La leonessa
Tanto tempo fa il leone
era il re degli animali.
Governava nelle favole,
nelle storie per bambini
inventate dagli adulti:
e però ce n’è qualcuna
che è accaduta veramente.
Mi ricordo quella volta
che avevamo litigato.
Lui sbraitava: «Cosa credi,
di te non ho più bisogno!
Me ne vado, – così disse,
– vado a caccia insieme a
una mucca, una capretta
e una pecora». Sul serio.
Io gli risi in faccia: «Auguri!
Che commando sanguinario!»
Ed invece, quatto quatto,
quell’equivoco quartetto
ammazzò un cervo feroce.
Ed essendo quattro killer,
lo squartarono squarciando
quattro quarti della preda.
Ma al momento di spartirla
mio marito disse: «Questa
che è la parte più gustosa
se la merita il leone,
perché basta la potenza
del suo nome a reclamarla.
Se vogliamo essere onesti,
la seconda se la prende
chi ci ha fatto da alleato,
cioè il leone. Poi la terza
va al più forte, che, ovvio, è lui.
E la quarta, se qualcuno
al leone osa sottrarla,
be’, farà una brutta fine».
Questa parte della storia
gliel’ho raccontata a Fedro:
gli è piaciuta, l’ha trascritta
pari pari nel suo libro.
Ma ho taciuto sulla fine:
mio marito è ritornato
e, completamente sbronzo,
mi ha stuprata. A ubriacarlo
non è stato solamente
tutto il sangue che ha bevuto;
era più il compiacimento
che sentiva per avere
messo in piedi quella farsa
della spartizione equa,
il sopruso travestito
da giustizia ragionevole.
«Ah, che gusto, – mi diceva
violentandomi – riuscire
ad unire abuso e legge,
foderare di ragioni
e cavilli il proprio arbitrio!»
Concepimmo i nostri figli
in quel modo. (Qui vi chiedo
di fermarvi; fate pausa,
inserite del silenzio).
Mi rimane da svelare
l’altra coda della storia.
Mucche, pecore e caprette
dopo quel fattaccio si
presentarono da me
e mi dissero: «La carne
non la mangeremo più.
Smetteremo di sbranare
cervi, lepri e gallinelle
come facevamo prima.
E ciò grazie a tuo marito.
Non vogliamo che nessuno
ci mortifichi così.
Casomai, guarda, piuttosto
preferiamo essere prede».
Mi annunciarono che si
convertivano alle erbe,
ma non prima di partire
per un’ultima missione.
È così: succede a volte
che la tirannia produca
degli effetti positivi,
contraccolpi costruttivi,
per esempio le rivolte,
gli assassini dei sovrani,
che trascinano con sé
la caduta dei regimi.
Sono vedova. Ho subìto
le angherie di mio marito
vivo, e dopo la sua morte
il livore dei suoi sudditi
come fossi una sua complice:
io!, la sua peggiore vittima.
Non c’è più l’Ancien Régime.
La mentalità è cambiata.
Oggi non verrebbe in mente
più a nessuno di affidare
a un leone la reggenza
dello Stato, proclamarlo
re assoluto delle bestie,
ma nemmeno presidente
o assessore comunale.
Sono altri gli animali
che hanno preso il sopravvento:
per la loro intelligenza
vanno forte i polpi, i corvi,
fanno libri su di loro,
girano documentari.
E l’amalgama di storni
che si impastano nel cielo
al crepuscolo seduce
tutta la cittadinanza.
Si commuovono alla schiusa
delle uova in riva al mare,
fanno il tifo: «Su, correte
sulla sabbia, alè, neonate!
Forza! Dài, tartarughine!»
E si sciolgono per quei
debosciati imbelli ipocriti,
approfittatori cinici,
disonore dei felini,
quegli zerbini da carezze
che si fanno mantenere
a crocchette e scatolame
chiusi negli appartamenti.
Più nessuno ama il leone.
Tantomeno la leonessa.
Non gli passa per la testa
di affidarsi alla mia guida.
Il patriarcato crolla,
e a me che l’ho avuto addosso
opprimente, sulla schiena,
non è data un’altra chance.
Il suo fiato l’ho sentito
qui sul collo. Sono stata
il suo sfogo più umiliante.
Me lo imputano, invece
di compiangermi e ammirarmi.
La maestà, anche quella sobria,
è ormai fuori tempo massimo,
anche senza la criniera
della monarchia maschile.
Mi disprezzano. Non sono
più spendibile in politica.
Ho due lati ai loro occhi,
sono doppia, inaffidabile.
L’eleganza affascinante,
la considerano solo
una maschera che copre
zanne e muscoli di ferro.
«La flessuosità dei fianchi,
l’andatura irresistibile
è una trappola! Guardate
l’altra faccia, com’è dura!
Non lasciamoci irretire.
È una despota anche lei!».
E così l’ambivalenza
necessaria del potere
la rigettano, negando
la doppiezza che è anche in loro,
la duplicità dell’anima,
la bellezza e la ferocia,
l’innocenza e l’egoismo,
le pulsioni inconciliabili.
Hanno torto? Hanno ragione?
Sono facili a cadere
nelle solite illusioni?
O ero io che mi illudevo
di potergli procurare
la versione alternativa
del potere? Una sovrana.
Una forza femminile,
esigente e comprensiva.
Ma che importa, è troppo tardi.
Condottiera senza seguito,
io mi aggiro per il mondo
solitaria, ripudiata.
Si fa sera. È freddo. Ho fame.
Andrò a caccia. Questa notte
sbranerò un uomo nel sonno.
Immagine di copertina © Diego Giacometti, by SIAE 2023.