Athena, lo spettacolo della rivolta
Nell'immaginaria banlieue parigina di Athena è scoppiata la guerra. La scintilla è la morte di Idir, il più piccolo di quattro fratelli franco-algerini del quartiere, ucciso in circostanze sospette, probabilmente dalla polizia francese. Il video della sua uccisione è sugli smartphone di tutti i ragazzi di Athena, la rabbia sale e la rivolta è già iniziata. Tra i fratelli di Idir, Abdel fa il poliziotto mentre Karim guida la rivolta contro la polizia. Mokhtar, il più anziano dei quattro, ha un solo obiettivo: salvare il suo traffico di droga e armi contro chiunque abbia intenzione di fermarlo, fratelli compresi. Ma ormai è la guerra. E nessuno ad Athena le può sfuggire.
È in questo scenario che Romain Gavras si muove nel suo nuovo film, presentato in Concorso all'ultima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia e attualmente disponibile su Netflix. Scrivo “si muove” perché Gavras segue continuamente con la macchina da presa i movimenti dei suoi personaggi e fa di Athena un action realistico, più vicino al modello del videogame che al cinema in senso stretto.
Nonostante questo, il film stabilisce sin dal titolo un contatto con un modello culturale e letterario ben preciso: la cultura classica. In Athena, infatti, riecheggiano una serie di elementi che riguardano qualcosa di antico e di fondativo nella cultura occidentale. Il primo fra questi è la lotta per difendere il proprio territorio e Gavras racconta infatti una storia di resistenza dove gli “ateniesi” contemporanei si difendono in quella che a più riprese i personaggi chiamano una vera e propria “guerra”. L'altro grande elemento della tradizione classica che emerge in Athena è di natura letteraria e riguarda il genere della tragedia, che affonda le radici nella cultura greca e che qui si declina sotto forma di tragedia familiare. Abdel, Karim e Mokhtar sono personaggi tragici, in conflitto con se stessi e gli uni con gli altri. L'uccisione di Idir mette in crisi il rapporto tra Karim e Abdel. Il primo, giovane adolescente, indirizza il proprio dolore nell'odio verso il secondo; Abdel invece vive il dramma della sua posizione: è estraneo al sentimento rivoltoso della sua comunità ed è estraneo all'istituzione che rappresenta. Entrambi sono in conflitto con Mokhtar, fratellastro egoista, disinteressato a ciò che gli sta intorno e disposto a tutto pur di salvare se stesso e i propri affari.
In questa luce, assume rilevanza la scelta del linguaggio cinematografico utilizzato dal suo autore. Romain Gavras – regista di videoclip e amante di un'estetica fortemente impressionistica – dà alla sua storia un taglio sensazionalistico e realizza un film d'azione frenetico e iperrealistico: una scelta ambiziosa, rischiosa al cospetto di ciò che abbiamo detto fin qui, perché costringe Gavras a tenere insieme la spettacolarità dell'azione, la complessità dei rapporti tra i suoi personaggi e la riflessione sociologica sulla realtà della periferia parigina.
A giudicare dai primi dieci minuti, l'obiettivo sembrerebbe raggiunto. Il film inizia con un mirabile piano sequenza: una scelta tecnica di grande impatto visivo che sposa la sua efficace funzione narrativa. Nella sequenza, Abdel dopo aver attraversato un corridoio si presenta davanti alla stampa e annuncia la morte del fratello Idir per mano di alcuni agenti della polizia. Mentre viene garantito che i colpevoli sarebbero stati trovati, consegnati alla giustizia e ci si spreca a parlare dell'indignazione per ciò che è successo, la macchina da presa si sposta lentamente su Karim che è infiltrato tra la folla con il gruppo di cui è a capo.
La macchina da presa fa un dettaglio sulla mano del giovane, che brandisce una moltov: la accende, la lancia contro la stazione di polizia davanti alla quale Abdel sta parlando e la centrale viene assaltata dai rivoltosi. È il caos, i ragazzi di Athena sfondano, rubano una cassa di armi, distruggono la centrale, fuggono su un furgone con il bottino e rientrano in trionfo nel quartiere. Nella sequenza sommariamente descritta Gavras fa annunciare ad Abdel, guardando in camera, la morte di Idir; i personaggi ci vengono presentati ognuno nel proprio ruolo; i ragazzi attaccano e ottengono il massimo risultato mostrando da subito il loro intento e la loro forza. Il piano sequenza qui diventa lo strumento con cui vengono presentati già tutti gli elementi principali del film.
Il problema di Athena arriva dopo, quando l'efficacia delle scelte registiche viene meno. Le carrellate e i piani sequenza restano visivamente impattanti, ma progressivamente inadatti a trasmettere la complessità del racconto che Gavras – almeno nelle intenzioni – sembra voler costruire. Diventano funzionali piuttosto a fare di Athena un action movie molto più vicino al modello del videogioco rispetto a quello del cinema o della serialità.
Lo spettatore si trova a seguire le corse di Karim che si scaglia contro la polizia, le fughe di Abdel per entrare e uscire dal quartiere, il salvataggio di un poliziotto dal linciaggio della folla, insomma una serie di scelte che indirizzano il film al puro intrattenimento. La svolta è ambiziosa, ma non paga. Anche perché Athena non vorrebbe essere soltanto questo, ma per la seriosità con cui si presenta vorrebbe essere riflessione e analisi. Anche i primi piani sui personaggi e la solennità della colonna sonora che ne scandisce le svolte cardine, finiscono per essere patetici più che epici.
L'utilizzo del piano sequenza come codice narrativo nel cinema contemporaneo è diventato sempre più frequente, legittimato da successi probabilmente esagerati – penso a Birdman su tutti – che tendono a mettere in secondo piano il cinema nella sua essenzialità: un linguaggio per esprimere il proprio sguardo sul mondo. Il piano sequenza è solo una delle articolazioni di quel linguaggio, troppo spesso utilizzata per sedurre visivamente, per veicolare sensazioni più che emozioni. Gli esempi virtuosi esistono: si pensi a Mad Max: Fury Road di George Miller, a I Figli degli Uomini di Alfonso Cuarón. Sono dei modelli ambiziosi in cui il tentativo di tenere insieme la complessità del discorso cinematografico – i suoi temi, la sua funzione narrativa ed estetica, l'intrattenimento – è riuscito.
Lo sceneggiatore di Athena è Ladj Ly, autore di quel Les Miserables che si pone in parallelo ad Athena per tematiche, situazioni ed elementi ricorrenti. Diventa allora chiaro che la collaborazione di Ladj Ly e Romain Gavras mirava a produrre una variazione sul tema, una sperimentazione non solo nel percorso di Gavras, ma anche di Ly, regista che conosce molto bene le banlieue della capitale francese e attento osservatore di una realtà complessa come quella che racconta. Les Miserables però era un film decisamente più equilibrato e faceva del crescendo della tensione la sua forza. In Athena lo squilibrio narrativo favorisce lo spettacolo, ma penalizza le sue ambizioni e il risultato ha il sapore amaro di un passo falso.