Metafisica delle Galle

11 Settembre 2024

Perché le piante, e il mondo vegetale in generale, sono così di moda in questi ultimi anni? Per provare a rispondere (sarà una risposta tortuosa, che ad un certo punto passerà anche per la metafisica) partiamo dall’inquietante grumo verdognolo che vediamo nell’immagine qui sotto. Si tratta di una galla, detta anche in termini tecnici cecidio (dal greco κηκίδιον), una specie di tumore (ma vedremo che questa risposta è almeno unilaterale) che si forma nelle piante in risposta all’intromissione di un organismo estraneo, vegetale (fitocecidio) o animale (zoocecidio). 

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In realtà definire la galla come un “tumore” predetermina il modo di pensare alla galla stessa, come se fosse solo una malattia, e non una forma di vita autonoma (in effetti anche il tumore, a suo modo, è una forma di vita, terribile certo, ma appunto a suo modo anche un tumore vive). In effetti la galla si trova “al confine tra la botanica e la zoologia” (scrive Luca Tonetti nel libro Il microcosmo delle galle. La collezione di Alessandro Trotter, Edizioni ETS 2024, a cura Tiziana Beltrame e Luca Tonetti, p. 17). La galla, cioè, non è propriamente né un’entità solamente vegetale ma nemmeno soltanto animale. Che cos’è, allora, una galla? Che dice la metafisica della galla? La domanda che ci dobbiamo porre, quando vediamo una galla, è: è un oggetto, nello stesso senso generalissimo in cui un gatto e un tappeto sono oggetti? Ossia, la galla ‘esiste’ in quanto pura e semplice galla? Nella collezione di Alessandro Trotter (1874 –1967, botanico ed entomologo italiano, uno dei fondatori della cecidologia, la scienza che studia appunto le galle delle piante) possiamo osservare migliaia di galle, e per tutte si pone questa stessa domanda: che cos’è, propriamente, una galla, è un oggetto oppure è una relazione fra degli oggetti, ad esempio un albero e un insetto? Oppure in realtà la galla è qualcosa di ancora diverso? Scrivono a proposito di questa domanda fondamentale (metafisica, appunto) i curatori nell’Introduzione: “come escrescenze di tessuti vegetali generati dall’incontro con altre specie viventi, dagli insetti agli acari, dai funghi ai batteri, [le galle] ci sembrano a prima vista dei frutti, o, al contrario, delle malattie delle piante. Ma se provassimo a guardare questo fenomeno con un occhio diverso? Se spostassimo l’attenzione proprio sulla loro natura?” (p. 9). 

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Che cosa rivela, la natura di queste relazioni, che la metafisica che parla attraverso di noi ci impedisce di vedere? O vediamo nella galla una malattia della pianta, oppure lo vediamo come una sorta di strano frutto della pianta stessa. Ma in questo modo non smettiamo di ragionare in termini di oggetti isolati. Da un lato c’è l’albero, e dall’altro c’è l’organismo ‘estraneo’ che penetra al suo interno. Due oggetti e una relazione. Ma che succede se vedessimo all’inizio non i due oggetti, bensì la relazione, cioè la galla? E se quindi vedessimo l’albero e l’insetto come effetti della relazione, e non come le cause della relazione stessa? In questo caso la nostra metafisica non si baserebbe più sugli oggetti, bensì sulle relazioni, che quindi verrebbero prima delle entità che entrano in relazione. In un mondo del genere non esistono più gli oggetti separati dalle relazioni, al contrario, sono le relazioni che generano gli oggetti. In un mondo del genere la galla diventa, da caso eccezionale e mostruoso, il caso ‘normale’. La galla come esempio del primato della relazione. Ma come, dirà un botanico, la galla non potrebbe esserci senza albero e senza insetto. È vero, certo, ma quando si forma la galla non ci saranno più lo stesso albero e lo stesso insetto inziali. È la stessa galla che genera, appunto, chi partecipa a questa ‘nuova’ forma di vita. La galla modifica i suoi partecipanti. Come osserva Mauro Mandrioli, in effetti, “è ancora in corso un’ampia discussione in merito a quanto le proprietà della galla siano determinate dai geni della specie galligena”, cioè della specie che si introduce nella pianta, “e quale sia invece il ruolo dei geni delle piante” (p. 64). La galla è prodotta dalla pianta o dall’organismo esterno? Oppure la galla è qualcosa di diverso da entrambi? E così prosegue, “possiamo vedere le galle non come curiose strutture o informi tumori, ma come vere e proprie testimonianze della complessità delle interazioni che si instaurano fra piante e galligeni”. In effetti è stato accertato che talvolta “le galle proteggono sia il galligeno che la pianta”; ad esempio “il simbionte Xanthomonas citri induce la formazione di una galla che include proteine in grado di uccidere altre specie batteriche che possono agire come fitopatogeni”, che cioè provocano malattie delle piante (p. 65). Ma allora che cos’è, la galla, una malattia o qualcos’altro? O entrambe le cose contemporaneamente? 

