un medico che esce dai luoghi della sanità, senza trascurarli affatto, per entrare nel mondo della vita, per lui non ci sono teorie astratte e trascendenti rispetto al mondo della vita, la ricerca è immanente alla vita, la attraversa, le due cose sono una sola. C’è una linea gioiosa che attraversa il suo lavoro, sempre osteggiato dall’accademia; una linea che va da Darwin a Borges, dalla dopamina al cinema, dalla psicologia sperimentale alla musica, Sacks spazia, crea connessioni, è indisciplinato, disobbediente.