Ma le storie di "Fargo" sono vere?
Oggi il figlio dell’agente di polizia Marge Gunderson avrebbe 27 anni: cosa farebbe? Probabilmente anche lui il bravo poliziotto nel gelido Midwest, con la mamma quasi in pensione. In Fargo, il film epocale scritto e diretto dai fratelli Joel e Ethan Coen nel 1996, il personaggio della poliziotta di provincia semplice, onesta e intelligente, moglie innamorata di un marito innamorato designer di francobolli, incinta, era interpretato dalla giovane Frances McDormand. La cinematografia dei fratelli Coen ha poi connotato nei film successivi uno stile che è diventato un format: nella intontita, torpida provincia americana convivono persone di sani principi, “brava gente”, “good guys”, e feroci criminali, e il link sociale che porta al crimine è la variante della corruzione: poliziotti, procuratori distrettuali, sindaci si ingrassano con le mazzette di loschi traffici, che li portano ad essere travolti da meccanismi più grandi di loro. The Big Lebowski (1998) avrà plot simile, No Country for Old Men (2007) di nuovo, quella volta incontrando la grande narrativa di Cormac McCarthy.
Imbranati e legge di Murphy
Arthur Bloch, autore umoristico americano, pubblicò il suo libro La legge di Murphy nel 1988, poi bestseller mondiale, primo di una serie. L’assunto buffo, per altro consolidato da Bloch con svariate statistiche abbastanza persuasive, è semplicissimo: ««Se qualcosa può andare storto, lo farà». Nella legge dei Coen è così: se c’è un piano, scemo o abbastanza astuto, il Caos ci metterà ripetutamente lo zampino. Anche i villains del film del 1996 come nelle cinque serie tv seguite come spin-off dal film, (tutte prodotte dai Coen ma con grandi libertà creative per i nuovi sceneggiatori e registi), pur essendo molto più determinati dei coglioncelli inguaiati che fanno rotolare dalla cima della montagna la prima pallina di neve, vengono prima disorientati e poi travolti dalla valanga di Murphy che ne consegue. Si tratta di una formula narrativa semplicissima, che sinora ha sempre funzionato anche nella cinquantina di episodi delle serie Fargo. Restano alcune connotazioni ormai di culto: nei titoli di testa dell’opening scene la scritta lentamente scandita: «Questa è una storia vera. I fatti esposti sono accaduti nel 1987 [cambia l’anno ogni volta n.d.r.] nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati utilizzati nomi fittizi. Per rispettare le vittime, tutto il resto è stato fedelmente riportato». Restano i gelidi stati del North Dakota e del Minnesota, al confine con il Canada, a volte resta Minneapolis come metropoli di riferimento. E una precisa tavola dei personaggi: l’inguaiato/inguaiata che attiva la “catena di sfortunati eventi”; il marito/la moglie sempliciotto/a; il killer spietato, in genere un demone disumano; degli imbranati compari del killer; la poliziotta buona e onesta, formidabile detective; una carneficina di buoni e cattivi; la finale vittoria della giustizia grazie alla umile detective.
Fargo il film e Fargo 5 la serie
Nell’ultimo decennio sono stati ricordati il 20° e il 25° di Fargo il film. Tra il 2014 e il prossimo 2024 sono state prodotte da FX cinque serie tv con l’infallibile format dei fratelli Coen. Fargo 5 è in corso, showrunner Noah Hawley, in Italia su piattaforma Sky. Hawley ha voluto giocare a un livello superiore, creando simmetrie con variazioni rispetto al film capostipite:
Le “mogliettine” – In Fargo 5 Hawley omaggia ironicamente la sequenza della “happy family del Midwest”: lei forsennata cucina, il marito impacciato rientra, il figlio unico/la figlia unica un po’ più intelligente di loro è in cucina. Nel film l’attrice Kristin Rudrüd interpretava una nevrotica succube del padre, ruvido e odioso imprenditore, che ovviamente riteneva il genero un fallito; nella serie una esplosiva e travolgente Juno Temple (già scintillante in Ted Lasso) recita in preda all’ansia e poi all’angoscia e poi a una feroce determinazione la sua nuova vita; è scappata anni prima dal marito violento sceriffo “fascista”, che ora le dà la caccia per rapirla e punirla secondo i suoi codici di violento e “cristiano” cowboy anti-sistema (l’attore è il figone Jon Hamm di Mad Men); la suocera è una tremenda Jennifer Jason Leigh, che considera il figlio un deficiente e la nuora una scaltra inaffidabile; anche lei imprenditrice, questa volta un po’ losca;
Il rapimento – Nel film e in Fargo 5 i rapimenti sono goffi e comicamente sanguinosi; Hawley nella nuova serie tv omaggia letteralmente l’arrivo dei cattivi dalle vetrate, incappucciati da Halloween, sfrontati e malaccorti;
La brava poliziotta – In Fargo 5 la poliziotta interpretata da Richa Moorjani non giganteggia come Frances McDormand nel film, è volutamente quasi secondaria come personaggio; è di origini indiane (Bharat, non nativoamericana) e osserva i folli accadimenti stupita e curiosa, non sorpresa dalla “follia americana” cioè, infine collega i punti.
“Storia vera”?
Per noi europei, per noi italiani in particolare, Fargo è molto divertente, prima che raccapricciante. Nel nostro DNA (in noi over 40) c’è una fortissima radice di certezze: se lavori, se sei onesto, se ti comporti bene, le cose andranno bene, e se qualcosa andrà male intorno avremo la famiglia, gli amici, i conoscenti che ci daranno una mano a sistemarle e tutto andrà a posto. Una democristiana borghesucceria. Per gli americani non è mai stato così. Ma sta diventando così anche per i nostri under 40. Il lavoro non è mai certo, la famiglia si disfa presto. Spesso lasci la tua città di origine. Ricominci e ricominci. Se sei al top puoi finire down. Puoi anche morire facile. Quindi, per un americano sì, le storie di Fargo possono avere fonti vere (anche se i Coen alla fine hanno svelato il loro efficace trucco seriale). Per un italiano, via via smantellata la sua architettura di tane e comfort zones, mi sa che le storie folli e sfigate di Fargo stanno diventando più attendibili, e la morale che ci insegna la piccoletta Dot in Fargo 5 è già utilizzabile: combatti con le unghie e con i denti, non mollare mai, picchia e scappa, non farti fregare dai cattivi, anche se proprio tutta buona non sei e ci stai ancora e ancora provando, a diventarla.