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William Bryant Logan, La quercia. Storia sociale di un albero, Bollati Boringhieri, 2008.

Oppure, e così comincia la nostra deviazione attraverso la metafisica, proviamo a immaginare - proprio sulla base dell’esempio della galla – di passare da una metafisica basata sugli oggetti ad una centrata sulle relazioni; in questo caso per sapere che cos’è una galla dobbiamo sapere che succede nel nesso, ogni volta diverso, albero-insetto-galla. Non possiamo saperlo in anticipo, proprio perché non esistono oggetti indipendenti, bensì esistono relazioni che producono oggetti in quella relazione, e non in un’altra. Per provare allora a rispondere a questa domanda dobbiamo proprio prendere in considerazione la metafisica. In un senso non troppo tecnico del termine la metafisica si occupa – o pretenderebbe di occuparsi – di quali sono le caratteristiche delle entità ultime del mondo (cioè come sono fatte), cioè di quelle entità che sarebbero a fondamento di tutte le altre (di che cosa c’è nel mondo si occupa invece l’ontologia; la distinzione fra metafisica e ontologia, com’è evidente, non è per niente netta). Pensiamo appunto a un fondamentale concetto della metafisica, quello di oggetto. Il mondo, secondo un’antica tradizione, è composto sostanzialmente da oggetti, che poi, talvolta, possono entrare in relazione con altri oggetti. Facciamo un esempio, un gatto. Il gatto, secondo questa antichissima tradizione metafisica, è un oggetto (vivente) a sé stante. Cioè esiste il gatto in quanto gatto. Poniamo ora che il gatto si fermi su un tappeto. Avremo quindi un gatto sul tappeto, ossia un oggetto in relazione con un altro oggetto di per sé separato e indipendente, il tappeto. 

Il problema con la metafisica è che è facile – talmente facile che non ci accorgiamo di quanto sia facile – dimenticare che le sue nozioni sono appunto nozioni metafisiche, e che non esiste una sola metafisica: “una delle cause principali della malattia filosofica – una dieta unilaterale: nutriamo il nostro pensiero di un solo tipo di esempi”, scriveva Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche (I, § 593). Il concetto di oggetto è prima di tutto appunto un concetto, cioè un’entità del pensiero e del discorso. Se la nostra visione del mondo prende come esempio paradigmatico il gatto (in realtà il tipico oggetto di riferimento di molti discorsi filosofici è piuttosto il tavolo, cioè l’oggetto artificiale su cui il filosofo sta scrivendo le sue osservazioni), allora l’intera metafisica dipenderà da questo esempio. In effetti il gatto sembra un oggetto ben definito, con una forma determinata, e caratteristiche apparentemente facili da individuare (la presunta ovvietà delle nozioni metafisiche fondamentali ha molto a che fare con la questione della facilità). In realtà, se ci si pensa, ci si accorge (facilmente …) che il gatto esiste perché prima di lui c’era una gatta, e poi del cibo che gli ha permesso di crescere e sopravvivere, un tappeto su cui sostare, e così via per tutti gli altri oggetti senza i quali quel gatto non potrebbe esserci. Neanche il gatto, allora, è davvero un’entità indipendente, anzi non lo è per niente. Tuttavia la tradizione, e il linguaggio in cui quella tradizione prende corpo, continua a pensare al gatto come ad un oggetto ultimo, autosussistente. 

Se il modello della metafisica diventa ora la galla, invece, non esiste il gatto, esiste piuttosto questo gatto-sul-tappeto, come non esiste il tappeto, esiste invece questo tappeto-sotto-il-gatto che è diverso anche da quel tappeto-sopra-la-polvere, anche se il tappeto è lo stesso.  Ad essere precisi in una metafisica basata sulle relazioni non si può più dire di qualcosa che è la stessa cosa in situazioni diverse; ad ogni situazione corrisponde una cosa diversa. Nel mondo delle relazioni non esistono cose che non variano al variare delle situazioni in cui compaiono. Come scrive Tiziana Beltrame nel capitolo conclusivo del catalogo, forse le galle “vanno interpretate come nodi di relazioni sorprendenti tra esseri di specie diverse, comunicanti e mai stabilizzati” ossia come “una prodigiosa molteplicità di maniere di vivere gli uni con gli altri” (p. 78). Un nodo di relazione non è semplicemente un nodo, è piuttosto un “sorprendente” generatore di entità (di quelli che una volta chiamavamo oggetti), entità che non esisterebbero se non partecipassero proprio a quel nodo; in fondo, ed è questo il cambiamento di prospettiva metafisica a cui le galle ci costringono, “la storia naturale delle galle mostra che la natura non è composta di entità isolate o organismi unitari” (p. 79), cioè completi in sé e autosufficienti. In natura non esistono entità non relazionali. Il mondo non è fatto di cose e relazioni, al contrario, nel mondo ci sono solo connessioni e processi. Prima le relazioni, poi gli individui. Ecco la metafisica delle galle.

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