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Giorno 3 / I puntini della storia
Il Libro della Storia è uno dei più grandi tesori della Terra di Oz. È un libro magico, posseduto e letto solo dalla regina fanciulla Ozma. Nelle sue pagine sono scritte, nel preciso istante in cui si realizzano, tutte le vicende che accadono in quel mondo e nei mondi di fuori. Ogni avvenimento è registrato accuratamente ma in modo sintetico, senza ambiguità o lacune. In esso non sono previsti errori perché il linguaggio è univoco e vero. Il Grande Libro della Storia rappresenta il mondo nella sua totalità, dove non si danno vuoti, dove ogni punto è parte di un’infinita catena dell’essere.
Chi, tra i governanti, non desidererebbe possedere un libro simile dove tutto è chiaro e niente può sfuggire al Lettore-Sovrano? È un’immagine potente, ma al tempo stesso terribile, perché solo nel mondo di Oz esiste una sovrana saggia e illuminata. Negli altri mondi, nel nostro mondo, l’esistenza di un simile libro arrecherebbe ai suoi abitanti solo ulteriori disgrazie e sciagure. Meglio la liquidità e il disordine, la molteplicità e la precarietà, a un mondo ipersolido, meglio nessun libro al Grande e Unico Libro della Storia.
Solo alla regina Ozma è concesso di sapere che fine fece la palla da baseball lanciata fuori campo dal grande Bobby Thomson in quella memorabile partita che si svolse a New York il 3 ottobre 1951 e che dette la vittoria ai Giants contro i Brooklin Dodgers. A noi non è dato sapere dove andò a finire. Ma si sa che in Underworld un ragazzino di colore riuscì a impossessarsene, la custodì come un trofeo fino a quando il padre non gliela sottrarrà e la venderà per 32 dollari e 45 cents. Il passaggio di mano in mano di quella palla diventa l’occasione per DeLillo di raccontare nel dettaglio la storia dell’America dalla Guerra Fredda agli anni Novanta. Ma a un certo punto, a pagina 184 dell’edizione italiana, c’è una frase fulminante che non ti aspetti, e che finisci per staccare dal libro e la porti con te: “La realtà non accade finché non si analizzano i puntini”. DeLillo dice proprio così: “Reality doesn’t happen until you analyze the dots”. È una realtà infinitesimale quella che ci circonda, che tanto assomiglia a quella studiata dai fisici contemporanei. Di cui gli storici, come i fisici, “vedono” solo una parte piccolissima.
Il Grande Libro della Storia non esiste. Gli oggetti e le cose del mondo diventano reali solo se riusciamo a indagare le loro componenti più minute e nascoste. Mi pare una bella definizione del lavoro precario (ma non inutile) dello storico.