Miglior film 88ª edizione: Spotlight

29 Febbraio 2016

La gestazione è durata all'incirca 14 anni. È il tempo che separa l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili di Boston dall'uscita di Spotlight, film di Tom McCarthy che quell'inchiesta racconta, la cui pubblicazione, avvenuta il 6 gennaio del 2002, innescò una reazione a catena i cui effetti si riverberarono nel resto del mondo fino a lambire piazza San Pietro: centinaia di vittime, infatti, trovarono il coraggio di denunciare gli abusi subiti da sacerdoti cattolici. Il Boston Globe diede loro voce pubblicando, nel corso del 2002, altri 600 articoli sull'argomento. A galla affiorò un sistema fatto di violenza, omertà e corruzione al cui vertice risiedeva il cardinale Bernard Law, uno degli uomini più potenti della Chiesa statunitense. 249 fra preti e frati dell'Arcidiocesi di Boston furono accusati di pedofilia. Mille furono le vittime stimate a Boston, una città grande come Palermo. Law cercò in un primo tempo di arginare la crisi pagando 30 milioni di dollari alle famiglie delle vittime. Ma la maggioranza dei cattolici, secondo un sondaggio promosso dal Boston Globe, criticò il tentativo di mettere a tacere gli scandali. Law allora si scusò pubblicamente due volte per avere coperto i preti pedofili e fornì all'autorità giudiziaria i nomi di 90 sacerdoti che, nei 50 anni precedenti, avevano molestato minori nella sua diocesi. Ma lo scandalo non si fermò. Il 15 aprile 2002, papa Giovanni Paolo II convocò in Vaticano i tredici cardinali degli Stati Uniti. Le arcidiocesi di Portland, Tuscson e Spokane, nel frattempo, dichiararono bancarotta, perché incapaci di fare fronte alle richieste di risarcimento delle vittime. Il cardinale Law diede le dimissioni per due volte. Giovanni Paolo II accettò le dimissioni, quelle del 13 dicembre 2002 però. Law si ritirò a Roma, come arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. Bergoglio, appena nominato papa, si è affrettato a rimuoverlo da quell'incarico.

 

Spotlight si apre con il dialogo di due poliziotti (l'ingenuo e lo scafato) che commentano il fermo di un prete accusato di avere violentato un bambino. Poche battute sono sufficienti a tratteggiare la classica famiglia a rischio pedofilia: la madre è divorziata, ha quattro figli. «Immagino che il prete stesse aiutando», chiosa lo scafato.

«Aiutando?», si stupisce l'altro.

 

Il prete in questione è padre John J. Geoghan. Federico Tulli, in Chiesa e pedofilia, libro pubblicato nel 2010 da L'asino d'oro, lo tratteggia così: "Il sacerdote si chiama John J. Geoghan, ha sessantasei anni, ed entra in prigione per l'ultimo dei suoi crimini commessi. Nell'arco di trent'anni, Geoghan ha infatti molestato oltre 130 bambini (ma diverse altre fonti gli attribuiscono circa duecento piccole vittime) nelle sei parrocchie dove era stato chiamato a svolgere il suo sacerdozio e da dove ogni volta è stato trasferito nonostante i suoi superiori fossero a conoscenza delle sue tendenze pedofile".

Geoghan è stato assassinato in carcere da un altro detenuto nell'agosto del 2003. I 30 milioni di dollari pagati da Law erano serviti a chiudere 84 casi di violenza di cui Geoghan era responsabile. I tribunali del Massachussetts non hanno fatto in tempo a pronunciarsi su altre 48 denunce contro di lui.

I due poliziotti, quindi, stanno commentando il fermo che di lì a poco farà esplodere lo scandalo. L'agente ingenuo dice ancora:

«Sarà dura tenere lontana la stampa dalle indagini».

Ma lo scafato taglia corto con un lapidario:

«Quale indagini?»

Lo scafato ha ragione. Fino a quel momento, non c'erano state indagini e la stampa non si era preoccupata troppo dei casi di preti pedofili. Neanche il Boston Globe, nemmeno Walter Robinson, capo della squadra investigativa Spotlight, aveva dato peso al fenomeno. Ciò che cambia la storia è l'arrivo al giornale di un nuovo direttore: Marty Baron.

