Immaginare il domani / Future ways of living

6 Giugno 2016

“Come fare perché la tecnologia ci aiuti a creare il modo con cui vivere nei prossimi dieci anni?”. Questa la domanda a cui cercano di dare riposta i sei progetti raccolti in Future ways of living (24Ore Cultura, 304 pagine, 30 euro) cercano di dare una risposta. Il volume, pubblicato in inglese, racconta l’evento organizzato durante Expo Milano2015 da Meet the Media Guru, guidato da Maria Grazia Mattei, e Institute without Boundaries del George Brown College di Toronto, diretto da Luigi Ferrara. Le due organizzazioni hanno infatti riunito esperti internazionali – guru della computer science e dell’arte, dell’architettura e del design – e personalità accademiche e professionali per immaginare sei possibili scenari per la vita umana del futuro. Dopo due giorni di lezioni ispiratrici dei guru, i partecipanti sono stati divisi in sei team e – seguendo il metodo della charrette elaborato dall’Institute Without Boundaries – sono messi al lavoro per elaborare sei idee. Sei ipotesi basate sull’utilizzo attivo della tecnologia, “arma a disposizione” da utilizzare in modo sostenibile e umano, senza essere spettatori passivi dei trend tecnologici, per realizzare quel “Villaggio Globale” ipotizzato da Marshall McLuhan come intelligente, connesso, economicamente prospero e socialmente responsabile. 

 

La differenza tra chi si limita a sognare un possibile futuro e chi invece lo progetta sta, appunto, nella concretezza. Nel sapere adattare gli strumenti a disposizione e utilizzarli per dare una forma concreta a quello che sulla carta appare solamente un’ipotesi. Senza dimenticare mai che nessuna innovazione nasce per caso, ma sempre sulla base di scoperte e invenzioni che l’hanno preceduta, e che ne hanno determinato la possibilità di esistere. La locomotiva di Stephenson non avrebbe mai potuto viaggiare tanto più rapidamente dei cavalli senza le rotaie e il motore a vapore. E, allo stesso modo, nessuna delle soluzioni progettate nel libro potrebbe esistere senza gli ultimi sviluppi della tecnologia digitale, che hanno investito tutti gli ambiti della nostra vita. Non a caso il nome richiamato nel libro è quello di McLuhan: le ultime innovazioni del digitale rendono finalmente realizzabili le sue aspirazioni, soprattutto per la connessione sempre più stretta tra tutti i punti del mondo, rendendo il nostro pianeta un vero e proprio villaggio globale. Questo è sicuramente il vantaggio più grande sfruttato dai progetti elencati nel libro: la possibilità di stabilire connessioni tra angoli lontanissimi del pianeta è infatti fondamentale per installare piattaforme e progetti commerciali di scambio globale. Per esempio, il team comunicazione ha sviluppato Plat-Former, basata sulla connettività di social networks e reti sociali per mettere in relazione bisogni e offerte del settore creativo. Si connettono creatori con sviluppatori e materie prime, permettendo lo scambio di idee – con incontri fisici e virtuali – e oggetti in ogni formato (fisico e digitale, per andare oltre le differenze linguistiche e culturali).

 

Plat-Former garantisce pagamenti sicuri grazie alla tracciabilità di ogni progetto e l’1% della quota di sottoscrizione va alla Plat-former foundation a supporto della comunità creativa o per servizi rivolti a organizzazioni no-profit. Infine, i “leftovers” (avanzi) messi in comune favoriscono l’utilizzo di risorse altrimenti sprecate. In questo modo, si delineano meccanismi di produzione calibrata sulla richiesta, con una maggiore attenzione a evitare lo spreco inutile. 

Anche l’idea del team "energia e economia" è basata sulla valorizzazione del settore creativo. Creative Synergy si basa infatti su due presupposti: l’importanza, a livello produttivo, dell’economia creativa e la mancanza di un’adeguata rete di tutele per i lavoratori del settore. La soluzione è una piattaforma digitale basata su strumenti collaborativi che permette ai singoli membri di fare sistema mantenendo però la propria autonomia: da un lato ne aumenta il potere contrattuale e negoziale, dall’altro consente loro di lavorare in partnership in modo più efficiente. La piattaforma fornirà supporto a livello locale e globale, e ognuno potrà formare teams basati sulle diverse abilità richieste piuttosto che sulle strutture societarie tradizionali. Un modo, quest’ultimo, di applicare finalmente i vantaggi della tecnologia in tutta la loro razionalità ed efficienza. 

