Speciale
Il caffè degli eroi
“Tre caffè e tre bicchieri d’acqua frizzante”.
Ogni giorno la stessa storia, che si ripete uguale, immancabile, con la sacralità di un rito. Ore 15.30, puntuali. L’unica forma di regolarità che ci siamo dati o che ci è rimasta è questa, l’appuntamento al bar per il caffè. In pratica è così che inizia la nostra giornata. Abbiamo abitudini molto simili, ci alziamo giusto in tempo per pranzare, non proprio quando tutto è pronto, ma una mezzoretta prima, il tempo di collegarci su Facebook e dare il nostro fondamentale contributo al mondo. Quando è pronto ci chiamano a tavola e ci sono delle giornate storte in cui proprio non si riesce a parlare del più e del meno e ci tocca pure giustificare il motivo della nostra esistenza; spesso non ci viene riconosciuto il ruolo fondamentale che ricopriamo all’interno della famiglia e nella società in genere, e questo a volte ci dà delle preoccupazioni. Per fortuna dopo pranzo ci possiamo rilassare un po’ sul divano e guardare i Simpson. Un’altra occhiata a Facebook e finalmente arriva l’ora del meritato caffè.
In fondo siamo convinti che facciamo parte di un sottile equilibrio che permette al mondo di andare avanti. Se si rompesse quest’equilibrio chissà che catastrofi potrebbero accadere, per questo cerchiamo di stare tranquilli. Che poi cosa possiamo farci noi? Abbiamo studiato, ci siamo pure laureati, con i nostri tempi, ok, in media il doppio del previsto, ma il risultato è stato raggiunto, che poi se ci fossimo sbattuti cosa avremmo risolto? Solo il doppio di anni di disoccupazione. E all’inizio abbiamo spedito persino qualche curriculum, Marco ha fatto addirittura un paio di colloqui, ma niente. Poi abbiamo iniziato a parlare di investimenti, di attività da rilevare e di idee rivoluzionarie, chiaramente con i soldi del monopoli. Comunque siamo qui e aspettiamo, tutta ‘sta fretta non c’è. Abbiamo superato abbastanza brillantemente quest’altro inverno e adesso con l’arrivo del bel tempo si sta bene. Al bar c’è una verandina e ci godiamo il sole del primo pomeriggio, leggiamo il giornale e possiamo stare sereni per un paio di ore. Prendere un caffè, scambiare quattro chiacchiere con gli amici, sono attività rispettabili e socialmente accettate, e, aspetto non indifferente, un caffè al giorno ce lo possiamo permettere e se capita lo puoi anche offrire in modo abbastanza disinvolto senza pensare troppo alla crisi, alle tasse, alla pensione o all’insonnia.
Al bar si sta bene, siamo un bel gruppo e a parte lo zoccolo duro, c’è sempre una cerchia di amici che si alterna per cui cerchiamo di non lasciare scoperta per troppo tempo la postazione, trattasi di presidio semipermanente. Un gruppo di anziani ci fa concorrenza numerica, anche se la loro unica attività è la briscola al tavolo vicino al nostro. Il nostro gruppo è chiaramente più vivace e brillante. Non parliamo solo di calcio o politica, gli argomenti sono i più svariati, ad esempio il barista mi ha sentito parlare di Kant e Nietzsche senza dubbio molto più del mio professore al liceo; filosofia, una passione che non avremmo scoperto con otto ore di lavoro al giorno. Osservare le persone “normali” che vengono al bar per prendere il caffè e andare via subito ci incuriosisce, ci chiediamo spesso se il loro caffè buttato giù in un sorso abbia lo stesso gusto del nostro. Abbiamo uno sguardo distaccato, e un punto di vista privilegiato sul mondo e su chi ci circonda. Abbiamo acquisito una saggezza che in qualche modo riusciremo a mettere al servizio di noi stessi e dell’umanità. Anche se c’è il rischio che i pomeriggi al bar siano tutti uguali e che si sprofondi nella depressione, questo non avviene, non c’è rischio d’alienazione ecc. Stiamo bene fra noi e siamo in pace col mondo e passare qualche ora al bar non è certo peggio che passare del tempo in qualsiasi fabbrica o ufficio.
Poi chiaramente ognuno di noi ha degli impegni e ci diamo appuntamento alla sera o al giorno dopo. Abbiamo diversi hobby: chi la musica, chi il tennis, chi il poker, chi il cinema, chi la poesia, chi la playstation, chi la fotografia, chi il Risiko, chi tutto questo e altro ancora, e quando l’amministrazione si degnerà di fornirci una struttura adeguata ci butteremo sul curling e punteremo decisi alle olimpiadi. In realtà la disoccupazione, e il tempo libero non meritato che ne consegue, ci hanno proiettato in uno stato di mediocrità generalizzata, per cui tutto va bene, e si fanno le più svariate cose in modo approssimativo e superficiale. Il cazzeggio diventa uno stile di vita e paradossalmente il morale è spesso alto, l’allegria non manca quasi mai. La prendiamo con filosofia, insomma. O forse rasentiamo la pazzia. La verità è che i tempi sono cambiati, bisogna capire che i trentenni di oggi sono i ventenni di una volta, per il lavoro, la casa, la famiglia, c’è tempo. In fondo stiamo solo rallentando un po’, e non è male in un mondo che è andato avanti troppo in fretta. La frenesia, le corse, la mancanza di tempo, non ci riguardano, siamo più liberi, ci stiamo riappropriando delle piccole cose. Combattiamo il sistema a modo nostro e crediamo in un mondo migliore. Siamo sognatori, crediamo nella bellezza e nell’arte, ci basta un sorriso per stare bene. In fondo, diciamolo pure, siamo degli eroi. E agli eroi non si può certo negare un buon caffè.