Nel numero 1138 di Internazionale c'è un ritratto di Baron, scritto da Baxter Holmes, pubblicato in origine su Esquire. Baron è chiamato il rompiscatole. Di sé dice: "Credo fermamente nel lavoro che facciamo. Quando mi trovo davanti una buona storia ho l'obbligo di raccontarla, a prescindere dagli ostacoli e dalle pressioni". Quest'attitudine l'ha portato a vincere il premio Pulitzer con il Miami Herald, per la cronaca della vicenda di Elián Gonzales, un ragazzo cubano al centro di una feroce battaglia per l'affidamento; con il Boston Globe, per l'inchiesta di Spotlight e infine con il Washington Post, per la copertura data, nel 2013, allo scandalo NSA.

All'inizio di Spotlight, Baron è appena arrivato a Boston. Durante la prima riunione di redazione chiede che seguito abbia avuto l'articolo riguardante il caso Geoghan, uscito sul giornale durante il fine settimana precedente. L'editor Ben Bradlee Jr. domanda: «È solo un articolo, che seguito può avere?».

Baron insiste: il prete in questione pare abbia molestato bambini in sei diverse parrocchie per 30 anni. Il seguito di quell'articolo, allora, diventa un'inchiesta che scoperchia un mondo fatto di omertà e violenza, di documenti compromettenti spariti dagli archivi dei tribunali e di avvocati consenzienti che spingono le famiglie delle vittime ad accettare patteggiamenti rapidi e le scoraggiano dal fare causa ai sacerdoti, puntando sul fatto che l'immunità per la Chiesa prevedeva la prescrizione dei reati dopo tre anni e che ogni vittima avrebbe potuto ottenere al massimo ventimila dollari di risarcimento. Il seguito è un film che, nel 2013, era nella black list delle sceneggiature più apprezzate ma non ancora prodotte e oggi invece concorrerà a 6 premi Oscar: miglior film, migliore regia, miglior attore non protagonista, migliore attrice non protagonista, migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio.

 

Spotlight infatti è un film hollywoodiano, compatto come una parata militare, senza sbavature e senza sussulti di rilievo. È un resoconto matematico della vicenda che racconta, attento a snocciolare solo dati incontrovertibili. È un film che raccoglie plausi anche negli ambienti clericali, forse perché è più un film sull'importanza del giornalismo d'inchiesta, piuttosto che un film sulla violenza e sulla pedofilia di cui la Chiesa è stata complice. A questo proposito, Luca Pellegrini di Radio Vaticana scrive: "Il film ricostruisce in modo avvincente e lineare soltanto ciò che accadde dentro e fuori le mura di quel giornale in quel periodo limitato di tempo. Il regista, dunque, non cade mai nell'interpretazione personale e nella trappola dello scandalo, mentre gli straordinari interpreti, tra cui Mark Ruffalo e Michael Keaton, si limitano ad essere soltanto ciò che i loro personaggi reali fecero e dissero. Un atteggiamento onesto e necessario, quando un film tocca temi così sensibili e delicatissimi per tutta la comunità dei fedeli, quando un velo tragico finalmente si squarciava per poi ricomporsi e diventare quello capace di asciugare le lacrime, lenire il dolore e purificare."

 

Eppure, al quarantesimo minuto del film, la giornalista Sacha Pfeiffer dice a una delle vittime che sta intervistando: «Joe, credo che il linguaggio sarà molto importante per la storia. Non possiamo sintetizzare. "Molestare" non è sufficiente. La gente ha bisogno di sapere cosa è successo».

Subito dopo, una seconda vittima chiede a Michael Rezendes, altro giornalista del team: «Vuoi davvero sentire questa porcheria?»

La risposta di Rezendes è: «Sì, Patrick, voglio sentire».

 

Ma il film non va oltre, accenna alla violenza ma non scava. Lascia solo immaginare il dramma delle vittime nelle parole di Mitchell Garabedian, l'avvocato di Patrick (di cui un'inquadratura veloce ci ha appena mostrato un braccio pieno di segni di siringa): «Lui è uno dei fortunati, è ancora vivo».

 

Per questo motivo, a conti fatti, Spotlight è un film che parla più alla testa che alla pancia dello spettatore. Se state cercando sull'argomento un film più disturbante e doloroso, potreste provare con El Club di Pablo Larraín, vincitore dell'Orso d'argento all'ultimo Festival di Berlino. Il film è uscito in Italia il 25 febbraio. Abbiamo dovuto aspettare soltanto 14 anni per avere la possibilità di trovare al cinema due film che trattano un tema che di solito si preferisce ignorare. Perché non approfittarne?

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