Van Gogh e i pittori della Senna
“Dipingevamo sulle rive del fiume, pranzavamo a la guinguette, e tornavamo a Parigi a piedi, da Saint-Ouen e Clichy. Van Gogh indossava una giacca blu da zincatore, e si era dipinto dei puntini di colore sulle maniche”, ricorderà anni dopo Paul Signac. Non è difficile immaginare quelle maniche… cosparse di colori contrastanti.
Van Gogh lungo la Senna è il titolo della nuova mostra aperta al Van Gogh Museum di Amsterdam (fino al 14 gennaio 2024). In collaborazione con l’Art Institute of Chicago (dove si è chiusa il 4 settembre), indaga per la prima volta l’impatto profondo che la zona sulla Senna a nordovest di Parigi – Asnières, Clichy, e dintorni – ha avuto su cinque pittori, tra il 1881 e il 1890: Vincent van Gogh, Georges Seurat, Paul Signac, Émile Bernard e Charles Angrand. Con 75 opere (un terzo da collezioni private, raramente esposte), il percorso si sviluppa in sette sezioni: La periferia di Parigi, Rive e ponti, Sull’acqua, I trittici di Van Gogh, Esplorare i luoghi, Tempo libero, Industria.
Nuove ispirazioni
Profondamente cambiata nel processo di trasformazione della Parigi del Secondo Impero, un commentatore anonimo descrive così la nuova periferia della ville lumière: “Aggressiva, industriale e borghese, tutto insieme”. Asnières e dintorni era esattamente questo.
Destinazione in voga per il tempo libero, si riempiva la domenica di parigini che fuggivano dalla città, “quei borghesi privati dell’erba e affamati di passeggiate nei campi”, come scrive Guy de Maupassant nel racconto Una scampagnata (in Racconti di vita parigina, 1881). A due fermate di treno dalla stazione di Saint-Lazare, con i suoi circoli nautici e di canottaggio, Asnières “ha preso un posto importante nella vita parigina solo da quando è raggiungibile in dieci minuti, ogni mezz’ora”, documenta Émile de la Bédollières in Storia dei dintorni della nuova Parigi (1861), illustrata da divertenti vignette di Gustave Doré. Le fermate del treno erano tantissime, tra queste Asnières, e, dall’altra parte della Senna, l’industriale Clichy. In mezzo, poco distante, c’era l’isola della Grande Jatte. Le cartoline dell’epoca, raccolte in un saggio di Teio Meedendorp, ci portano sui luoghi alla svolta del secolo.
Seurat è il primo a dipingere nella zona nel 1881, Signac nel 1882, seguito da Bernard e Angrand nel 1884-85, e da ultimo Van Gogh nel 1887. Cosa accomuna questi cinque artisti, personalità tanto diverse? La necessità di una nuova pittura. Di una rivoluzione nell’affrontare le pennellate e il colore, con nuovi esperimenti, dettati anche dalle ricerche sulle leggi cromatiche di Michel Chevreul, Ogden Rood, e Charles Blanc. Questo era uno dei modi con cui la nuova generazione indendeva superare l’eredità dell’impressionismo. Il fermento era grande. Gli stimoli offerti dalla nuova periferia urbana, con le sue contraddizioni, diventano le zone da scandagliare. Non si tratta dei luoghi idilliaci cari a Monet e Renoir, come Argenteuil e Chatou, più lontani da Parigi, ma di un nuovo vocabolario visivo, a un’ora a piedi dalla metropoli. Da un lato l’incanto della Grande Jatte, dall’altro il profilo delle ciminiere fumanti.
E poi i ponti, i treni, le gru per il carbone…le rive con i bagnanti – i lavoratori di questa nuova periferia che si concedono una giornata di riposo all’aperto, ritratti da Seurat nell’impressionante bozzetto a olio su tavola, o ‘croqueton’, per I bagnanti di Asnières. Impressionante perché questi croquetons (in mostra ne vediamo cinque) sono molto piccoli, eppure c’è già tutto in quei 15 centimetri per 25 che diventeranno due metri per tre nell’opera finale, (rifiutata al Salon del 1884). Sembra di sbirciare il pittore mentre è lì, concentrato a dipingere qualcosa di intimo, un’istantanea di quel paesaggio un poco melanconico, le figure tutte isolate, sullo sfondo l’industrializzata Clichy. Bellissimo il contrasto di soggetto con lo Studio finale per La Grande Jatte, della stessa misura, iniziato subito dopo, nel 1884 – uno spaccato di una domenica borghese, che nel celebre dipinto finale vede anche una scimmietta al guinzaglio (esposto all’ottava mostra impressionista del 1886). Seurat in questi piccoli studi non adotta ancora la tecnica pointilliste, ma i contrasti puri di colore sono studiati con grande attenzione.