 

Invece, il valore anche economico ormai acquisito dai dati – rilevati con sistemi differenti, basati sulla tracciabilità o sul monitoraggio in tempo reale – li rende sfruttabili per calibrare servizi di vario tipo sulle esigenze del singolo. Per esempio, il team dedicato alla mobilità ha elaborato Synchronicity, un dispositivo portabile che sfrutterà la mobilità digitale integrando gli spostamenti sui mezzi di trasporto, automatizzando i pagamenti ed evitando perdite di tempo suggerendo percorsi più efficienti e soluzioni alternative in caso di guasti, errori o ritardi. In questo modo, l’utente non dovrà adattarsi a orari e itinerari ma saranno le sue abitudini a farlo viaggiare in maniera intelligente, scegliendo le migliori soluzioni. 

 

Ma i dati possono essere usati anche per servizi di prevenzione e di assistenza: per esempio, attraverso nuovi modi di erogare servizi alla persona – come l’educazione o la sanità – ripensati in una nuova ottica. Non più limitandoli a delimitati periodi della vita o alle emergenze, ma inglobandoli in un macrosistema di continua assistenza a cui l’utente accede durante tutta la sua esistenza. Questi sono i presupposti sfruttati dai team salute e benessere e educazione. Nel primo caso, Cloud Health è pensata come sinergia tra servizi sanitari, prodotti di wellness, educazione sanitaria e comunità per ridurre i costi del sistema sanitario. Da un lato è un’assicurazione medica, che gli utenti detengono per tutta la durata della loro vita; dall’altro un sistema di monitoraggio e prevenzione continua, basato sui clouds dove vengono immagazzinati i dati riguardanti la salute degli utenti. Questi ultimi sono privati, ma le aziende farmaceutiche possono pagare per accedervi e sviluppare nuovi farmaci o terapie.

 

Infine, monitoraggio e continua educazione sanitaria stimolano a uno stile di vita più sano, riducendo i costi del servizio sanitario. Invece, Keep Learning vorrebbe cambiare il paradigma educativo per adattarlo a una società dove la tecnologia estende l’apprendimento fuori dalla classe. Il sistema attuale costa troppo alle casse pubbliche ed è standardizzato laddove richiederebbe personalizzazione; ma stenta a cambiare perché legato a spazi fisici come le scuole, costruito gerarchicamente e centrato sull’insegnante. Keep Learning propone l’applicazione di un nuovo metodo a cui corrisponde una piattaforma Internet globale che funge da database di materiali accessibili a chiunque durante tutto il corso della vita. Prevede anche un social network di insegnanti, motivatori e mentori da consultare, e integra apprendimento, lavoro e gioco in un’unica attività che valorizza gli aspetti positivi di ognuna. 

Infine, la tecnologia può essere applicata anche per sanare l’inefficace distribuzione di cibo ridisegnando gli spazi dedicati alla produzione e al consumo. È l’idea di Everyday Food: la cucina intelligente trasformerà gli scarti in energia e dividerà l’acqua in potabile e di scarto; il ristorante consentirà ai clienti di portare gli ingredienti per cucinarli con gli chefs; il supermercato si trasformerà in un luogo dove la distribuzione sarà personalizzata secondo le esigenze del cliente; la scuola provvederà all' educazione alimentare low (coltivare semi e piante) e high-tech (macchine e tablet per aiutare la coltivazione); gli spazi destinati al consumo di cibo saranno suggeriti da app che calcoleranno il posto migliore a seconda del cibo; infine, gli aeroporti saranno dotati di apparecchi per scannerizzare i passeggeri e identificarne salute e stress, suggerendo il tipo di cibo ideale per prepararsi al volo. 

 

 

Insomma, immaginare il futuro è un gioco da bambini ma realizzarlo un’impresa più difficile. Tuttavia, le soluzioni suggerite da questo libro sembrano prospettare un cammino realizzabile. Il segreto è ricordare che ciò che ci distingue dagli altri esseri umani è il nostro cervello, di cui la tecnologia è figlia. E che le sirene apocalittiche che annunciano la fine della libertà umana, schiacciata dal dominio di macchine sempre più intelligenti, sono sempre esistite. Il rimedio a queste fobie è solo uno: considerare la tecnologia uno strumento umano, da utilizzare per facilitare la vita e (tentare di) risolvere i problemi che da sempre attanagliano l’umanità. La tecnologia di per sé non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che ne facciamo. È però vero che l’occasione ora è davvero ghiotta: mai prima d’ora l’uomo ha avuto a disposizione tali strumenti. Vedremo come li sapranno sfruttare le generazioni del futuro.

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