Diego Giacometti alla Fondazione Rovati
“Per chi non lo sapesse è il fratello di Alberto Giacometti, ma per gli altri è Diego” così scriveva Roger Montandon nel 1963. Non dev’essere molto semplice essere il fratello di Alberto specie quando questi è un artista famoso che già da ragazzo mostrava qualità creative. Non lo è se cresci in una famiglia in cui tuo padre è un pittore piuttosto noto, molti sono gli artisti che frequentano la tua casa e l’atelier in cui anche voi bambini avete sempre libero accesso. Il mito e la fiaba, i romanzi e la cronaca sono pieni di fratelli che covano rancori feroci e finiscono per odiarsi, se non peggio. E invece no. Con Alberto Giacometti, Diego va molto d’accordo. Così è sempre apparso in tutta evidenza, senza infingimenti o frizioni, in una sorta di reciprocità di affetti esenti da scalfitture. Alberto da una parte è protettivo ma dall’altra mostra di aver bisogno di Diego, di essere come dimezzato senza di lui. E Diego si rende indispensabile, sempre di più. Come dei gemelli, si direbbe. Dei simbionti, dicono gli studiosi, e i documenti, e le lettere lo dimostrano. Alberto crea, preso nei suoi rovelli a caccia di una perfezione che sembra sfuggirgli e l’ombra del fallimento incombe nonostante i successi e l’ammirazione che gli viene tributata, e Diego gli fa da assistente, segue le fasi della lavorazione delle sue opere, tiene rapporti. E quando fa qualcosa di proprio si impegna nelle sculture e in oggetti di design, si direbbe oggi, lampadari, arredi e mobili; e se si firma è solo Diego, non Diego Giacometti, o non lo fa affatto. Solo in pochi conoscono il suo lavoro; quasi solo amici, gente del giro, e le creazioni di Diego cominciano ad essere apprezzate e richieste. Ma lui insiste a non firmarsi, come se si volesse cancellare.
Diego arriva alla sua opera con passi lenti, e in modo indiretto. Prova a disegnare in gioventù ma abbandona presto, ed è solo quando viene chiamato a Parigi da Alberto, travolto dal lavoro e dalle commesse, che pian piano arriverà a creare oggetti e sculture personali, acquisendo sicurezza con l’esperienza e grazie ai consigli del fratello. Prepara i gessi e i materiali, realizza i calchi per le sculture, esegue le patinature con grande maestria.
Diego finisce per abitare, quasi senza accorgersene, uno spazio fantastico personale che attinge all’infanzia, ma si rifà a modelli antichi, egizi, greci e romani. Etruschi, in particolare: cosa che rende particolarmente affascinante l’esposizione delle sue opere all’interno della Fondazione Luigi Rovati. Le opere di Giacometti si armonizzano con naturalezza con la collezione di reperti etruschi, quasi fossero una reviviscenza, moderna ma con un evidente patrimonio genetico comune, un’aura condivisa.
Ben presto l’abilità manuale di Diego viene notata da molti amici e collezionisti di Alberto, che cominciano sia a chiedergli aiuto per la realizzazione delle proprie opere, come Georges Braque. Diego prende un atelier tutto per sé, di fronte a quello del fratello. In questo modo la vicinanza viene conservata, se non addirittura rafforzata, dagli spazi autonomi dove ciascuno può dedicarsi al proprio lavoro, fermo restando che per lungo tempo quello principale di Diego sarà di supporto alle produzioni del fratello. Tra le quali, negli anni ’30, decisiva è la collaborazione con l’architetto di interni parigino Jean-Michel Frank: per lui i due fratelli realizzano numerose opere di arredamento (oggetti e lampadari) che saranno successivamente l’attività principale di Diego. Diego si cura della loro esecuzione materiale, a volte apportando qualche modifica e cominciando a creare qualcosa di suo, senza firmare nulla. Come i due grandi lampadari per il salone della casa di moda Lucien Lelong, primo tra i molti committenti ed estimatori che frequentano quel mondo e che saranno sempre tra gli ammiratori più costanti dei lavori di Diego: dalla Maison Guerlain a Elsa Schiaparelli e alla viscontessa Marie-Laure de Noailles.
Mani reggitenda, applique, sedie, tavolini, piccoli animali, forme vegetali, composizioni fantastiche come lo specchio in mostra, del 1942, che lo faranno apprezzare come uno dei maggiori designer del '900, con una fortuna tuttora crescente, tanto che le sue quotazioni alle aste hanno raggiunto valori straordinari. Se Diego fosse a conoscenza di queste quotazioni, sarebbe il primo a stupirsi. Ma certo sarebbe anche, giustamente, orgoglioso. Non più solo, o soprattutto, il fratello dell’immenso Alberto, ma Diego, grande artigiano e artista, con il suo mondo e il suo valore ormai da tutti riconosciuto e apprezzato. Però forse lo stupore e il legittimo orgoglio non lo segnerebbero più di tanto. Come il fratello, anche se in modo meno ossessivo, e come per tutti gli artisti, quello che contava era il suo lavoro, le cose che realizzava, il mondo sempre più vasto e personale, favoloso e leggero, intimo ma con grandi slanci di fantasia, che andava creando e che abitava; un mondo, questo, veramente e integralmente suo.
Immagine di copertina © Diego Giacometti, by SIAE 2023.