Anche se non hanno mai formato un gruppo, i cinque pittori protagonisti della mostra si conoscevano, si ritrovavano nei rispettivi studi e dipingevano spesso insieme, anche all’aperto: Angrand con Seurat, Seurat con Signac, e poi Signac con Van Gogh, Van Gogh con Bernard.
In mostra una bella coppia di tele della stessa veduta (esposte insieme per la prima volta) ci dice che Angrand e Seurat misero il cavalletto fianco a fianco, per riprendere le barchette a vela e le canoe che popolavano le domeniche sull’acqua. “Parto a mezzogiorno per la Jatte e torno alle sette e anche dopo. Sono in compagnia di Seurat, anche lui ci va in giornata…” scrive Angrand ai genitori nell’estate del 1888. Da casa sua erano sei chilometri all’andata, e sei al ritorno, li trovava un po’ “stancanti” alla fine della giornata. Pittore quasi sconosciuto, Angrand è una sorpresa; nella sua vita ha dipinto solo un centinaio di tele, che cesellava con grande lentezza, lavorandoci per mesi. La corrispondenza con i genitori, inedita, rivela la sua profonda amicizia con Seurat.
Quello che sorprende è che, anche se le sperimentazioni di questi artisti portarono a esiti molto diversi, ci sono alcune opere che, viste accanto, potrebbero essere dell’uno o dell’altro, il che dimostra che la divisione dei colori sulla tela fu un passaggio quasi ‘obbligato’ per tutti loro. Van Gogh esplora un po’ tutto, ma non si accoda a nessuno. In alcune opere adotta elementi puntinisti, in altre pennellate impressioniste, in altre ancora costruisce l’opera con tasselli di colore puro, come nella vivacissima Riva della Senna con Barche (sopra, non esposta al pubblico dal 1984).
Bernard è il primo, dopo alcuni esperimenti neo-impressionisti, a imboccare una via radicalmente opposta, con campiture piatte e forti contorni che prenderà il nome di cloisonnisme, come vediamo in Due donne sul ponte pedonale di Asnières (1887). Da quando ha sedici anni, abita tra Asnières e Courbevoie, dove i genitori si sono trasferiti nel 1884. La vita di tutti i giorni è qui ripresa con forza, con i volti di profilo di due operaie, sullo sfondo Clichy, il porto e le gru per lo scarico del carbone, già immortalato da Monet nel celebre Gli scaricatori di carbone. Come Monet, ma in modo diverso, anche Bernard è influenzato dalle stampe giapponesi, nella costruzione di quest’opera. Lo stesso Van Gogh, nei primi mesi del 1887, aveva portato Bernard e Anquetin a conoscere Siegfried Bing, il maggiore mercante di arte orientale a Parigi. È lì che Vincent passava giornate intere a caccia di stampe giapponesi, che metterà in mostra di lì a poco per gli amici pittori, al Tambourin.
Le “campagne” artistiche di Van Gogh, i trittici lungo la Senna
Parigi, 1887. Seurat, Signac e Angrand partecipano alla terza Exposition des Artistes Indépendents, aperta il 26 Marzo. Angrand presenta il suo primo lavoro divisionista, L’incidente; Seurat espone il Ponte a Courbevoie e Signac Il ponte della felicità ad Asnières, due opere realizzate a puntini. Van Gogh, che al suo arrivo a Parigi l’anno prima aveva visto anche La Grande Jatte di Seurat, è sicuramente sollecitato a lavorare in quei luoghi.
