Ritratti d’artista ad alta voce / Marisa Camino (1962)

17 Dicembre 2021
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Seduto sull’automobile ferma, penso alla strana mostra di Marisa Camino che ha avuto luogo all’inizio del mese nella foresta di Söhrewald, nei pressi di Kassel, in Germania. Pur lavorando da quindici anni in Spagna, soprattutto in Galizia, l’artista espone di rado. A dir la verità mette di rado in un qualsiasi tipo di cornice quel che disegna e dipinge.

Questa reticenza, secondo me, non ha niente a che fare con la modestia personale; sembra venire piuttosto da una sicurezza rara ed è una parte essenziale della sua strategia di artista. Non potrebbe creare le immagini che crea senza una simile reticenza. Mentre ci penso, da un’infiorescenza di un castagno cade un singolo petalo che una lieve brezza fa volare sul parabrezza dell’auto, dove si incolla. Lo fisso.

 

Marisa Camino, Sin titulo, 1995.


I disegni e i dipinti di Camino sono più simili a quel petalo che alla maggior parte delle opere attualmente in mostra alla Biennale di Venezia. Danno l’impressione di essere venute da altrove, anziché prodotte per essere esposte. Non portano traccia delle vanità che oggi accompagnano il concetto di Creazione artistica – modernista o postmodernista che sia. Le sue opere non chiedono niente per sé e tutto per ciò che le ha sfiorate, che lasciano intravedere.

 

Allo stesso tempo non sono né ingenue né semplicistiche. Ogni disegno (la loro dimensione varia dai due metri ai venti centimetri) è stato pazientemente lavorato, corretto, cancellato, ripensato con esitazione, ri-lavorato. L’artista ha citato il maestro cinese Shitao (1642-1707): «Per me le montagne sono il mare e il mare le montagne, e le montagne e il mare sanno che lo so». Non si può parlare alle giurie internazionali e alla montagna. Bisogna scegliere. E Camino ha evidentemente scelto.

 

Ermanna Montanari.

Cos’è stato a sfiorare queste opere? Che cosa rappresentano? Perlopiù non hanno titolo. Su un piccolo disegno si legge: «Sono pesce, uccello, uomo tra sole e luna». Non rappresentano nessuna singola cosa. Sono irregolari in ogni senso del termine. Quel che fanno è dimostrare graficamente in che modo le cose in natura resistano a ciò che le minaccia – e così sopravvivono. E, nel dimostrarlo, si imbattono in ciò che la sopravvivenza di una montagna può avere in comune con la sopravvivenza di un seme, o di una lingua in una bocca. Osservando questi disegni, cominci a ricordarti che la sopravvivenza non è tanto un piano grandioso quanto una furbizia.

 

All’origine di quest’opera comunitaria c’è un sentimento di gratitudine. Per l’ospitalità che John Berger ci offre con e nei suoi testi raccolti in Ritratti (il Saggiatore 2018), per la sua scrittura che invita amorosamente a guardare e guardare ancora, con attenzione e sorpresa, per la sua capacità di portarci con sé negli atelier degli artisti e nel mistero del loro fare, nel tempo e nello spazio.

Ascolta la versione integrale del podcast Per John B. su Okta Film. Un progetto a cura di Maria Nadotti.

 

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