Dai primi di maggio alla fine di luglio Vincent si avventura quasi ogni giorno verso Asnières a dipingere. Grande camminatore, cinque chilometri da Montmartre, dove abita con Theo, non sono nulla per lui. Sono pochissime le lettere dei due anni parigini di Vincent, ma in uno scritto dell’autunno alla sorella Wil scopriamo in poche righe i suoi sforzi per lasciarsi alle spalle la tavolozza olandese:
“L’anno scorso ho dipinto quasi solo fiori per abituarmi a colori diversi dal grigio, per esempio il rosa, il verde tenue o forte, l’azzurro, il viola, il giallo, l’arancio o un bel rosso. E quando quest’estate dipingevo paesaggi ad Asnières, ci vedevo più colore che in passato. Ora studio questo sui ritratti”.
Van Gogh lavorava a cicli, per ogni tema che affrontava non mollava finché non sentiva di aver raggiunto il suo scopo. Per lui erano “campagne” artistiche. Il termine è curioso, rimanda a un significato militare, dunque una lotta, un corpo a corpo con la pittura. Vincent usava questa espressione in olandese artistieke campagne, ma anche in francese. Da Arles, quando è “in una furia di lavoro perché gli alberi sono in fiore”, scrive al fratello “ti assicuro che quello che produco qui è superiore alla campagna di Asnières della primavera scorsa” – nella lettera in francese, ‘la campagne d’Asnières’.
Quaranta tele in tre mesi, una ogni tre giorni. Cosa vuole Vincent da questa “campagna” in pittura?
Vuole vedere più colore nel paesaggio. Vuole mettere in pratica i contrasti puri dei fiori e di quei piccoli gomitoli di lana tutti colorati che teneva sul tavolo. Inizia così il suo dialogo con il modernismo, per entrare a far parte della pittura moderna francese. Il culmine di questa ricerca sono tre trittici, tutti dedicati alla zona che per mesi ha perlustrato: Clichy, Asnières e La Grande Jatte. Venduti nel 1897 da Jo (moglie di Theo) a Ambroise Vollard, il più importante gallerista parigino, i nove dipinti sono ora sparsi nei musei di mezzo mondo e in collezioni private. Per la prima volta sette di queste tele sono riunite, un’impresa non da poco, visto che il Museo Van Gogh non ne ha nessuna.
Il trittico di Clichy è un insieme idilliaco, un’oasi di pace lontano dalla città, il ponte di Clichy come unica traccia. Al centro una donna nel verde ci osserva e sembra sorpresa… una presenza vivace, insolita in questi dipinti.
Le cornici in mostra – naturalmente molto diverse fra loro – lasciano solo intravedere dei bordi rossi, che Van Gogh aveva dipinto. Ma non è tutto qui…
“Con una grande tela sulle spalle, partiva per il suo viaggio. Poi la divideva in scomparti, a seconda dei soggetti. Quando arrivava la sera, tornava a casa, come un piccolo museo mobile, in cui erano catturate tutte le emozioni della sua giornata”, ricorderà Bernard anni dopo.
Infatti, come osserva nel catalogo Bregje Gerritse, curatrice della mostra, “Van Gogh, tracciava tre rettangoli con pigmento rosso sulla tela, che doveva essere lunga più di un metro e mezzo”. Nuove ricerche mostrano anche “che ciascuno di questi trittici è stato realizzato con un lungo pezzo di tela che Van Gogh ha diviso in tre parti solo dopo averlo dipinto”. Dunque è così, prima dipingeva poi tagliava. I suoi metodi di lavoro non finiscono di stupire.
Dopo più di 190 dipinti, nel febbraio del 1888 Vincent parte per la Provenza. Lascia Parigi con un autoritratto al cavalletto ambizioso, firmato e datato, Vincent ’88. Identifica le sue funzioni, si assicura riconoscibilità nel tempo con una data. Sottolinea il tutto con un gesto che sembra una promessa: spreme il colore dal tubetto stesso.
Van Gogh along the Seine
Van Gogh Museum, Amsterdam
13 ottobre 2023 – 14 gennaio 2024
Il catalogo Van Gogh and the Avant-Garde: Along the Seine è a cura di Bregje Gerritse (Van Gogh Museum) e Jacquelyn N. Courté (The Art Institute of Chicago), con contributi di Jena K. Carvana, Charlotte Hellman, Joost van der Hoeven, Francois Lespinasse, Teio Meedendorp e Richard Thompson.
In copertina, Un trittico di Van Gogh, riunito per la mostra Van Gogh lungo la Senna, Van Gogh Museum. Credito: David Stegenga.